BRINDISI- (Da Il7 Magazine) C’è anche Torre Testa, una delle Torri Costiere del litorale nord brindisino, nell’inchiesta della Procura di Brindisi che qualche giorno fa ha notificato l’avviso di conclusione indagini a nove persone tra dirigenti ed ex amministratori del Comune. Stando a quanto scrive il procuratore aggiunto, Antonio Negro, nell’ordinanza, sotto la lente della Procura è finisce, tra le varie cose, anche il progetto di riqualificazione delle Torri Costiere “Torre Testa- Torre Punta Penne” per il quale vengono indagati Fabio Lacino, all’epoca dei fatti funzionario del settore Urbanistica ora dirigente ai Lavori Pubblici, Luigi Dell’Atti, architetto e libero professionista, Marina Mautarelli, funzionario geometra e Pasquale Luperti, già assessore all’Urbanistica. Tutti vengono accusati di una serie di falsi nel progetto, che sarebbe stato redatto da professionisti esterni all’amministrazione, senza incarico. Il progetto a cui fa riferimento la Procura è un progetto legato alla partecipazione ad un bando regionale del 2015, risorse rivenienti dall’Accordo di Programma Quadro “Beni e Attività culturali”, con il quale la Regione Puglia finanziava fino ad un massimo di un milione di euro per il restauro, valorizzazione e fruizione delle Torri Costiere. Il bando era riservato agli Enti pubblici locali territoriali e richiedeva la proprietà o la disponibilità quindicinale del bene e un piano di gestione idoneo pluriennale. Una opportunità, quindi, per recuperare Torre Testa, nei pressi di Giancola, che negli anni ha continuato letteralmente a perdere pezzi sino a diventare un rudere pericolante. E dire che molte associazioni si erano date da fare sollecitando le amministrazioni che negli anni si sono succedute al Comune di Brindisi affinchè questo bene dall’enorme valore storico ed architettonico non andasse perduto. Tra queste il Gruppo Archeo Brindisi. “In questi anni abbiamo cercato di far capire l’importanza di recuperare le Torri Costiere, in particolare Torre Testa. Pochissimi gli interventi di messa in sicurezza. I pali di legno messi qualche anno fa si sono consumati e l’unica recinzione di metallo che c’era è stata divelta. Tutto sta crollando, anche dell’antica volta resta ben poco e chiunque può avere libero accesso a rischio di farsi male- dice Danny Vitale- Tantissime le segnalazioni fatte al Comune di Brindisi e alla Soprintendenza tramite Pec. Nel corso del tempo abbiamo raccolto grandi annunci e tanti fondi ci sono sfuggiti. Non hanno mai percepito l’importanza. Quello è un punto strategico, c’è il mare, ci sono degli scavi romani, un’antica fornace , la riserva naturale di Giancola per non parlare, delle tracce e dei reperti di frequentazione preistorica, un insediamento del neolitico che andrebbe tutelato”. Uno degli ultimi interventi di messa in sicurezza risale al 2011, in quel caso la struttura venne puntellata con dei pali di legno che con l’andare del tempo stanno cedendo, dell’antica torre resta appena un moncone perché la volta con l’andare degli anni si è sgretolata. Eppure l’immagine di quel vecchio baluardo che si affaccia dalla falesia, a strapiombo sul mare, è ancora suggestiva. La storia racconta, riferisce il Gruppo Archeo Brindisi, che Torre Testa, come le altre fortificazioni edificate sulla costa, faceva parte “ di un sistema difensivo e di avvistamento costiero fatto erigere nella seconda meta del XVI secolo (1559-1571) dal vicerè Parafan di Ribeira Duca di Acalà, per ordine di Carlo V per far fronte agli attacchi dei turchi, dei pirati e dei corsari. Queste strutture austere e possenti, testimoni di un clima di paura, avevano anche lo scopo di lanciare un chiaro segnale finalizzato a dissuadere i turchi, ormai troppo vicini alle nostre coste. In caso di attacco le segnalazioni venivano fatte con fumo di giorno e fuochi di notte, permettendo così agli abitanti delle masserie, dei castelli e dei borghi di prepararsi a respingere l’incursione. A presidiare le torri vi era un “capo torriero” e tre guardiani dipendenti che percepivano una retribuzione di 4 il primo e 3 ducati gli altri (come riportato da alcune fonti. La difesa veniva messa in atto grazie alle armi da fuoco in dotazione: smeriglie (cannoni a palle), archibugi, alabarde. L’ipotesi che le guarnigioni di guardia alle torri utilizzassero armi da fuoco, oltre che nei documenti storici, è confermata dalla forma quadrangolare delle costruzioni difensive, necessaria per poter posizionare l’artiglieria sui quattro fronti. Quello che oggi vediamo osservando le torri è solo una parte di com’erano. In origine erano più alte, circondate da un cortile chiuso da cui si accedeva, attraverso una porta, alle scale che terminavano con una sorta di ponte levatoio (in alcune torri si accedeva attraverso una scala a pioli in legno). Per maggiore sicurezza, il litorale fra una torre e l’altra veniva scandagliato dai cosiddetti “cavallari” che perlustravano costantemente i lidi. Una volta cessato lo scopo difensivo le torri furono svendute a privati o abbandonate. Il tempo, l’incuria, l’azione erosiva del vento e del mare, l’inciviltà, hanno fatto il resto”.
L’importanza di Torre Testa è legata anche alla sua collocazione strategica un tempo per la difesa del territorio, oggi per la realizzazione di un percorso turistico che ben si concilierebbe con le aspirazioni della città di Brindisi. La torre costiera sorge, infatti, nel punto in cui un antico canale, il canale di Giancola, sfociava nel mare permettendo agli uomini del paleolitico di dissetarsi con le acque del fiume e di cacciare gli animali. Quest’area risultò di fondamentale importanza anche in periodo romano. Sono stati rinvenuti, infatti, i resti di antiche fornaci destinate alla produzione di anfore bollate ( I sec. a.C, I d.C.) e di una villa.
“E’ pensare che con gli interventi di restauro e quelli di valorizzazione si potrebbe creare un percorso- sottolinea Danny Vitale del Gruppo Archeo- Abbiamo un ampio spazio nell’entroterra che potrebbe essere utilizzato come parcheggio, si potrebbe realizzare un collegamento tra le torri con un ciclopercorso e una pista da jogging , una zona naturalistica da esplorare grazie alla presenza della riserva di Giancola da lì tra l’altro, seguendo la strada nell’entroterra, si può raggiungere anche Jaddico”.
Lucia Pezzuto per Il7 Magazine
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