Stabilimenti balneari senza concessione e spiagge abbandonate, ecco come è ridotta la costa

BRINDISI- (Da Il7 Magazine) Su diciotto stabilimenti balneari presenti lungo la costa brindisina quattro non sono in regola, di questi tre non hanno alcuna concessione demaniale e uno pur avendola è sottoposto a vincolo paesaggistico, nonostante questo, tutti e quattro continuano tranquillamente ad esercitare l’attività. Da qualche giorno, tuttavia, sono ripresi i controlli e i carabinieri del Noe, Nucleo operativo ambientale, hanno posto i sigilli proprio ad uno di questi quattro stabilimenti: Arca di Noè. E’ questo uno degli stabilimenti balneari più antichi, nato nel 1952, è sempre stata un’attività a gestione famigliare. Nel 2016 il Comune di Brindisi, attraverso una serie di accertamenti fatti dall’ufficio urbanistica ha evidenziato la presenza di una serie di opere abusive per le quali è state subito emessa un’ordinanza di abbattimento. Assieme all’ Arca di Noè, nell’elenco degli stabilimenti fuori norma anche Lido Sant’Anna, Lido San Benedetto e Lido Arena. Sono trascorsi due anni, ma quell’ordinanza non è stata ottemperata. E’ quanto emerso dall’ispezione dei carabinieri del Noe nello stabilimento balneare “Arca di Noè”.

I reati contestati vanno dall’inottemperanza  all’ordinanza emessa dal comune di Brindisi nell’anno 2016, in quanto non hanno provveduto  alla demolizione di tutte le strutture presenti sul posto, nonché  per aver realizzato  ulteriori  opere edili prive delle necessarie  autorizzazioni in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Contestualmente i militari hanno proceduto  al sequestro  preventivo d’urgenza di un’area  di circa 3000 metri quadri  adibita a stabilimento balneare, nonché un immobile  adibito a bar-rivendita alimentari, due locali deposito,  sei cabine servizi, un locale docce e cinquantaquattro cabine-spogliatoi. Il proprietario dell’area e il legale rappresentante della ditta che lo gestisce sono stati denunciati a piede libero. “Non ho niente da dichiarare- ha detto Noè Elefante proprietario dello stabilimento- aspetto di vedere quale sarà l’esito della vicenda giudiziaria. Una cosa è certa, questo lido è uno dei più antichi della nostra costa. Esiste da 60 anni e generazioni di brindisini sono cresciute su questa spiaggia”. Il lido Arca di Noè è uno di quei stabilimenti che compare in una tabella pubblicata dal Comune di Brindisi con la determina 862 n.12 del 6/4/2018, dove si fa un monitoraggio di tutta l’area costiera e indicando chi ha o no ha la concessione demaniale e chi è sottoposto a vincolo paesaggistico. Da qui si evince che su 18 stabilimenti balneari, tra questi è incluso anche quello di Acque Chiare , posto sotto sequestro dal 2008, tre lidi non hanno nessuna concessione demaniale e uno pur avendola è sottoposto a vincolo paesaggistico. Le situazioni illustrate nella tabella stilata dall’ufficio urbanistica del Comune di Brindisi hanno del paradossale se si pensa che tutte gli stabilimenti indicati come non regolari di fatto continuano ad esercitare l’attività. Tre lidi non hanno alcuna concessione demaniale, si tratta di spiagge attrezzate con cabine, lettini, aree ristoro. Secondo quanto riscontrato dall’ufficio tecnico, non solo hanno l’autorizzazione ma negli anno avrebbero continuato ad ampliare gli stabilimenti e a costruire nuove strutture. Queste stesse aree sulle quali insistono questi stabilimenti sono tra l’altro aree sottoposte a vincolo paesaggistico. “In teoria- dicono dal Comune di Brindisi- vi dovrebbero essere solo campi agricoli. Per costruire questi stabilimenti è stata eliminata anche vegetazione protetta. In un caso è stata eliminata persino una duna. Tutto questo è accaduto perché qualche contadino ha ceduto l’area, atti spesso neppure registrati”. E’ quello che è accaduto nel caso di uno stabilimento balneare storico della costa brindisina. Il titolare pur avendo la concessione demaniale ha realizzato opere ben oltre il limite concesso. In questo lido, dove l’autorizzazione ad esercitare l’attività si limita alla sola spiaggia, sono state realizzate cabine in cemento, un ampio parcheggio, un bar con punto ristoro, due campi da gioco (calcio e basket). Il Comune spiega che tutta questa area è stata occupata a seguito di un accordo verbale tra un imprenditore agricolo e lo stesso titolare dello stabilimento e che ora, a distanza di anni, ci sarebbe pure un contenzioso impiantato dagli eredi dell’imprenditore. Si tratta di situazioni limite sulle quali tuttavia non interviene nessuno nonostante l’ordinanze emesse dal Comune. I controlli scarseggiano e così ogni stabilimento balneare non in regola di fatto continua ad essere aperto ad eccezione di quelli che incappano nella rete dei carabinieri del Noe così come accaduto la scorsa settimana. Vi sono inoltre situazioni in cui pur potendo intervenire il Comune di Brindisi questo non avviene perché non ci sono fondi finanziari a sufficienza per ripristinare lo stato dei luoghi. E’ questo il caso della ex spiaggia della Provincia. Qui vi è una lunga lingua di sabbia e un’area sulla quale insistono vecchie cabine in cemento oramai diroccate.

In teoria, così come prevede la regola, bisognerebbe abbattere i vecchi ruderi, bonificare l’intera area e rinaturalizzarla. In pratica resta tutto com’è perché non vi sono fondi a sufficienza, la Regione Puglia finanzierebbe solo una piccola parte, quantificabile all’incirca intorno ai 20mila euro, una inezia rispetto al costo del lavoro necessario per restituire la spiaggia ai cittadini. Un vero peccato se si pensa che potrebbe diventare una spiaggia pubblica, persino attrezzata, un po’ come sta accadendo per Cala Materdomini. Tra l’altro il regolamento regionale prevede che tra uno stabilimento balneare e l’altro ci sia sempre un tratto di spiaggia libera ma a guardare bene l’intera zona di Apani troviamo punti in cui di stabilimenti balneari ve ne sono addirittura tre, uno “appicciato” ad un altro. Manco a dirlo lo stabilimento che occupa quella che dovrebbe essere una spiaggia libera è proprio uno dei tre stabilimenti privi di concessione demaniale. Se le regole fossero regole lo stabilimento in questione dovrebbe essere abbattuto, da quello che riferisce l’ufficio tecnico del Comune di Brindisi, non vi sarebbero neppure gli estremi per un condono.

Pezzuto Lucia per Il7 Magazine

1 Commento

  1. Ma si…giustamente . Solo a Brindisi si vede la litoranea così devastata dal ” nulla” Il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Quando mettete i divieti cercate di essere giusti e di porre rimedio . Invece divieti e abbandono ovunque, e il comune non finanzia le sue iniziative. Vergogna!

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