BRINDISI- Una delle più grandi tragedie in mare. Era il 28 marzo 1997, sono passati esattamente 20 anni, erano quasi arrivati a Brindisi, quando a 35miglia dalla costa la nave albanese “Kater i Rades” entra in collisione, con la nave della Marina italiana “Sibilla”, provocando una vera strage. Cinquantasette le vittime accertate, ventiquattro i dispersi, anche se le autorità albanesi parlano di un centinaio. Famiglie fuggite dall’albania in piena guerra civile. La nave era partita da Valona. Sono gli anni in cui il governo Prodi e l’allora ministro alla difesa Andreatta avevano predisposto il blocco navale, per fermare le carrette del mare. Quella sera ci fu un inseguimento da parte della nave Sibilla, la difesa sostenne invece che fu il comandante della nave albanese Kater I rades a fare alcune manovre pericolose. Mai dimostrato. Alla fine la nave italiana travolse quella albanese. In appello condannati entrambi i comandanti, per quello italiano ci fu uno sconto di pena per prescrizione, questi insieme alla Marina militare è stato condannato a risarcire con circa 4 milioni di euro i parenti.
Viene ricordata come la strage del venerdì santo, indelebile negli occhi dei superstiti ma anche nella memoria dei parenti delle vittime e dei volontari italiani che da anni cercano di mantenere vivo il ricordo. Il comitato Migranti del Mediterraneo ha organizzato alle 16,30 una manifestazione sul lungomare di Brindisi per ricordare tutte le vittime delle stragi in mare.
BrindisiOggi per ricordare quella tragedia propone l’intervista a Emma, una giovane albanese che vive a Lecce, arrivata a Brindisi negli anni 90, nel naufragio della Kater I Rades sono morti il suo cuginetto e sua zia, mentre l’altro cugino superstite è stato ospitato dalla sua famiglia. Ma in ricordo di quei giorni è anche ancora impresso nella mente di Antonio Camusso, brindisino dell’osservatorio sui Balcani.
Lu.Po.
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