ORIA- Lascia in bocca un retrogusto amaro la visita al momentaneamente riaperto castello svevo di Oria. Ieri era la prima delle 7 giornate previste per il periodo estivo in cui, grazie al locale circolo di Legambiente “Piaora” e alla decisione del gup del tribunale di Brindisi, Maurizio Saso, i turisti ma anche gli stessi oritani hanno potuto godere di nuovo dell’antico monumento federiciano, posto da anni sotto sequestro a causa di presunti abusi edilizi che sarebbero stati perpetrati dall’attuale proprietà.
Se da un lato la voglia di visitare nuovamente o per la prima volta le sale e i locali che furono del grande imperatore germanico, dall’altra forte è l’amarezza nel vedere, in alcuni casi, snaturata l’essenza storica, prima di tutto, ma anche artistica e architettonica dal monumento. Il tour parte dalla piazza d’armi, rivestita da candidi mattoni levigati non proprio medievali, per prendere poi il camminamento lungo il muro di cinta che porta dal lato est della fortezza, dove sorgono la torre quadrata, d’epoca federiciana, e le due torri cilindriche, risalenti agli angioini, alla torre dello sperone, dove due falconieri, gentile concessione dell’associazione “Arcieri e Falconieri Oria”, accolgono i visitatori, rendendo più realistico il tour.
I volontari di Legambiente, aiutati da anfitrioni d’eccezione come gli studenti dell’Ites “Giovanni Calò”, hanno gestito l’imponente flusso di visitatori accorso al primo appuntamento con la storia, rimanendo sempre a disposizione di tutti per ogni domanda e delucidazione. Una volta percorso a ritroso il camminamento delle sentinelle, il tour prosegue scendendo nella cripta, preesistente alla costruzione e poi da essa inglobata. È a questo punto che si comincia a realizzare l’impatto delle modifiche apportate negli ultimi anni. L’aria all’interno del luogo di culto è umidissima. La ragione si trova in una semplice osservazione: fino a poco tempo fa, un’apertura su una delle volte garantiva un costante riciclo d’aria che preservava gli affreschi presenti ai muri. Ora quegli affreschi vanno rapidamente deteriorandosi e stiamo perdendo, tutti, un patrimonio di inestimabile valore. Passando alle stanze interne si notano, su alcune porte, i sigilli apposti dai magistrati. «Sono le cucine», dice qualcuno. Le cucine nelle quali Federico II faceva preparare i suoi lauti banchetti? No, quelle della sala ricevimenti che sarebbe dovuta essere. La sala delle armi non è stata toccata dal punto di vista architettonico. Peccato che non vi sia traccia delle insegne militari un tempo custodite tra queste pesanti mura. Non è dato sapere, o forse è meglio non interrogarsi troppo sul punto, se c’è una possibilità, anche una sola, di ripristinare almeno in parte l’antico fascino di questo monumento, fiore all’occhiello del territorio brindisino. Per ora, quel che si può fare, è affidarsi al buonsenso dell’autorità giudiziaria, alla grandissima passione e all’importantissimo impegno profuso nella difesa della storia da persone come quelle del circolo Legambiente “Piaora”, cui va il merito di aver restituito, anche se solo per pochi giorni, un bene storico alla popolazione.
Maurizio Distante
Commenta per primo