Quando Caiati convinse i proprietari a vendere a Montecatini. La storia del Petrolchimico, terza puntata

LA STORIA- Come detto nelle precedenti puntate,   il Petrolchimico di  Brindisi, secondo le intenzioni di Montecatini, doveva essere uno dei maggiori e più moderni di Europa. A pieno regime avrebbe avuto 29 impianti di produzione ed occupato, tra personale diretto e personale di impresa, 5500 lavoratori. Sarebbe sorto su una estensione di 700 ettari, quattro volte le dimensioni della città a quel tempo.

L’acquisizione dei suoli creò tuttavia  non poche difficoltà, per l’opposizione dei proprietari delle aree agricole nel territorio di Fiume Grande, oltre  un centinaio, che rifiutarono in gran numero le misere offerte di acquisto di Montecatini. Il problema fu risolto con il solito, autorevole intervento dell’on. Giulio Caiati. Ci pensò lui a convincere i capi della Gestione Patrimoniale Montecatini ad aumentarle in modo consistente. Esse  passarono infatti dalle  iniziali 50 lire a metro quadro a 600 lire, e  furono largamente accettate.

 Francesco Lenzi, un geometra brindisino che partecipò ai lavori di costruzione, così  ricorda  Fiume Grande ed il litorale circostante  prima della costruzione della  Cattedrale  :

 “La spiaggia  di Fiume Grande era un paradiso. L’arenile iniziava  dalla foce del fiume e si stendeva fino alle isole Pedagne proseguendo sulla costa verso oriente. La sabbia era dorata, scorreva sottile tra le dita delle mani. Molti di Brindisi, specialmente giovani, sceglievano il luogo per le loro scampagnate, in particolare  la mellonata. Per arrivarci non c’erano mezzi, bisognava farla a piedi o in bicicletta; automobili ne circolavano poche; comunque, di ferragosto, era un classico arrivare fino a Fiume Grande. Non mancavano ardimentose gite in barca che si spingevano fino alle Pedagne. Con l’alta marea il mare entrava spesso nel terreno, stagnando,  generando conche, paludi, canneti, una vera e propria laguna ricca di vegetazione e di animali, specie volatili che alla stagione richiamavano frotte di cacciatori. L’area che era stata scelta per costruire il palazzo della Direzione era una depressione palustre che fu necessario ricoprire con materiale di risulta e terra proveniente da ogni parte. Ogni mattina  30-40 camion sostavano prima del ponte per venire a scaricare il materiale destinato a cancellare la laguna …”.

 Dopo questo breve e  nostalgico  ricordo, comune ai brindisini della mia generazione, val la pena proseguire  con il racconto della costruzione del Petrochimico .

La  recinzione  si snodava per 12 chilometri. Per livellare il suolo  vennero rimossi due milioni di metri cubi  di terra,  pari al carico di 150 mila carri ferroviari: un treno lungo da Milano a Reggio Calabria. La rete stradale interna occupava 58 chilometri ed il raccordo ferroviario 28 chilometri. A diverse profondità erano interrate tubazioni di ogni genere, in cemento, metallo, materie plastiche, per un totale di 230 chilometri (dati tratti da una  pubblicazione aziendale dell’epoca, La Montecatini a Brindisi).

 Il layout  e la collocazione dello stabilimento, posto su un tratto di costa  adriatica sporgente verso il mare a sud della città di Brindisi,  tra Capo di Torre Cavallo e Fiume Grande, con venti prevalenti di nord-est, erano considerate da Montecatini condizioni logistiche ed ambientali ottimali rispetto agli altri suoi stabilimenti petrolchimici in Italia, quasi tutti sorti  in aree ristrette, a ridosso degli insediamenti urbani (Porto Marghera, Mantova, Ferrara ).

 Dimensioni grandiose avevano il parco serbatoi ed  il bacino di raccolta delle acque industriali. Proprio verso quest’ultimo veniva convogliato il corso modesto, a dispetto del nome, di Fiume Grande.

 Un problema importante da risolvere, tra i primi, fu l’allacciamento tra il complesso industriale ed il punto di arrivo della materia prima: il petrolio . A tal fine fu costruito un oleodotto che si spingeva per un chilometro al largo della costa, dove l’acqua, profonda almeno 20 metri permetteva l’ancoraggio delle navi cisterna di qualsiasi tonnellaggio.

 Particolare attenzione fu dedicata agli aspetti architettonici nella costruzione degli edifici per usi civili: la palazzina della direzione, la mensa e le portinerie, che  furono progettate da un famoso architetto. Ancor oggi, dopo tante traversie, queste strutture mantengono  inalterata la loro efficienza ed eleganza.

 Ma per comprendere meglio la complessità dell’opera, penso sia utile riassumere, in  rapida sequenza, le principali tappe  della costruzione di quella che  i critici della industrializzazione forzata ed assistita del Mezzogiorno di Italia  continuavano a definire una  Cattedrale  nel Deserto .

I primi rilievi nell’area del possibile insediamento iniziarono   nell’Agosto del 1958. Nel settembre 1959 iniziarono gli scavi per le fondazioni dei fabbricati e si insediarono le imprese edili e meccaniche addette alla fabbricazione e montaggio degli impianti .

  • I lavori di  maggior mole vennero effettuati tra l’estate  e l’ autunno del 1960, quali le opere a mare, la costruzione della centrale termoelettrica e le fondazioni per il primo impianto di topping  .
  • Nell’inverno del 1961 fu realizzato il tracciato di una nuova strada, larga 10 metri ( l’attuale Viale Enrico Fermi ), che doveva collegare la periferia della città con lo stabilimento e venne aperta al traffico nel luglio 1961.
  • Sempre nel luglio del 1961  entrò in funzione il raccordo ferroviario. L’ enorme massa di materiali occorrenti per la costruzione degli impianti poteva così facilmente affluire  su autocarri  o con  lunghi treni  direttamente nel  cuore della fabbrica.
  •  Nell’autunno dello stesso anno vennero  completati e messi in funzione l’acquedotto e la centrale termoelettrica .
  • Nella primavera del 1962 fu portato a compimento il grande parco dei serbatoi petroliferi: il petrolchimico era così in grado di ricevere ed immagazzinare la materia prima fondamentale, la virgin nafta.

 Superata questa  complessa e grandiosa  fase di costruzione, la Cattedrale iniziò a prender vita .

  • Nel marzo 1962, a  tre anni dalla posa della prima pietra, avvenne il primo scarico di greggio proveniente dal Golfo Persico, trasportato dalla Agostino Fassio, una petroliera di 20.000 tonnellate. A distanza di pochi giorni giunse il secondo carico, poi  gli arrivi si succedettero  a ritmo accelerato ed interrotto .
  • Nell’aprile del 1962 entrò in marcia il primo impianto, quello di      ” topping” per il frazionamento del greggio.
  • Il mese seguente cominciò a funzionare il molo: ad esso attraccavano navi di portata minore ( dalle 1000 alle 12000 tonnellate ), per il caricamento di benzina ed  olio combustibile ed  prodotti liquidi e gassosi, destinati alle lavorazioni di altri stabilimenti italiani , oppure alla vendita.
  • Nei mesi successivi, a ritmo serrato, vennero avviati gli impianti  per la produzione delle polietilene, del metanolo, del polipropilene, del butadiene, del cloro, dell’acetilene.

Brindisi, che  aveva  allora 70.000 abitanti, non  era però in grado di fornire una serie di servizi essenziali e soddisfare le esigenze di un elevato numero di maestranze concentrate nella zona industriale. Montecatini fu pertanto costretta a provvedere direttamente, e lo fece, per quei tempi, con ampiezza di vedute e di mezzi, questi ultimi  quasi totalmente a carico della Cassa del Mezzogiorno.

Furono costruiti lungo la strada che conduce ancor oggi dal centro urbano alla zona industriale due villaggi aziendali con complessivi  225 alloggi ( Villaggio  S. Pietro e  Villaggio S. Paolo ) . Ogni alloggio era provvisto di tre o quattro stanze e di tutti i servizi . Le due torri a nove piani del villaggio S. Pietro erano agli inizi degli anni ‘60 i più alti edifici della città e mantennero a lungo le caratteristiche di design avanzato, efficienza e funzionalità. Soltanto a tre piani, erano invece le costruzioni del villaggio S. Paolo, fornite tuttavia  di tutti i servizi commerciali di primaria importanza.

Altre abitazioni unifamiliari furono costruite nelle vicinanze dello stabilimento, direttamente sul mare, per ospitare i tecnici, i capi reparto, i dirigenti , quasi tutti provenienti da altre regioni e  reperibili 24 su 24 per poter fronteggiare qualsiasi evenienza tecnico-produttiva.

Sempre nelle vicinanze del Petrolchimico fu costruita una moderna foresteria, con annessi mensa, spaccio e bar,  a disposizione dei tecnici di altri stabilimenti  in missione a Brindisi e per le numerose delegazioni di visitatori.

All’avanguardia erano anche i servizi realizzati all’interno del Petrolchimico, a partire dalla palazzina direzione, che aveva il profilo del ponte di comando di una nave. Moderni ed efficienti erano l’edificio che ospitava  l’infermeria, le  portinerie, gli immensi piazzali per il parcheggio degli automezzi.

Con dotazioni tecniche,uniche in Italia a quel tempo, era la mensa aziendale, in grado di servire migliaia di pasti self-service per tutti i dipendenti della Montecatini e per il personale delle imprese operanti all’interno del Petrolchimico. Completavano l’insieme dei servizi i grandi capannoni ospitanti le officine, il moderno parco antincendio, i magazzini materiali tecnici , i magazzini per la conservazione delle materie prime e dei prodotti finiti .

 Tutti questi impianti ed infrastrutture erano  realizzati quando, agli inizi del 1963, Antonio Segni, divenuto nel frattempo Presidente della Repubblica, tornò a Brindisi per l’ inaugurazione ufficiale del Petrolchimico, affiancato dall’onnipresente on. Giulio Caiati e dal sindaco in carica, Vitantonio Bruno .

 Vale la pena ricordare che nello stesso anno, a maggio, venne avviata a Brindisi la  Bentler, una fabbrica per la produzione di tubi , ancora oggi esistente. Non possiamo escludere che la scelta del sito da parte di una società tedesca fosse favorita  dell’imponente processo di industrializzazione già avviato da Montecatini .

 Noi studenti iscritti ai primi corsi dell’Istituto Tecnico Industriale “G. Giorgi” , passato in pochi anni da  38  a 1200 iscritti,  con sedi distaccate a Ostuni e Francavilla, Ceglie Messapico, alla vigilia del diploma,  seguivamo  con interesse ma anche con qualche ansia la rapida crescita del petrolchimico e la messa in marcia dei primi impianti. Eravamo   preoccupati che potessero ridursi o addirittura svanire  le nostre speranze di occupazione, tenuto conto che negli  anni precedenti  Montecatini aveva trasferito a Brindisi centinaia di laureati e diplomati tecnici provenienti da altri stabilimenti, avendone necessità, ed in carenza di  laureati e tecnici locali. Gli eventi successivi mostrarono che la nostra non era una preoccupazione  infondata.

 Intorno alla cattedrale, in città, c’era comunque molto entusiasmo. Migliaia di  giovani  avevano già trovato occupazione, anche se erano per lo più andati ad occupare posizioni di lavoro ai livelli più bassi dell’organizzazione aziendale.

 L’insediamento di Montecatini determinò per altro fenomeni di diffusa migrazione dai settori tradizionali di impiego manovale, come l’agricoltura, l’artigianato e l’ edilizia verso l’industria che contribuirono a modificare la cultura, il sistema di relazioni, i consumi nella città capoluogo e nei comuni della provincia.  Ma a questo tema complesso  dedicheremo una successiva, più ampia riflessione .

Giuseppe Antonelli  (continua)

6 Commenti

  1. Forse è una leggenda metropolitana, ma si racconta che Caiati speculò sull’acquisto dei terreni a poche lire per poi rivenderli alla Montecatini con grossi guadagni.
    C’è qualcuno che ne sa qualcosa?

  2. Hai ragione Mariano, con i nomi mi confondo spesso, tu lo sai, anche con quelli del santi. Racconterò comunque ancora altri pezzi importanti di questa storia ….

  3. Buonasera dott Antonelli, ho letto con piacere l’articolo, veramente ben fatto, ho rivissuto alcuni ricordi della mia giovinezza…la spiaggia di Fiume Grande, Le Pedagne, il CRAL così attivo dove ogni estate c’erano incontri di basket, serate danzanti etc etc.Abito nel villaggio S Pietro dal 1962, ho vissuto le vicissitudini del petrolchimico di riflesso perché vi ha lavorato mio padre e mio suocero, c’è una piccola correzione da fare i grattacieli sono nel villaggio SPaolo.Aspettero’ il prossimo articolo, intanto la saluto
    Con affetto
    Fasulo mariano

  4. Un grazie al dott.Antonelli, che ha dato “forma” a una Brindisi che non c’e’più, ma che rivive in questo bellissimo racconto.

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