INTERVENTO/ Pronto Soccorso perennemente intasato con barelle addossate le une alle altre, con pazienti che attendono ore interminabili per poter ricevere le cure del caso e magari un referto specialistico che non arriva mai perché si è perso (ho registrato personalmente la cosa: due episodi a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro).
Acqua che piove nei reparti raccolta con i secchi mentre fuori si fa una ristrutturazione della facciata (o “di facciata??”).
Dipendenti della Sanita Service che dopo tante battaglie per l’internalizzazione rischiano di essere esternalizzati nuovamente come se fossero in un girone dantesco.
Infermieri che fanno ciò che non dovrebbero fare per supplire la carenza di organico e di personale OSS.
Liste d’attesa interminabili.
A tutto questo si aggiunge un piano di riordino ospedaliero capotico che invece di migliorare l’assistenza non affronta la penuria di posti letto che è di 2,7 ogni mille abitanti mentre la media nazionale è di 3,7 e quella europea è di 5,1. E per nascondere la polvere sotto il tappeto si celebrano affannose inaugurazioni farlocche di strutture sanitarie che hanno tanto il sapore elettoralistico.
Se questo è il quadro (e purtroppo è questo) è difficile parlare di sanità come welfare che dovrebbe per definizione tendere a migliorare lo stato di salute di una popolazione; e quando i pazienti sono costretti a migrare (quelli che possono permetterselo) verso regioni più virtuose ed efficienti oppure a rivolgersi alle strutture private dove le liste di attesa, non si sa perché, non sono mai lunghe, allora vuol dire che il sistema si è inceppato e non riesce più a garantire un diritto costituzionale fondamentale, non a tutti.
Eppure basterebbe poco: la volontà politica di pensare un piano di riordino ospedaliero coerente con le esigenze del territorio e capacità manageriali – organizzative appena sopra la media.
Si riuscirebbe così a fermare un’emorragia che ogni anno costa ai cittadini della Regione Puglia oltre 300 milioni di euro, legata per l’appunto alla mobilità passiva indotta anche dai disservizi, dalla scarsità di risorse umane che costringe medici infermieri e personale di servizio a fare salti mortali; in alcuni casi senza la certezza del futuro, come sta accadendo ai lavoratori della SanitaService.
Ma soprattutto si riuscirebbe a garantire un’assistenza sanitaria degna di un Paese che ha fatto sino a pochi anni fa del welfare e della tutela della salute un punto fermo della propria carta costituzionale, un diritto garantito a tutti senza distinzione di classe o di reddito.
Cristiano D’Errico
Coordinamento Liberi E Uguali
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