Prima settimana di saldi: giù i consumi rispetto al 2013

BRINDISI – A 7 giorni dall’inizio dei saldi estivi è già tempi di bilanci. Parziali, naturalmente, ma la statistica è una scienza fatta di numeri e la Confesercenti di Brindisi, guidata dal presidente Antonio D’Amore, ha raccolto già i dati per analizzare il trend rispetto a quanto sta succedendo nei negozi che espongono sulle vetrine la scritta “Saldi”. Il quadro che esce dall’analisi presenta più luci che ombre ma mai dire mai, le promozioni sono solo agli inizi e il tempo per recuperare il terreno perduto c’è. L’incognita maggiore rimangono, quindi, le disponibilità economiche dei consumatori.

«Prima di imbarcarci in analisi e statistiche – spiega D’Amore – bisogna fare una distinzione all’interno della categoria dei negozi d’abbigliamento, quelli presi in considerazione dai numeri dei saldi: bisogna distinguere tra i negozi “classici”, quelli che vendono abiti e accessori da cerimonia, e quelli più “sportivi”, quali possono essere le jeanserie e affini. Questa separazione è necessaria se si vuol fare un’analisi fondata su qualche contenuto». Secondo quanto raccolto e studiato da D’Amore, infatti, i dati cambiano in maniera sensibile a seconda della categoria di negozio presa in  considerazione.

Il trend della prima settimana di saldi vede un netto -5% che sale a punte di -20% se si sposta l’attenzione sui negozi cosiddetti “classici”. Il motivo di questo ennesimo calo è presto detto: la moda non è più un’esigenza ma un desiderio e, in quanto tale, può essere messo da parte in attesa di tempi migliori. Se, ad esempio, una volta si compravano ai saldi 4 capi perché piacevano, ora se ne comprano 2 perché se ne ha bisogno. Certo, il fenomeno non è così semplice da descrivere e affonda le sue radici in un substrato socioeconomico molto più complesso. Le previsioni per questo periodo di promozioni erano più ottimistiche di quanto non si sia registrato nella prima settimana di attività ma non tutto è perduto. Gli operatori del settore sperano che sia cambiato, al pari coi tempi, anche il modo con cui i consumatori si approcciano alle svendite: se, infatti, una volta si prendevano d’assalto i negozi nelle primissime ore per riuscire ad accaparrarsi la merce migliore, ora potrebbe darsi che l’affluenza agli scaffali degli esercizi, complice l’onnipresente e perdurante crisi, sia spalmata per tutta la durata dei saldi, permettendo così ai commercianti di recuperare quanto perso in questi primi 7 giorni e anche qualcosina prima.

Già, perché, se è vero che si è perso dal 5% al 20% degli acquisti nella prima settimana di svendite, è vero anche che il trend negativo va avanti da molto tempo: restando agli ultimi mesi, a partire da marzo fino ad arrivare a luglio, la bilancia dei consumi nei negozi d’abbigliamento ha segnato un pesante squilibrio verso il negativo, con la perdita media mensile del 15%. Un’unica, per certi versi, sorprendente eccezione si registra a maggio nei negozi classici: il segno s’inverte e le vendite vedono un incoraggiante +5%. «Non è un caso – spiega D’Amore – Maggio è un mese pieno di eventi familiari e cerimonie che sanciscono la necessità dell’acquisto di un abito elegante. Questo bisogno spinge in alto i consumi che, non appena perdono l’ancora di salvezza rappresentata da questi eventi, tornano a deprimersi». Non tutto è perduto, però: i saldi sono appena cominciati, c’è tutto il tempo per recuperare e invertire il trend. Certo, se i consumatori avessero qualche soldo in tasca in più, fare previsioni rosee sarebbe un po’ più semplice.

Maurizio Distante

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