BRINDISI – A Brindisi e in provincia il primo maggio sarà celebrato con diverse celebrazioni ed iniziative da parte dei Comuni e sindacati, affrontando temi sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Una nota dolente che giunge da Cgil, Cisl e Uil è che gli infortuni sul lavoro sono in aumento.
Sicurezza: il cuore del lavoro, è lo slogan che quest’anno accompagna la festa del Primo maggio. Una giornata che Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di dedicare, appunto, al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e che condivideranno con tutti coloro che si sentono vicini a questi temi e vorranno affrontarne la discussione presso il Comune di Francavilla Fontana.
“Gli infortuni sul lavoro tornano a crescere. – si legge nella nota condivisa dai sindacati – Non si può morire di lavoro. Lo diciamo da tempo ma lo ribadiamo con ancora maggiore forza dopo la vera e propria escalation di morti bianche che ha caratterizzato questo inizio 2018’. La sicurezza sul lavoro è diventata infatti una vera e propria emergenza in tutto il Paese, come dimostrano le notizie di cronaca sia nazionale che locale che quasi quotidianamente riferiscono di infortuni, anche gravi e addirittura mortali”.
“Si parla di oltre 160 Uomini e Donne condannati a morte per aver scelto di esercitare un loro diritto costituzionalmente sancito, quello al lavoro. Nel 2017 si lamentava un incremento delle morti bianche pari all’1,1% rispetto all’anno precedente, ed a fine anno si erano registrati 1029 decessi. Pertanto, siamo di fronte ad una emergenza che va affrontata mettendo in campo una strategia nazionale e interdisciplinare. La sicurezza e salute sul lavoro sono diritti essenziali in tutti i Paesi del mondo, motivo per cui non si può e non si deve morire di lavoro”.
Antonio Macchia, segretario generale Cgil sottolinea che “Il nostro territorio è fortemente penalizzato da una crisi economica che non è possibile sradicare se non con l’impegno politico di tutti. Questa crisi genera da sempre lavoro irregolare e lavoro molto poco sicuro, talvolta la stessa mancanza di sicurezza sui posti di lavoro è strettamente connessa al tema della disoccupazione, poiché ci si adatta a tutto pur di lavorare. Non c’è dubbio che la pletora di giovani senza lavoro e le morti bianche siano a loro modo due grandi problemi del nostro territorio. Ma questo gap non deve renderci doppiamente vittime, dobbiamo alzare la testa e reagire alla inesatta e talvolta inesistente applicazione della L81/08”.
La Cgil è stata felice protagonista della battaglia compiuta a favore della Legge sul Caporalato, fenomeno presente soprattutto nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia e che consiste nel reclutamento, da parte di soggetti spesso collegati con organizzazioni criminali, di lavoratori che vengono trasportati sui campi o nei cantieri edili per essere messi a disposizione di un’impresa.
I lavoratori sono spesso persone in grande difficoltà economica e immigrati irregolari senza permesso di soggiorno: queste persone, che si trovano in una posizione molto debole, vengono pagate pochissimo, fanno lavori con turni lunghi e faticosi e non ricevono alcuna delle tutele della L.81/08.
L’81/08 è un testo normativo importante, perché recepisce una serie di direttive a livello europeo: se infatti la Comunità europea ha iniziato negli anni ‘70 a emanare direttive, l’Italia ha impiegato svariati lustri per recuperare il ritardo.
Secondo gli ultimi dati disponibili rilevati dall’Open Data INAIL, in Italia nel 2017 le denunce d’infortunio sul lavoro sono state 635.433 (a fronte delle 636.812 del 2016 con variazione rispetto al 2017 del -0,21%), ben 1.029 quelle relative ai casi con esito mortale (a fronte delle 1.018 del 2016 con una variazione rispetto al 2017 dell’1%) e 58.129 quelle riguardanti le malattie professionali (a fronte delle 60.347 del 2016 con una variazione rispetto al 2017 del -3,6%).
Il 9 aprile 2018 il TU sulla salute e sicurezza sul lavoro ha compiuto dieci anni – quale risultato della combinazione delle disposizioni dei decreti legislativi n. 81/2008 e n. 106/2009 –e continua ad essere in Italia il punto di riferimento normativo in materia.
Tuttavia, pur contenendo la massima parte delle disposizioni prevenzionistiche applicabili, il T.U. non può definirsi esaustivo dell’intera materia né un corpo normativo consolidato, sia perché oggetto di continue modifiche, sia perché prevede molti provvedimenti di attuazione.
A tal proposito, a dieci anni dalla emanazione, il suo processo di attuazione non è stato ancora completato.
Dalla Relazione sullo stato di applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul possibile sviluppo, che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha trasmesso il 10 gennaio 2017, emerge infatti che sono ancora una ventina i provvedimenti da attuare e alcuni riguardano materie anche di grande rilievo.
Tra tutti ad esempio il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, disciplinato dall’art. 27 del d.lgs. n. 81/2008 che – eccetto il caso degli ambienti confinati per i quali il sistema ha cominciato ad operare positivamente con il DPR 177/2011, e il settore della sanificazione del tessile e dello strumentario chirurgico per la qualificazione del quale è stata predisposta la bozza di un DPR – è rimasto lettera morta per tutti quei settori ad alto tasso infortunistico, ovvero caratterizzati da forti complessità organizzative e da gravi fenomeni di concorrenza sleale.
Tra i provvedimenti inattuati, emerge anche quello relativo all’attuazione dell’articolo 52 del Testo Unico, decreto a sostegno della pariteticità e della bilateralità. Tale provvedimento risulta importante ove si consideri il ruolo strategico a sostegno del sistema della pariteticità, quale fondamentale strumento messo in campo, ai sensi del d.lgs. n. 81/2008, dalle parti sociali in attuazione degli accordi interconfederali sottoscritti dalle organizzazioni nazionali più rappresentative in ambito sindacale al fine di dare alla politica di prevenzione un valore aggiunto, soprattutto per le piccole, medie e micro imprese.
Questo complesso di norme inattuate produce effetti negativi; in primis l’assenza di tutela per i lavoratori, parallelamente profonde incertezze nella gestione della prevenzione da parte dei datori di lavoro.
Peraltro è da sottolineare come alla incompleta attuazione del d.lgs. n. 81/2008 si sia affiancata negli ultimi anni la proroga di termini relativi a svariati provvedimenti.
È altresì doveroso, rilevare come, a dieci anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81/2008, sia ancora oggi possibile individuare prospettive di semplificazione, riordino e razionalizzazione delle sue disposizioni.
In tal senso né il decreto “del fare” (d.l. n. 69/2013) né le varie riforme del mercato del lavoro sembrano aver dato un contributo significativo all’auspicato processo di semplificazione e al conseguente innalzamento del livello di efficacia e di effettività delle tutele.
Pertanto, anche il Jobs Act, che con i suoi decreti attuativi intendeva modificare direttamente e indirettamente la normativa sulla sicurezza sul lavoro, può considerarsi un’occasione persa non essendo riuscito ad affiancare obiettivi di semplificazione e razionalizzazione a quello di completamento del relativo quadro normativo.
Per tutte queste motivazioni, anche nella nostra provincia, CGIL, CISL e UIL ribadiranno dai palchi delle manifestazioni l’impegno per la legalità, il lavoro regolare e di qualità, la difesa delle condizioni di vita delle persone, lo sviluppo socialmente e ambientalmente compatibile. E ribadiranno a gran voce che non è giusto morire a causa del lavoro, che non ci si può ammalare sul posto di lavoro e che non si può e non si deve accettare di lavorare in condizioni pericolose o rischiose.
(Foto da internet)
BrindisiOggi
Commenta per primo