Tumori per la centrale: il rischio c’è ma è inferiore a 1 su 10mila, cresce a Torchiarolo e a Cerano

BRINDISI- Il rischio tumore c’è, ma è inferiore a 1  su 10mila persone nell’arco di una vita di 70 anni. Questo è l’impatto della centrale Enel Federico II di Brindisi secondo lo studio effettuato da Roberto Giua presentato da Arpa Puglia sulla “Valutazione del Danno Sanitario dell’impianto Cerano. I risultati sono stati presentati questo pomeriggio presso gli uffici Arpa di via Galanti alla presenza del direttore Giorgio Assennato,  di esperti, associazioni ambientaliste, medici e tecnici Enel.

centrale_enel_federico_II_cerano-300x234Il rischio aumenta nel comune di Torchiarolo e nelle vicinanze della centrale, in particolar modo del parco carbone. A Torchiarolo la proporzione è di 10 casi su 1 milione, mentre si triplica nella zona di Cerano, 30 casi su 1 milione.

Nella comparazione con gli altri insediamenti della zona industriale di Brindisi attualmente in termini di emissioni la  centrale Enel ha il peso maggiore.

«La valutazione del rischio cancerogeno inalatorio delle emissioni 2010 dello stabilimento Enel di Brindisi. si legge nelle conclusioni-evidenzia che, ipotizzando un’esposizione costante a concentrazioni modellate per 70 anni, le probabilità aggiuntive per la popolazione di sviluppare un tumore nell’intera vita risultano inferiori a un caso su diecimila. Per tutti gli inquinanti normati la distribuzione al suolo degli inquinanti primari emessi da Enel risulta conforme ai valori limite.

In realtà il professor Guia ha evidenziato che Brindisi come Lecce presenta una criticità epidemiologica che adesso dovrà essere comparata con i dati emersi dallo studio sulla centrale, ma anche sugli altri impianti esistenti sul territorio. “Se ci sarà un disequilibrio- spiega Guia- allora si cercherà di capire cosa ha determinato negli anni la criticità epidemiologica”.

In un anno si cercherà elaborare la valutazione del danno sanitario di tutti gli impianti industriali di Brindisi, così come prevede la legge regionale del 2012 per gli stabilimenti industriali insistenti su aree ad elevato rischio di crisi ambientali o Sin della Puglia soggetti ad Aia, con il requisito aggiuntivo di essere fonti di idrocarburi policiclici aromatici, di produrre polveri o di scaricare rifiuti nei corpi idrici.

Un risultato che ha sorpreso  in molti, meno i rappresentanti Enel, lo studio confermerebbe quello che loro dicono da tempo.

Lucia Portolano

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