BRINDISI (da il7 Magazine) Il consiglio comunale c’è stato, il primo in presenza, dopo tre mesi dalla fine del lockdown. Niente giornalisti, né pubblico, per rispettare le misure di distanziamento, ma soprattutto niente discussione del bilancio di previsione 2020. Il 30 settembre era l’ultima data utile per l’approvazione del bilancio. Superato questo termine (c’era già stato un primo slittamento per il Covid) potrebbe arrivare la diffida del prefetto. Senza l’approvazione del bilancio di previsione è previsto lo scioglimento del consiglio. In realtà il ritardo c’era già stato lo scorso anno, con tanto di diffida della Prefettura. Ma ad oggi lo schema di bilancio di previsione non è neanche approdato in giunta. In questi casi il Testo unico degli enti locali prevede anche la possibilità dei consiglieri di maggioranza di chiedere al prefetto di nominare un commissario ad acta esclusivamente per questa materia. Legata al futuro del bilancio anche la nomina di un nuovo esecutivo. A quanto pare il sindaco Rossi non intende modificare nulla sino all’approvazione del documento economico finanziario. Sarà l’attuale giunta infatti a dover approvare il bilancio di previsione e non altre, sarà questa ad assumersi la responsabilità. Solo dopo ci sarà la nomina dei nuovi assessori.
La situazione finanziaria dell’ente è alquanto difficile. Il disavanzo è troppo grande da colmare, e l’amministrazione comunale a guida Rossi dovrà adottare importanti scelte politiche amministrative. Scelte che devono essere compatibili con il piano di rientro ventennale che la maggioranza ha approvato a inizio anno con tagli, riduzioni dei servizi e vendita del patrimonio. Ed è proprio sulla base di quel piano di riequilibrio che arrivano i pareri negativi del dirigente agli Affari finanziari Simone Simeone in merito alla proroga di servizi, e o di altre spese per le quali l’amministrazione aveva previsto 8 mesi fa il taglio per almeno il 20 per cento, con la sospensione di alcuni questi. In ogni atto Simeone ricorda al sindaco e compagni il rispetto del piano inviato alla Corte dei conti. È stato lo stesso assessore al Bilancio Cristiano D’Errico che qualche giorno fa ha reclamato la necessità dei tagli. D’Errico ha fatto un discorso più ampio, ha parlato delle difficoltà per il Covid e dei mancati introiti dovuti alle conseguenze della pandemia, ma ha anche precisato che: “Bisogna ripensare la spesa dell’ente in termini di efficacia ed efficienza eliminando spese improduttive ed inique a favore dei settori più fragili della città coinvolgendo tutti, sindacati, mondo della associazionismo, cittadinanza attiva”.
Tutto si può dire salvo che questo sia stato un bilancio partecipato, ora più che mai necessario visto i risvolti sociali della pandemia. D’Errico chiede aiuto al Governo, ma afferma anche che “Il Comune di Brindisi da parte sua deve operare una revisione della spesa; non una spending review sterile caratterizzata da un semplice taglio ragionieristico ma da una revisione che passi attraverso una misurazione responsabile dei bisogni”. L’assessore al Bilancio mentre afferma questo sa benissimo che in quell’azzeramento di giunta c’è anche e soprattutto la sua testa.
Ed intanto spulciando tra i pareri negativi o mancanti dei Servizi Finanziari salta agli occhi una particolare situazione che riguarda la realizzazione e la gestione del futuro palaeventi. Il dirigente ha dato parere positivo con riserva in merito ai 750mila euro che il Comune dovrà spendere per le opere di urbanizzazione (unica spesa accollata al Comune). Al momento mancherebbe la copertura finanziaria di almeno 250mila euro, perché mentre 500mila euro saranno coperti con i residui di mutui accesi negli anni passati, la restante parte sarà attinta dalla vendita del patrimonio immobiliare dell’ente. Quindi i soldi saranno realmente disponibili solo quando il Comune riuscirà a vendere qualcosa. Ma a quanto pare il problema non è questo. Nella procedura manca un atto importante. Si tratta del parere di congruità del dirigente del settore Finanziario, cioè quel parere che attesti la congruità tra la cifra proposta dal proponente, cioè il privato, che in questo caso è di oltre 16milioni di euro e la reale spesa per la realizzazione delle opere con il conseguenziale utile. Questo serve per verificare se c’è un maggiore utile che il privato non ha dichiarato. Nelle amministrazioni pubbliche per le opere realizzate in parternariato pubblico privato bisogna dimostrare la congruità tra costi dichiarati per l’investimento e i relativi ricavi. Si tratta di una verifica importante. In questo caso in un primo momento era stato chiesto un parere a Simeone, il quale aveva chiesto alcuni dati per poter attestare che il costo della realizzazione proposto dal promotore fosse un costo reale e non teorico, ma i dati non stati forniti. E così il dirigente ha sottolineato l’impossibilità di esprimere un parere a causa della mancanza degli elementi richiesti. Il bando è stato così pubblicato sulla base della proposta del proponente. Al momento quindi non si conosce se c’è congruità tra quel costo e l’utile.
Intanto al Comune si attendono le ulteriori offerte. Ma il raggio di azione è molto limitato, i requisiti sono stringenti. Il bando tra le altre cose prevede che può presentare un’offerta chi ha un fatturato globale medio annuo relativo alle attività svolte negli ultimi 5 anni non inferiore al 10 per cento dell’investimento previsto per l’intervento, pari a 1.631.912,16 euro; un capitale sociale non inferiore ad 1/20 dell’investimento previsto per l’intervento, pari a 815.956,08 euro; e di aver svolto negli ultimi cinque anni di servizi analoghi a quello previsto dall’intervento per un importo medio non inferiore al per cento. Per servizi analoghi si intende la gestione di impianti sportivi aperti al pubblico con caratteristiche analoghe a quelle oggetto del presente bando. In poche parole può partecipare solo chi negli ultimi cinque anni ha già gestito un palazzetto.
Lucia Portolano
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