Spiagge libere di Brindisi senza bagnino, basta un cartello per “risolvere il problema”

BRINDISI – (da Il7 Magazine) Chilometri di costa e tante spiagge a libera fruizione dove però fare il bagno è a proprio rischio e pericolo. E’ la situazione nella quale si trova la litoranea nord di Brindisi dove insistono chilometri di costa non propriamente sicura. La recente ordinanza della Capitaneria di Porto di Brindisi riporta una serie di obblighi che in qualche modo dovrebbero garantire la sicurezza sulle nostre spiagge. L’articolo 5.1 dell’ordinanza n.34 del 2018 recita: “I titolari delle strutture balneari (sia che ricadono su aree demaniali marittime, che sulla limitrofa proprietà) e i Comuni, per le aree demaniali destinate alla libera fruizione devono assicurare il servizio di salvamento, nei periodi e con le indicazioni fornite dalla Regione Puglia”. Tradotto: dovremmo avere un bagnino per ogni spiaggia pubblica. Ma così non è. Basta fare un giro lungo la costa per rendersi conto che se da un lato abbiamo circa 25 stabilimenti balneari attrezzati, dall’altro vi sono lunghi tratti di litoranea completamente abbandonata a se stessa. Le spiagge a libera fruizione vanno da Materdomini sino a Giancola. Sono, giusto per citarne qualcuna, la spiaggetta vicino alla Conca, l’ex lido Poste, Acque Chiare, da non confondere con lo stabilimento posto sottosequestro, Giancola.

Su quest’ultimo tratto, Giancola, lunedì scorso, una mamma con i suoi due bambini ha rischiato di annegare. La donna, con i due bambini di 4 e 7 anni, dopo essersi tuffati non riuscivano a guadagnare la riva . Il mare li spingeva a largo e solo per un puro caso i tre sono stati notati dai bagnanti che si trovavano sull’arenile. Senza perdere tempo tre persone si sono tuffate in mare e hanno afferrato la signora con i bambini mettendoli in salvo. La prontezza di spirito di tre sconosciuti ha evitato il peggio ma il mare era agitato e tutto sommato anche questa gente ha rischiato la vita. Non è stato così fortunato Antonio Volpe, lo studente di 14 anni che tre anni fa annegò davanti allo specchio d’acqua dell’ex lido Poste. Il giovane morì tra i flutti dopo essersi tuffato con il fratello e gli amici. In quella circostanza i ragazzi che annaspavano tra le onde furono soccorsi da un bagnino di uno stabilimento privato che si trovava ad un centinaio di metri di distanza. Nonostante gli sforzi il bagnino, Teodoro Ostuni, dello stabilimento Lido Granchio Rosso, non riuscì a salvare la vita del giovane 14enne. Quando l’uomo si accorse dei ragazzi in difficoltà era già troppo tardi per Antonio Volpe. Forse se ci fosse stata una postazione di salvamento anche sulla spiaggia libera, un bagnino che magari osservava quei giovani fare il bagno, il 14enne sarebbe ancora vivo. Ma questa è solo un’ipotesi. Fatto sta, che la morte del 14enne quell’estate del 2015 portò nuovamente all’attenzione dell’amministrazione locale il problema della sicurezza in spiaggia. Il sindaco dell’epoca, Mimmo Consales, due giorni dopo la morte del ragazzo propose di attivare un servizio di volontariato con tanto di autoambulanze lungo il litorale libero. “Con i nostri volontari -disse il sindaco- potremmo predisporre un servizio di sicurezza su tutto il litorale con la presenza in loco anche di ambulanze, oltre che di tutti i servizi utili alla sicurezza e al primo intervento”. Di quelle buoni intenzioni, manco a dirlo, non se ne fece più nulla e le belle parole con il tempo sono state sostituite da un cartello che oggi campeggia proprio all’ingresso della spiaggia libera: “Attenzione!! Balneazione non sicura per mancanza di servizio di salvataggio”. In realtà il cartello ottempera al comma 4 dell’articolo 5 dell’ordinanza della Capitaneria di Porto che recita: “Nel caso in cui la Civica Amministrazione non possa provvedere ad attivare il servizio di salvataggio previsto dal precedente punto5.1, contestualmente all’apposizione sulle relative spiagge di adeguata segnaletica ben visibile agli utenti (redatta nelle lingue maggiormente conosciute dai frequentatori della spiaggia e/o della struttura balneare) con la dicitura “Attenzione balneazione non sicura per mancanza di apposito servizio di salvataggio” dovrà darne immediata comunicazione all’Autorità Marittima”.

Insomma a guardare la norma il Comune di Brindisi sarebbe anche in regola visto che il cartello c’è e con quello scarica l’intera responsabilità sul bagnante che se decide di fare un tuffo in mare lo farebbe a suo rischio pericolo. Del resto dall’amministrazione comunale nessuno fa mistero della situazione e con grande franchezza ammettono: “E’ vero siamo un po’ indietro rispetto a tanti altri comuni, ma non abbiamo le risorse per garantire un servizio di salvataggio”.

Il servizio di salvataggio, occhio e croce, costerebbe per una intera stagione balneare circa 30mila euro, meno di quanto costa allestire la festa patronale o i contributi per le iniziative dell’estate brindisina. Tre anni fa la cooperativa Salvare Acli, che fornisce il servizio di salvataggio nei lidi della litoranea nord di Brindisi presentò un preventivo di 36mila euro per garantire le postazioni con i bagnini sulle spiagge a libera fruizione. Il Comune anche in quell’occasione rispose che non c’erano fondi, quello fu l’anno in cui l’amministrazione con lo stesso budget finanziò due sfilate di moda e una festa di quartiere.

Oggi come allora per rendere sicure le nostre spiagge libere, quattro, le più frequentate, Punta Penne, ex lido Poste, Acque Chiare e Giancola, basterebbero otto bagnini in tutto, due per ogni zona, che si danno il cambio nell’arco della giornata. Otto bagnini per vigilare sui bagnanti, soprattutto in un mare per la maggior parte dei mesi agitato dal vento di tramontana e maestrale, caratteristici delle costa brindisina.

Il Comune di Ostuni, una delle mete turistiche più ambite, ha investito quest’anno su venti postazioni di salvataggio su altrettante spiagge a libera fruizione. Il servizio tende non solo ad ottemperare a ciò che prevede l’ordinanza ma anche a migliorare e valorizzare la costa.

“Il Comune di Brindisi con l’apposizione dei cartelli è in regola- dice il comandante della Capitaneria di Porto di Brindisi, Salvatore Minervino- poi contiamo sul buon senso della gente e sulla disponibilità dei bagnini che si trovano nei lidi attrezzati”.

In pratica i bagnanti dovrebbero evitare “di fare il bagno” mentre i bagnini dei lidi privati dovrebbero essere disponibili a intervenire se si verificasse una situazione di pericolo. La domanda a questo punto è semplice, ammesso che un cartello possa indurre i bagnanti a stare lontani dalle acque pericolose, se in caso contrario si verificasse più di una situazione di emergenza nello stesso momento, il bagnino del lido cosa dovrebbe fare?

“Io intervengo per il lido nel quale lavoro- dice Teodoro Ostuni- se due persone si trovassero in difficoltà qui e nella spiaggia libera vicina, è brutto dirlo, ma io devo intervenire prima qui”.

Quindi anche la teoria del bagnino del lido privato che getta un occhio sulla spiaggia libera e salva i bagnanti vicini non regge.

Non solo, alla mancanza di un servizio di salvamento sulla spiaggia a libera fruizione c’è anche il problema di una postazione di primo soccorso. Sul litorale nord di Brindisi non esiste più un presidio sanitario a differenza di quanto accade nei comuni turistici. Prima il più vicino era quello alla spiaggia dei vigili del fuoco, dove c’era anche l’ambulanza. Ora per le emergenze bisogna attendere che arrivi quella dall’ospedale Perrino.

Lucia Pezzuto

(per il7 Magazine)

2 Commenti

  1. Il mio commento del 30luglio non è stato pubblicato.Oggi in questo articolo avete ribadito e specificato quello che io ho detto.Abbiate il coraggio di pubblicare quello che dice la gente.I discorsi sono sempre gli stessi niente di nuovo….brava la giornalista

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