BRINDISI- (Da Il7 Magazine) Guerra in Ucraina, la corsa verso la salvezza porta i nomi di Enrico, Liudmyla, nonno Andrey e i piccoli Dasha e Macar. Sotto le bombe degli aerei russi, tra le migliaia di persone in fuga, c’erano anche loro: una piccola famigliola divisa dai carri armati in marcia, che ha percorso chilometri prima di potersi ricongiungere al confine con la Romania. Lui è Enrico Nardelli, un professionista di 40 anni nato e cresciuto a Francavilla Fontana che da quattro anni si è trasferito in Germania dove lavora come interior design per una ditta di costruzioni. Da due anni è legato alla sua compagna, Liudmyla, una giovane donna ucraina di 33 anni, mamma di due bimbi, Dasha e Macar di 5 e 8 anni. Quando racconta la sua storia è al sicuro in Germania ma è ancora molto turbato. Lo scorso 14 febbraio Enrico con la sua compagna avevano lasciato i bambini con i nonni, Adrey, 80 anni, e Galina, 85 anni che vivono nella città di Berdjanks, in Ucraina. La coppia doveva recarsi in Germania per disbrigare delle questioni private e di lavoro. Erano tranquilli ma nessuno immaginava che da lì a poco sarebbe scoppiato l’inferno. “Solo due settimana fa ero in Ucraina a Berdjanks, un paese che già in passato ha subito la devastazione delle guerre- dice- Qui avevamo lasciato i bambini di Liudmyla con i nonni, Andrey e Galina, perché avevamo delle questioni lavoro da disbrigare in Germania. Qualche giorno dopo Putin ha dichiarato la guerra”. In poco tempo la situazione precipita, la stampa e le televisioni di tutto il mondo mostrano gli attacchi degli aerei russi, i palazzi sventrati dalle bombe e la fuga di migliaia di persone verso il confine. Le case si svuotano, qualcuno cerca riparo nei bunker , per molti è la morte. Davanti a tutto questo cresce l’angoscia e la paura di Enrico e Liudmyla per quella famiglia che si trova a Berdjanks, una piccola cittadina di appena centomila abitanti sulla costa settentrionale del Mar d’Azov . Qui la popolazione non esita a scendere in piazza e ad inveire contro dellʼesercito di Mosca quando i soldati fanno irruzione. “In poco tempo la situazione è peggiorata e sono cominciati i bombardamenti a quel punto la fuga è stata l’unica via di salvezza- racconta Enrico- Abbiamo deciso di partire tutti, noi dalla Germania e il nonno con i bambini dall’Ucraina per incontrarci al confine con la Romania”. Il nonno decide per muoversi in auto con i bambini ma la nonna per motivi di salute non era in grado di affrontare un viaggio così lungo e incerto, così resta a Berdjanks, chiusa in casa con quelle poche scorte di viveri che riescono racimolare. Nel frattempo gli aerei bombardano la città e distruggono il porto. In auto con il nonno e i piccoli parte anche un ragazzo, Ivan che si è offre di accompagnarli. Ivan, durante il viaggio cerca di recuperare anche la fidanzata, Katia, che si trova nella città di Harkiv. Ma quando si mette in marcia è già troppo tardi, la città è sotto assedio, si spara e ci sono le esplosioni. “Quando Adrey, Ivan e i bambini sono partiti- dice Enrico- hanno preso solo il necessario, vestiti, cibo e taniche di benzina. Durante il viaggio le strade venivano distrutte ed erano costretti a cambiare direzione costantemente, in tre giorni hanno percorso 1300 km. E’ stato l’inferno, Ivan guidava sotto le bombe, cadevano pezzi di aerei sull’auto. Nonostante questo si procedeva a passo d’uomo perché c’erano code di auto lunghe 60 km”. Un viaggio estenuante, hanno guidato ininterrottamente, anche perché fermarsi voleva dire perdere il posto in coda e non raggiungere più il confine. “Ivan, questo amico che si è offerto di accompagnare il nonno e i bambini, è rimasto sempre in auto ed ha continuato a guidare- racconta Enrico- mentre i bambini nella città di Kamenetz Podolsk sono stati ospiti di una famiglia che siamo riusciti a trovare attraverso facebook, in questo modo hanno potuto riposare e mangiare. Poi con un’altra auto sono stati riaccompagnati proprio dove si trovava Ivan in coda”. Arrivati al confine rumeno, hanno atteso altre 30 ore prima di varcarlo. “Qui c’erano due file , una di macchine ed una di persone a piedi con i bambini in braccio. Ore di attesa in coda anche se qualcuno con qualche regalia riusciva a passare avanti, 500 euro ed avanzavi di cinque metri”. Enrico e Liudmyla hanno riabbracciato il nonno e i bambini solo dopo che questi hanno varcato il confine. Non ha potuto farlo Ivan che dopo il suo sacrificio è stato respinto alla frontiera e costretto a tornare indietro. “Ivan è un ragazzo ed ora con la nuova legge è costretto ad arruolarsi, altrimenti rischia la corte marziale- dice Enrico- siamo tanto dispiaciuti e preoccupati anche per la nonna che è rimasta sola. Sappiamo che a Berdjanks la gente cerca di aiutarsi gli uni con gli altri. Ma sono saltati tutti i collegamenti, le banche non erogano il denaro, nel città ci sono quaranta carri armati che la presidiano. Gli stessi bambini hanno visto e sentito i bombardamenti che hanno distrutto il porto. Sappiamo che un uomo è riuscito a creare un modem wifi per collegarsi alla rete internet. La situazione è drammatica. Penso che siamo stati fortunati, noi siamo qui ma il pensiero è per chi è rimasto”. Oggi Enrico e Liudmyla hanno potuto riabbracciare i bambini e il nonno ma nei loro occhi e nel loro cuore c’è la paura di non poter tornare a casa da nonna Galina. “I bambini hanno visto con i loro occhi la devastazione, sono consapevoli di cosa sta accadendo nel loro paese, nonostante abbiano solo 5 e 8 anni. Quando ascoltano le notizie ci chiedono dove stanno cadendo le bombe e chi le sta lanciando. La guerra è una cosa difficile da spiegare”.
Lucia Pezzuto per Il7 Magazine
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