BRINDISI- Un flash mob contro la violenza sulle donne. Sabato 29 febbraio 2020 alle ore 17.30, in Corso Umberto all’incrocio con via Conserva, Non Una di Meno di Brindisi realizzerà il flashmob “Un violador en tu camino”, un’azione contro lo stupro e la violenza patriarcale. Ideata dal collettivo femminista #Lastesis per il 25 novembre in Cile, si è poi diffusa in tutto il mondo, dall’America Latina all’Europa e in Turchia dove, vietato dalla polizia nelle piazze, le deputate l’hanno rappresentato in Parlamento, perché protette dall’immunità.
La coreografia e il canto denunciano la repressione attuata dal governo in Cile delle manifestazioni contro le politiche di impoverimento delle classi popolari e lo stupro delle donne nei cortei, perpetrato dai carabineros. Lo stupro è stato utilizzato come strumento per disincentivare la partecipazione alle proteste. La repressione cilena affonda le sue radici nel sistema di terrore della dittatura militare (dal 1973 al 1990).
Adottiamo questa forma di protesta anche a Brindisi perché vogliamo fermare la violenza maschile nel nostro paese dove un terzo delle donne italiane e straniere subisce violenza, in prevalenza domestica; dove dal 2008 al 2018 sono state uccise 1.333 donne e nel 2020 si contano già 14 femminicidi; dove la violenza assistita da parte dei /delle minori è in aumento; dove le persecuzioni degli uomini verso le donne si intensificano quando esse si sottraggono alla violenza; dove un milione 404 mila lavoratrici hanno subito nel corso della loro vita lavorativa molestie fisiche o ricatti sessuali sul luogo di lavoro.
La violenza maschile e di genere è strutturale e pervade ogni aspetto della nostra vita, rendendola sempre più precaria; e colpisce per questo le donne lesbiche e transgender a scopo punitivo, in quanto soggettività non conformi all’eterosessualità e alle identità di genere non ricomprese nella polarità maschio/femmina.
Vogliamo richiamare le connessioni sociali che mettono in discussione l’intero sistema: l’apparato giudiziario che non adotta misure cautelare efficaci per porre fine alle violenze e prevenire i femminicidi; le sentenze con pene irrisorie che minimizzano violenze gravi con attenuanti inaccettabili; l’affidamento dei figli nelle sentenze di separazione che non tengono in debito conto la parola e la sicurezza della donna nei casi di violenza domestica; l’esiguità degli investimenti pubblici destinati alle strutture specifiche di sostegno e protezione (centri antiviolenza, case rifugio, percorsi di fuoriuscita dalla violenza, ecc). Dall’indagine Istat sui centri antiviolenza (281) e sul numero di donne (43.467)che ad essi si è rivolto nel 2017 si evince che lo Stato ha speso meno di un euro al giorno per ogni donna maltrattata. La comunicazione pubblica racconta ancora la violenza con parole e ricostruzioni che veicolano stereotipi e pregiudizi sessisti, omofobi e transfobici.
BrindisiOggi
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