BRINDISI- (Da Il7 Magazine) “Se non ci fosse stato il posto in ospedale, e se solo avessi tardato di un solo giorno per me sarebbe stata la fine, non ce l’avrei fatta”. Ha ancora la voce molto bassa Dino Testini, segretario regionale della Cgil Puglia, parla a fatica. Dopo 18 giorni in ospedale ricoverato nel reparto di Malattie Infettive del Perrino è tornato a casa. “È stato come vivere un incubo – racconta – vivi costantemente con il terrore che possa essere un percorso senza ritorno. La paura di lasciare l’isolamento per finire in Terapia Intensiva è costante, e una volta che sei lì devi abbandonare tutto. La forza la trovi solo nella luce degli occhi del personale sanitario, dipendi da loro. Sono straordinari e non mi hanno mai fatto mancare il loro sostegno”.
Testini racconta di giorni difficili. “Sei in isolamento, dalla stanza si sentono solo persone tossire, gente gridare, piangere e nuovi pazienti arrivare, soprattutto di notte”.
Il segretario della Cgil ha 58 anni, vive a Brindisi e lavora a Bari, è il responsabile della sicurezza nel sindacato, è proprio lui che si occupa di far rispettare il protocollo sicurezza. È sempre stato molto attento e rigido nel far rispettare le disposizioni, eppure il Covid non lo ha risparmiato. “Penso di averlo preso dalle cose non dalle persone – spiega – forse al bancomat, ad una pompa di benzina, bisogna stare molto attenti. Circa 20 giorni fa ho avuto i primi sintomi, questi non vengono tutti insieme. Prima cominci a perdere l’olfatto o il gusto, poi inizi a sentirti debole, con dolori fortissimi ai muscoli e alle ossa, sino alle febbre. Il tutto avviene a distanza di due tre giorni. La febbre con la tachipirina prima diminuisce ,ma poi ritorna. Ti manca il fiato e inizi ad andare in apnea. È una sensazione bruttissima. Sembra di essere in un acquario e non riesci ad uscire. Quando provi a togliere la maschera per mangiare, hai solo fame d’aria, e devi rimetterla immediatamente”.
Le parole di Testini sono tutte per il personale sanitario del reparto Infettivi del Perrino. “È necessario riconoscere il grande operato di queste persone che rischiano la loro vita e quella dei loro parenti – dice – Sono instancabili, hanno bisogno di altro aiuto perché sono pochi. Intanto bisognerebbe anche regolarizzare i loro contratti, ci sono ragazzi precari che rischiano ogni giorno. Il personale è stanco rispetto alla prima ondata. Bisogna comprendere quella che si passa lì dentro, vorrei che lo vedessero i negazionisti e quelli che la fanno facile. Non è possibile dare la colpa sempre agli altri. Ho visto a Brindisi ristoranti stracolmi, con giovani in giro che non avevano neanche la protezione”.
Per il segretario quello che bisogna fare è soprattutto intensificare le cure domiciliari, il timore è che i malati di Covid possano essere abbandonati a casa. “Ci sono terapie – conclude – che si possono fare a domicilio così da evitare che la situazioni si complichi e si arrivi al ricovero. Quello che bisogna fare ora, è evitare tragedie”.
Lucia Portolano per Il7 Magazine
Commenta per primo