BRINDISI – Questa mattina si è recato nel carcere di Brindisi Crescenzo Lumieri, segretario generale Cisl Fsn Puglia, il sindacato della polizia penitenziaria. La visita del sindacalista è servita per saggiare le condizioni di lavoro degli agenti nella casa circondariale del capoluogo di provincia. «Nonostante il carcere di Brindisi sia stato ristrutturato di recente e, quindi, le strutture e gli spazi siano adeguati, la carenza di personale rappresenta ancora un problema primario che mina la qualità del servizio offerto e le condizioni dei colleghi che vi lavorano all’interno». Lumieri parla dati alla mano, conoscendo bene la realtà brindisina.
«Su un organico stabilito in fase di contrattazione nel 2013 di 161 uomini, ci ritroviamo con un saldo passivo di più di 20 unità a causa del distaccamento in uscita di 29 agenti e di non più di 6, 7 in entrata». Stando così le cose, il servizio non può che essere difficile da un punto di vista pratico e organizzativo. «I turni dovrebbero essere da 6 ore ma, spesso, diventano da 8, facendo un considerevole passo indietro. In più, abbiamo un problema, che vale per tutto il sud, di anzianità: gli agenti con 25 anni di servizio o più hanno diritto a un numero di giorni di congedo maggiore rispetto a quello che spetta ai colleghi più giovani. Visto che la popolazione della polizia penitenziaria del meridione ha un’anzianità maggiore rispetto ai colleghi del nord, le ore di lavoro pro capite sono di meno, aumentando le difficoltà organizzativa». In più, se l’anagrafe degli agenti tende ai 30 e passa anni di servizio, è fisiologico che la freschezza di una volta sia andata. «Servirebbe un giusto mix di giovani ed esperti va, visto l’andazzo, la cosa non sembra al momento possibile: ogni 100 colleghi che vanno in pensione, ne vengono assunti solo 20, decurtando la popolazione di anno in anno. Bisogna invertire la tendenza e investire in risorse umane».
Una soluzione al problema potrebbe venire dalla cosiddetta sorveglianza dinamica. «Per sperimentare e rendere operativa questa misura servirebbero delle strutture e delle strumentazioni che ancora non sono a nostra disposizione: con la sorveglianza dinamica si garantisce al detenuto la possibilità di avere accesso ad attività lavorative e sociali che ne possano favorire il reinserimento una volta fuori. Naturalmente, è essenziale mantenere una parte di regime normale per i soggetti che rifiutano il reinserimento ma adottando simili misure si potrebbe alleviare la pressione sul singolo detenuto che vivrebbe un po’ meglio l’esperienza carceraria, riuscendo a imparare qualcosa che possa servire anche fuori e che lo possa aiutare a non delinquere più. Senza contare, fatto per nulla secondario, che se il detenuto è tranquillo evita quei comportamenti che peggiorano le condizioni della polizia penitenziaria, producendo una qualità di servizio maggiore anche per i nostri colleghi».
BrindisiOggi
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