L’inchiesta: Un viaggio tra i rifiuti sull’asse Napoli-Brindisi: nomi e società che si rincorrono

BRINDISI- Collegamenti, intrecci, anelli che si incastrano e formano una lunga catena che collega Napoli a Brindisi, le stringe, le avvicina. Le unisce.  Coincidenze, tante coincidenze. La vicenda rifiuti torna alla ribalta dopo le parole del pentito dei casalesi Carmine Schiavone, o meglio dopo che sono state rese pubbliche le sue dichiarazioni rilasciate 16 anni fa davanti alla commissione bicamerale sulle ecomafie. Parla di traffico di rifiuti tossici, di gente della camorra che incontravano imprenditori per smaltire a poco prezzo rifiuti molto pericolosi.  Nelle sue quaranta pagine fa un cenno al Salento. Ma non dà nessun dettaglio. Per i magistrati si tratta  di un riferimento troppo generico. Il capo della DDA di Lecce Cataldo Motta dichiara ufficialmente che non intende inseguire i fantasmi.

Dichiarazioni a parte del pentito, nella storia dei rifiuti italiani c’è una strada che collega due discariche. Una strada ricostruita grazie alle visure camerale di diverse società, incastrate come un puzzle dalla collega giornalista Tiziana Colluto. Un legame che unisce la discarica di Pianura, la grande bomba ecologica di gomorra, alla discarica Formica ambiente nelle campagne tra Brindisi e San Vito dei normanni. Il filo conduttore viaggia su un nome, quello di Vincenzo Fiorillo, consigliere di amministrazione di Formica, arrestato nel 2009 per corruzione e traffico illecito dei rifiuti. Secondo le indagini condotte dai carabinieri del Noe di Lecce con il coordinamento del pm della  Procura di Brindisi Giuseppe De Nozza, nella discarica brindisina venivano smaltiti rifiuti tossici nocivi provenienti da diverse parti d’Italia. Dieci le persone che furono arrestate, il processo di prima grado sta per concludersi.  Da giugno la discarica è tornata in esercizio così come previsto da un’ordinanza del tribunale di Brindisi ma nella sua attività deve seguire dei particolari accorgimenti verificando attraverso una campionatura i rifiuti che arrivano in discarica.

Tornando a Fiorillo. Una storia lunga diversi anni ricostruita con visure camerali e atti parlamentari.   Un viaggio tra rifiuti, aziende  e un insieme di nomi, dove è facile perdersi. Un viaggio al contrario. Partiamo proprio  dalla discarica di Pianura, gestita dalla Di.Fra.Bi Spa, poi rilevata nell’87 dalla Elektrica Spa, colpita nel 2004 da interdittiva antimafia.  Tra i soci  della Elektrica vi è Francesco La Marca.

Direttore tecnico della Elektrica, fino all’88, fu Giuseppe Giordano, che in quegli anni era anche amministratore unico della Ines sud, la società che gestiva la discarica Formica di Brindisi. Al suo posto, dopo vari passaggi, è divenuto amministratore Francesco Rando. Ines sud annovera tra i soci Vincenzo Fiorillo e Vittorio Ugolino, entrambi sono soci anche in altre aziende:  la Sir, che inizialmente aveva la stessa sede della Elektrica, la Ecogest e la Rona: quest’ultima, aveva tra i suoi soci a sua volta Francesco La Marca della Elektrica.  Fiorillo e Ugolino erano anche  i soci di Formica Ambiente, che al posto della Ines Sud ha poi gestito la discarica brindisina. Ugolini va via dal 2002, Fiorillo resta fino al 2009, anche nel ruolo di consigliere di amministrazione. Non solo, sino al 2008, era stato anche consigliere nella Sistema Ambiente Srl. Il 30 per cento di questa è in mano a Formica Ambiente ,  e a capo del cda c’è stato Manlio Cerroni, il re delle discariche romane, compresa quella di Malagrotta. Proprio nel gruppo di Cerroni c’è Formica ambiente, Alla guida del consiglio di amministrazione  di Formica c’è Piero Giovi. Lo stesso Giovi che è stato consigliere in un’altra nota società di rifiuti: la Slia. Nella proprietà di questa ricompare il nome di Francesco Rando della Ines sud, gestore di Malagrotta.

La Slia, che per anni ha gestito anche la raccolta rifiuti a Brindisi, è stata colpita da interdittiva antimafia, dal suo smembramento in tre società è sorta la Enerambiente, società veneta che ha gestito a lungo l’appalto della raccolta rifiuti  a Napoli poi fallita nel 2012. Enerambiente ha avuto come amministratore delegato l’avvocato brindisino Giovanni Faggiano. Finito due volte in carcere, nel 2011 e nel 2012, per due diverse inchieste riguardanti i rifiuti in Campania, nel primo procedimento si parlava di appalti irregolari, nel secondo di  presunte truffe, estorsioni e corruzione.

La Enerambiente è stata posta sotto osservazione dagli inquirenti perché considerata riconducibile ad un personaggio ritenuto un tramite tra il clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia e la Sacra Corona Unita.

Una storia contorta che lega le due città  sulla strada tracciata dai rifiuti. Alcuni autorizzati, altri no.

Lucia Portolano

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