Visita al carcere, buone le condizioni, ma “il sindaco ci snobba”

BRINDISI- Una sostanziale promozione per la casa circondariale di Brindisi arriva da Anna Maria Alborghetti, rappresentante dell’osservatorio nazionale carceri dell’unione camere penali, che oggi, accompagnata da due membri della giunta nazionale dell’unione delle camere penali, gli avvocati Fabio di Bello e Manuele De Orsola, e dai colleghi Marcello Falcone, Giancarlo Camassa, Giuseppe Guastella, Mario Guagliani e Vito Melpignano, ha concluso le visite  agli istituti di correzione di Brindisi, Lecce e Taranto.

«Lecce e Brindisi – ha spiegato la rappresentante dell’osservatorio – hanno mostrato notevoli miglioramenti dovuti alle recenti ristrutturazioni e alla motivazione e alla buona volontà del personale. Ci sono anche dei nei, ovviamente, ma la strada imboccata è quella giusta».

Tra i problemi evidenziati dall’avvocato Alborghetti e dai suoi accompagnatori ci sono, per Brindisi, la mancanza di strutture per i bambini nell’area colloqui e la carenza strutturale di spazi pubblici dove i detenuti possano svolgere le importanti attività trattamentali.

«La direttrice del carcere Anna Maria Dello Preite – aggiunge l’avvocato Alborghetti – ha lamentato, inoltre, la totale assenza di collaborazione e sensibilità da parte del sindaco della città, Mimmo Consales». La critica della direttrice nei confronti del primo cittadino è stata affidata alla rappresentante dell’osservatorio che ha spiegato le ragioni di questo gelo tra ente pubblico e casa circondariale. «L’Anci, l’associazione dei Comuni, ha sottoscritto un protocollo nazionale di collaborazione con le carceri italiane e la dottoressa Dello Preite ha presentato tre volte un progetto riguardante il protocollo agli uffici comunali che è stato sempre ignorato. I detenuti, in un’altra occasione, avevano realizzato un mosaico raffigurante lo stemma della Città di Brindisi con l’intento di donarlo al sindaco, il quale non ha risposto all’invito. Il mosaico è andato, poi, alla Provincia che ha dimostrato maggiore sensibilità al gesto».

L’avvocato Alborghetti ha trovato molto migliorate le condizioni della casa circondariale di Brindisi rispetto al passato ma anche rispetto allo standard degli altri istituti visitati in giro per l’Italia. «Brindisi, pur soffrendo i problemi comuni ad altre carceri come la mancanza di risorse e personale – ha spiegato l’avvocato – ha dimostrato nell’ultimo periodo che, se c’è gente motivata e di buona volontà, si riesce ad alzare l’asticella della vivibilità dietro le sbarre in maniera significativa». L’avvocato si riferisce alla recente ristrutturazione che gli ambienti di via Appia hanno subìto, con celle finalmente che rientrano negli standard di legge. Nel carcere di Brindisi, attualmente, ci sono 180 detenuti su 230 posti massimi. «Le camere – prosegue la rappresentante dell’osservatorio – hanno tre finestre e il bagno separato, munito di doccia. Il personale, dalla direttrice al commissario, Ilaria Lomartire, conosce molti dei detenuti e le loro storie, le condizioni igienico-sanitarie sono buone e anche l’attenzione alle piccole, grandi, cose restituisce la cifra di quanto si possa fare col poco che si ha a disposizione: l’ora d’aria, che di solito è prevista dalle 13 alle 15, viene passata in piazzali con alte mura, senza un minimo d’ombra. A Brindisi è stata installata una tettoria per ripararsi dal caldo e dalla pioggia e dei rubinetti per poter bere o bagnarsi. Stesso discorso vale per l’attenzione alle attività trattamentali che consentono di monitorare il decorso della pena e del detenuto e di reinserirlo, già in carcere, in un contesto sociale».

Tanto altro ancora c’è da fare, come sottolineano i presenti durante le proprie relazioni, ma da un punto di vista strutturale, Brindisi, così come Lecce, possono dirsi sulla giusta strada. Non varrebbe lo stesso discorso per Taranto che, pur essendo l’istituto più piccolo tra quelli visitati, ha fatto riscontrare i problemi maggiori, sia a livello strutturale che igienico-sanitario.

«Il tema delle carceri e dei loro problemi – spiega Di Bello – è sempre stato al centro della discussione della giunta di cui facciamo parte. Il sovraffollamento, uno dei mali maggiori dei nostri istituti di correzione, è una piaga che può essere combattuta solo mettendo mano alla legislazione in materia d’immigrazione e di sostanze stupefacenti, i reati che più di tutti contribuiscono ad affollare le celle. Un altro tasto dolente è l’uso troppo intensivo della custodia cautelare in carcere. Bisogna, in definitiva, pensare a incrementare la percentuale di pene alternative sia per svuotare le case circondariali, sia perché è statisticamente provato che i detenuti che hanno questo tipo di condanna, difficilmente tornano a delinquere».

Maurizio Distante

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