INTERVENTO/ In una Brindisi fatta di caste e di corporazioni, mi chiedo quale posizione occupano i disabili. A giudicare dai fatti direi proprio una delle ultime, se non l’ultima. La disabilità non ha età ed i disabili nella nostra città sono tanti ed ognuno di loro con situazioni drammatiche alle spalle. Molti di loro non hanno la forza di ribellarsi a questo malcostume che, purtroppo, è sempre esistito.
Si susseguono vari politici, ma nulla realmente cambia. Durante le elezioni vengono fatte promesse mai mantenute ed i cittadini si ritrovano puntualmente allo sbando. Non parteggio per alcun partito… mi sento solo delusa da chi è su poltrone prestigiose ma non muove un dito per aiutare i meno fortunati.
Esperienze dirette e personali, mi portano a voler dare voce agli invisibili ed è con rabbia che mi rivolgo alle classi politiche ricordando loro che nessuno è immune dall’imprevedibilità della vita. Il destino, alle volte, gioca strani scherzi. Bisogna per tanto cercare sempre di avere un atteggiamento equilibrato ed un intelletto lungimirante per non doversi un giorno pentire di aver snobbato i problemi degli altri.
Si potrebbe obiettare che stiamo parlando di un esiguo numero di persone e di famiglie ma così purtroppo non è, ed anche se fosse non cambierebbe nulla. Tutto questo disagio è aggravato dal disinteresse delle istituzioni e dei politici che ai bisogni dei disabili sono chiamati a dare non solo considerazione e risposte, ma soprattutto azioni concrete e tangibili.
Che i servizi sociali, ossia quelli di cui i disabili hanno assoluta necessità, siano stati falcidiati dalle manovre dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni, a prescindere dalla loro composizione o colore, (sia politico che tecnico) è sotto gli occhi di tutti. In altri termini, il punto dovrebbe essere: nonostante la disabilità sei un cittadino come tutti gli altri, per cui non solo ti curo, ma provvedo anche a difendere tutti i tuoi diritti, pari opportunità comprese.
I dati dimostrano che in Italia la disabilità sia trattata e percepita a livello sociale e politico come una questione essenzialmente assistenziale e non come una parte integrante del principio imprescindibile di eguaglianza e dunque una questione di integrazione e di promozione dei diritti civili.
Invisibilità, solitudine, senso di abbandono e bisogni ignorati sono realtà che si commentano da sole. Questa situazione genera un ulteriore squilibrio: cittadini assistiti meglio di altri, solo in virtù del fatto di risiedere in città italiane “più fortunate”, con buona pace del diritto all’eguaglianza. E Brindisi non è una di queste. A partire dalle piccole cose si capisce che non è per nulla attenta ai bisogni di queste categorie di cittadini. Barriere architettoniche disseminate ovunque, trasporto pubblico inaccessibile ai disabili in carrozzina, luoghi di aggregazione e di svago inadatti e perciò non fruibili.
Le stesse abitazioni di edilizia pubblica e privata vengono ancora oggi realizzate in modo del tutto avulso ai bisogni e alle condizioni reali della popolazione disabile che le abita.
Per una località come Brindisi potrebbe rappresentare una grande risorsa se solo la città e le strutture turistiche si dotassero di un piano di sviluppo adeguato. In Europa i disabili sono 100 milioni e molti di questi selezionano luoghi e strutture capaci di rispondere alle loro specifiche esigenze quando devono scegliere dove trascorrere le vacanze.
Una adeguata riqualificazione della costa brindisina, per esempio, potrebbe sicuramente diventare una destinazione privilegiata per queste persone, se solo l’Amministrazione avesse la lungimiranza ed il coraggio di investire in questa direzione. In realtà Brindisi è tristemente off limits per chi si muove in sedia a rotelle e vuole godere non solo delle nostre splendide spiagge, ma anche di altre zone cittadine senza considerare il solito percorso ad ostacoli: gradini troppo alti, pedane mobili abbandonate, ascensori fuori uso, scivoli con pendenze da vertigini e pali della luce in mezzo ai percorsi.
Anche prendere un treno diventa una missione impossibile. Vagoni del treno troppo vecchi e non dotati di pedane ad hoc per le sedie a rotelle, ogni genere di barriere per arrivare in banchina e nessuna assistenza. Accedere al trasporto pubblico è un diritto di tutti ma il 90% delle stazioni ferroviarie italiane non è comodamente fruibile. Un uomo in carrozzina esprime con rabbia: «Ci sentiamo discriminati. Il trasporto pubblico va potenziato, reso facilmente accessibile e velocizzato».
Con un paradosso: abbiamo una buona legislazione nazionale ma quando è il momento di metterla in pratica gli enti locali, i progettisti e chi dovrebbe farla rispettare se ne dimentica completamente. Penso che non sia solamente un problema architettonico. È una questione culturale, bisogna lavorare sulla percezione che si ha della disabilità. Una situazione tragicomica: da un lato un marciapiede, non a norma, è stretto appena 30 cm e reso ancora più inaccessibile dalla presenza di pali della luce e di segnali stradali. Dall’altra parte c’è addirittura un muretto di cemento alto 1 metro che sbarra la strada ai disabili in carrozzina. E’ una violazione delle più semplici prescrizioni di edilizia pubblica, ma soprattutto è una mancanza di rispetto, calpestando il diritto di libertà di movimento di ogni singolo individuo. Quello dei marciapiedi non è infatti il primo, né l’unico caso di barriere che ostacolano la vita ai disabili. Chiunque abbia sensibilità è capace di vedere il mondo da un altra prospettiva. Non bisogna necessariamente essere su una sedia a rotelle per comprendere i problemi o lo stato d’animo di chi è stato messo in ginocchio dalla vita.
I veri disabili probabilmente sono coloro che non hanno la coscienza di preoccuparsi dei loro simili, che poi sono gli stessi quaquaraquà che manifestano la loro correttezza senza mettersi in prima linea in difesa di chi merita rispetto. Mi vergogno di essere brindisina, tutte le volte che noto menefreghismo.
E’ doveroso ed irrinunciabile garantire alle persone portatrici di handicap una vita più serena partendo dalle piccole cose, quelle apparentemente più banali, scontate come un adeguato accesso all’ospedale o un marciapiede più accessibile. È così che si valuta lo spessore umano, la sensibilità e la responsabilità di una città.
Con l’avvento della primavera i disabili meriterebbero di poter usufruire pienamente di tutte le strutture pubbliche presenti in città. Ad esempio, abbiamo tre parchi pubblici mal gestiti e poco adatti per i disabili. Il verde è di tutti, e il contatto con l’ambiente naturale deve rappresentare una risorsa alla quale tutti possano accedere. Il comune deve lavorare per attrezzare percorsi con pavimentazioni idonee, sentieri didattici e strutture di accoglienza accessibili a tutti.
Ma le difficoltà non sono solo strutturali, molti disabili infatti hanno la difficoltà di ottenere quello che gli spetta di diritto perché c’è poca informazione al riguardo o di difficile reperibilità. Se poi ad ascoltare c’è gente che noi abbiamo scelto e votato che si ritiene professionista nel campo, ma che in realtà non sa nemmeno cosa significhi vivere accanto a chi ha un familiare con disabilità, beh… c’è poco da fare.
Possibile che sia così difficile comprendere che le cose fatte bene generano posti di lavoro e soprattutto serenità in tutta la cittadinanza?
Sarebbe opportuno impegnarsi per realizzare nuove situazioni di accessibilità allargata per quei luoghi di particolare valore naturalistico ambientale, non sempre così facilmente visitabili. Se, per esempio, il Cesare Braico diventasse un posto “magico” anche per i disabili, diventerebbe non solo una risorsa per i tanti cittadini legati alla tematica ma anche una importante meta turistica per i tanti disabili pugliesi che nelle loro zone non hanno modo di poter godere della natura e dei benefici psicologici che essa rilascia. Basterebbe un intervento di riqualificazione naturalistico ambientale e di ristrutturazione di un percorso di visita del Parco al fine di renderlo perfettamente agibile ed a norma per utenze disabili.
I disabili richiedono l’adeguamento di alcuni percorsi didattici attrezzati, già preesistenti nel loro tracciato, da trasformare in itinerari di facile accessibilità, anche per un’utenza con difficili capacità sensoriali e/o motorie, così da estendere la potenzialità di accesso al proprio territorio.
Mancano strutture all’avanguardia.
Il Cesare Braico è grande abbastanza per essere suddiviso in varie aree, all’interno delle quali inserire vari servizi con tutte le caratteristiche idonee per far sentire a proprio agio non solo il disabile ma tutti coloro che vogliono vivere il parco senza il problema di incorrere in pavimentazioni crollate e pericolose, erbacce alte due metri e feci canine che costellano tutti i percorsi. Inoltre occorrono panchine comode per le varie patologie, le panchine di legno o di marmo non sono indicate. All’interno dell’Alberghiero si potrebbe dar vita ad un museo con totale accessibilità.
Se si parla di arte si parla di emozioni a “tutto tondo” che coinvolgano tutti i sensi. È questo l’obiettivo che deve porsi colui che progetta un museo realmente aperto alla disabilità.
L’accessibilità dell’arte va garantita rispetto a tutte le tipologie di disabilità, cominciando dalla progettazione stessa del museo, passando per l’utilizzo di nuove tecnologie, per arrivare più semplicemente ai piccoli accorgimenti, che talvolta fanno la differenza.
Per i disabili motori un museo accessibile deve avere servizi igienici adeguati, e poi essere accessibile con ascensori, porte e piattaforme elevatrici delle dimensioni a norma a farci passare la carrozzina, e nel particolare avere tutti i servizi ad un’altezza consona (il box informazioni come le didascalie descrittive delle opere, non devono essere riposte in alto).
Un museo accessibile ai disabili uditivi dovrebbe prevedere la possibilità di seguire visite guidate con interprete LIS, di accedere a descrizioni in lingua dei segni, descrizioni scritte dell’opera, l’inserimento di sottotitoli durante un’esposizione video. Per i disabili visivi, invece, l’accessibilità nei musei è possibile grazie alla presenza di dettagliate audio guide con la spiegazione delle opere esposte, percorsi tattili, guide in rilievo e descrizioni opere o materiale informativo in Braille o versioni ingrandite… ma non solo!
Le disabilità intellettive richiedono accortezze soprattutto sul fronte dalla comunicazione e dell’aiuto alla comprensione/fruizione dell’opera, per cui si può rendere utile la creazione di materiale informativo con linguaggio semplificato; l’attivazione di percorsi per utenti con disabilità intellettive, la formazione di personale in grado di supportare questo tipo di visitatori.
Per rendere l’allestimento del museo una vera e propria esperienza multi sensoriale non vanno dimenticati sensi “secondari”,come ad esempio, utilizzare stimolazioni olfattive, ma anche pedane mobili per l’esplorazione tattile e sistemi di localizzazione in grado di rendere il visitatore non vedente autonomo nell’esplorazione, senza alcun ausilio di personale di supporto.
Ma fateci caso, non è solo il parco: a Brindisi non esiste bar, pasticceria, pizzeria, creperia, ristorante… che non abbia una rampa adatta alle sedie o WC idonei per disabili, usati invece dai gestori come ripostiglio o deposito… che vergogna. Idem dicasi per tabacchini, supermercati, e non solo. Tutto costruito per far sentire il disabile, emarginato dalla società a 360°.
Siete ancora dell’opinione che i fatti citati non giustifichino una presa di posizione forte? Quale fatto deve ancora accadere perché i disabili e le loro famiglie non si sentano del tutto abbandonate? Perché non lavorare per raggiungere una totale “integrazione” e sentirsi una vera cittadinanza più moderna e consapevole? Lo scopo comune dovrebbe essere quello di evolverci culturalmente e far giungere la nostra voce a coloro che dovrebbero ascoltare. Il disabile, e non solo, deve essere trattato con la dignità che la Costituzione gli riconosce. Costituzione che tutti citano ma quasi tutti disattendono. La disabilità non è contagiosa, l’ignoranza si. Smettetela di guardare chi è su sedia a rotelle come se avesse la lebbra… piuttosto ringraziate Dio per essere sani e cercate di tendere la mano al prossimo, come dice il Papa.
Ilaria Solazzo
Le barriere architettoniche sono culturali e di rispetto della dignità dei cittadini in qursta città ove ad esempio si progetta una scala innovativa si via del mare senza il benché minimo rispetto dei denari pubblici e dei disabili. Occorrerebbe che tutti i progetti delle nuove attività riconoscessero nella sostanza e non nell forma i diritti richiesti, modificabdo i regolamenti edilizi richiedendo adeguamenti post operam alle attività aperte ma soprattutto negli spazi pubblici. Bisognerebbe dare una medaglia ai tecnici che hanno consrntito la installaxione di pali di pubblica illuminazione e segnaletica che vietano il diritto a muoversi agevolmente a tutti semafori che nn hanno avvusatori acustici o prenotazioni di passaggio. È ora di cambiare!
Di alcune cose non si dovrebbe neppure parlare, semplicemente perche’ il problema non dovrebbe sussistere. Una città che vuol essere civile, deve preoccuparsi prima dei propri cittadini che più hanno bisogno e andare incontro alle loro esigenze. Una città civile……….. Ma questo è un altro discorso
Cara Ilaria, ho letto le tue parole e volevo farti i complimenti per il coraggio che hai. Mi associo al tuo grido.. tutte le citta dovrebbero essere a misura di tutti. Io non sono un politico ma spero che qualcuno ti ascolti. Patrizia