BRINDISI- (dal settimanale il7) Quattro ragazzini seduti al tavolo in un noto pub del centro storico di Brindisi, il cameriere passa e prende l’ordinazione. Pochi minuti dopo poggia sul tavolo un contenitore di plastica da circa un litro e mezzo: “Lo Shuttle”.
Lo Shuttle è una bomba alcolica per lo più a base di Vodka e Red Bull, i ragazzini riempiono i bicchieri e bevono. Hanno circa quindici anni, Francesco, Mario, Roberto e Simone festeggiano la fine della scuola e nessun adulto presente nel locale batte ciglio.
La diffusione dell’alcool tra i minori è uno dei fenomeni più allarmanti e spesso è alimentato dall’indifferenza degli adulti e dalla facilità con la quale i ragazzi hanno accesso alle bottiglie. Nei supermercati, nei bar, nei locali della movida, persino nelle feste organizzate dalla scuola, i ragazzini possono bere alcool e nessuno controlla la loro carta d’identità.
Vendere e somministrare alcool ad un minore è un reato penale ma in pochi si pongono il problema. Eppure la legge, è chiara: nel caso di vendita di bevande alcoliche a minori di 18 anni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1000 euro; nel caso di somministrazione di bevande alcoliche a minori di 16 anni, la sanzione è l’arresto fino a un anno; nel caso di somministrazione di bevande alcoliche a minori di 18 anni, ma maggiori di 16 anni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1000 euro. Per questo motivo tutti i gestori di esercizi commerciali e dei locali pubblici davanti ad un ragazzo dovrebbero sempre chiedere la carta d’identità ed accertarsi che si tratti di un maggiorenne.
“La carta d’identità ? ma sul serio- dice Simone- a noi non l’ha mai chiesta nessuno. Ma questa cosa non esiste, è come una di quelle leggende metropolitane. Qui ci veniamo sempre e non ci hanno mai fatto problemi”.
I ragazzi così continuano a bere e si dividono il cocktail. “Con questo ci facciamo più o meno tre bicchieri a testa. Ci divertiamo un po’ ma nessuno di noi si ubriaca per così poco”.
Il bere per questi ragazzi è una consuetudine, parlarne fa anche strano perché tra di loro farsi anche un cicchetto è normale.
“Venti euro, costa venti euro- sorride Roberto- lo paghiamo in quattro, cinque euro a testa che vuoi che sia, poi se ci va prendiamo anche qualcos’altro”.
I ragazzi bevono ma non mangiano nulla: “No, qui si viene solo per bere, beviamo e basta – continua Roberto- Al limite uno mangia prima. Beviamo soltanto. Qualche volta ordiniamo anche la grappa, è più forte della Vodka ma non sempre ce la danno. Però nessuno si ubriaca per così poco. Qui ci veniamo solo il fine settimana, il sabato e la domenica, non è come le feste. Lì si che bevi fino a sboccare”.
Stessa scena si ripete in un altro locale con i tavolini all’aperto, i ragazzi sono gettati un po’ ovunque. E’ mezzanotte e la movida è appena cominciata e tutti hanno un bicchiere in mano.
“Sto bevendo uno Stro – dice un ragazzino che ha appena terminato il primo anno dell’alberghiero- non lo so cosa c’è dentro ma so che è paragonabile alla grappa, ha più di 40°. E’ buono”.
Molti di questi ragazzini ordina da bere senza neppure sapere cosa ci sia dentro al bicchiere e non si fanno troppi problemi.
“E’ una questione di gusti- dice il ragazzetto- preferisco bere un cocktail perché è più buono della coca cola. Poi bere solo la sera non fa male e sono un tipo responsabile, io so quanto posso bere”.
I ragazzi si divertono così, scolandosi un bicchiere dietro l’altro ed anche se qualcuno comincia a mostrare gli effetti dell’alcool, tutti se la ridono e nessuno si pone il problema di come dovrà tornarsene a casa.
Giovani, giovanissimi si cercano di confondersi tra i ragazzi più grandi ma a guardarli non hanno più di 16anni.
“Noi chiediamo sempre la carta d’identità- dice il gestore di un noto locale alle spalle del Nuovo Teatro Verdi- c’è una sorta di accordo tra tutti i titolari dei locali, non serviamo alcolici ai minori. Poi può capitare che qualcuno faccia il furbo e chieda all’amico maggiorenne di prendergli un cocktail, ma non siamo certo noi a darglielo. Non è colpa nostra, mica possiamo controllarli tutti”.
Lucia Pezzuto
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