Una delle intercettazioni che incastrerebbe il “sistema Corso”

BRINDISI- C’è chi si è paragonato a Mercadet, l’affarista di un romanzo di Honoré de Balzac, perché utilizzava il denaro degli altri per i propri loschi scopi. La dotta citazione è stata carpita in un’intercettazione dai carabinieri dei Nas di Taranto a uno dei protagonisti dell’operazione che ha portato in carcere e ai domiciliari 22 persone.

I militari del nucleo antisofisticazioni hanno persino deciso di intitolare l’intero intervento al personaggio di fantasia di Balzac, affiancando i colleghi della Guardia di Finanza impegnati sullo stesso fronte con la più canonica operazione Virus. Scartabellando le 400 pagine della monumentale ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Brindisi, Valerio Fracassi, però, non è solo Mercadet a catalizzare l’attenzione. Dal lavoro degli inquirenti, minuziosamente riportato nel documento, con i risultati delle indagini, le ipotesi accusatorie e le intercettazioni ambientali e telefoniche, si può ricostruire il sistema illecito utilizzato dai protagonisti della vicenda per sabotare le gare d’appalto dell’area tecnica dell’Asl di Brindisi.

In particolare, alcune intercettazioni restituiscono la cifra della scaltrezza e dell’assoluta convinzione con cui gli intercettati portavano avanti le proprie condotte. Il procuratore capo, Marco Dinapoli, durante la conferenza stampa di questa mattina, ha ripreso un episodio molto significativo che ha un riscontro in una delle intercettazioni trascritte dagli inquirenti. Il rappresentante di una ditta estranea al meccanismo truffaldino, sentendo puzza di bruciato nelle gare indette dall’area tecnica dell’Asl, chiese ai responsabili dell’appalto di controfirmare tutte le buste contenenti le offerte come garanzia di regolarità delle operazioni. Giovanni De Nuzzo e Vincenzo Corso, rispettivamente ai domiciliari e in carcere, commentano, in una conversazione telefonica, la notizia appena appresa. Corso, preoccupato, dice a De Nuzzo: «Senti, pare che una società voglia controfirmare tutte le buste delle offerte. Facciamo controfirmare tutte le buste economiche, in maniera opportuna. Va bene?». Dopo aver discusso a lungo sulle varie opzioni a loro disposizione per risolvere la faccenda, De Nuzzo conclude, d’accordo con Corso, che quella della firma su ogni singola busta è la scelta migliore: «E così non facciamo il plico finale dici tu?». Corso, spiega, infine, al suo interlocutore il perché della bontà della soluzione. «Eh sì, perché diventa poi ingombrante, magari si scassa, quelli contestano… Hai capito?». Le buste furono firmate dai rappresentanti della ditta in questione che, a un controllo successivo alla data di apertura dei plichi, effettuato dagli inquirenti, riconobbero le proprie firme su tutti i contenitori, meno che su uno, evidentemente manomesso da qualcuno. Questo tipo di sistema era usato, anche quando non c’era bisogno di tanti accorgimenti dovuti a buste firmate, per appalti d’ogni sorta, dalle forniture dei pannoloni fino ai macchinari sanitari.

La fetta spettante a chi addomesticava le gare non consisteva in denaro contante, facilmente tracciabile, ma in gioielli, viaggi, e subappalti a ditte intestate a familiari o prestanome e a lavori in casa. Un ingranaggio oliato a dovere che doveva sembrare eterno, agli occhi dei suoi fruitori, ma che, grazie al lavoro di Finanza, Carabinieri e Procura ha visto scritta la parola fine.

Mau.Di.

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