BRINDISI- A quattro anni di distanza Pierfrancesco Favino torna a Brindisi, al Nuovo Teatro Verdi. L’appuntamento è martedì 22 gennaio (ore 20.30) con l’atto unico del drammaturgo e regista francese Bernard-Marie Koltès «La notte poco prima delle foreste», per la regia di Lorenzo Gioielli. Il monologo, scritto nel 1977, racconta l’incontro di due anime che vagano nella notte, straniere ed emarginate. L’attore di origini pugliesi ne aveva ripreso un frammento lo scorso anno al Festival di Sanremo riscuotendo unanime consenso e indistinta approvazione. Con questa interpretazione Favino ricorda Akdo, il clochard buono, ucciso un mese fa.
In un angolo buio di un centro urbano qualsiasi, c’è un uomo che non sa dove andare, zuppo di pioggia e con un enorme desiderio di comunicare, di stabilire un contatto umano nonostante le condizioni subumane di sopravvivenza in cui è costretto a vivere.
Favino gli dà un accento straniero, a volte sembra dell’Est, serbo o balcanico, a volte del Sud più profondo. Si sente l’Africa, anche. Si vedono i migranti. Gli ultimi. I reietti. Il suo interlocutore non appare mai in scena. Può essere chiunque, ciascuno di noi, o addirittura frutto dell’immaginazione del personaggio che rimane in scena, in piedi, fino alla fine. Lo spettacolo è un monologo interiore alla Joyce, un manifesto della condizione umana contemporanea, quella che vive tra le pieghe della banlieue, della grande città indifferente, dove una umanità varia e sola insegue un contatto umano.
Nell’incontro con l’interlocutore, il personaggio rivela la sua condizione di eterno straniero. Non si sente a casa da nessuna parte, in nessun luogo del mondo. Al bar, dove incontra altri uomini, altre solitudini nomadi, con le donne della notte, nella violenza delle gang che peregrinano per la città. Attualità che riaccende il ricordo di Aldo, un clochard barbaramente ammazzato meno di un mese fa a Palermo, un’anima “prima” che ha lasciato a Brindisi, su una “qualsiasi” panchina in corso Umberto, un pezzo della sua storia e della sua umanità.
Il monologo è un invito a leggere la poesia del quotidiano, a mantenere vivo il desiderio di vivere incontri e fare di ogni secondo dell’esistenza un atto di ricostruzione di un mondo in permanente manutenzione. E mentre il protagonista senza nome espone le sue tesi sul mondo, il monologo riavvolge un filo sottile che sta alla base di tutto: la sua ricerca ostinata della bellezza.
«Mi sono imbattuto in questo testo un giorno lontano – ha raccontato Favino – e mi sono fermato ad ascoltarlo senza poter andar via: una calamita. Da quel momento vive con me e io con lui. Mi appartiene, anche se ancora non so bene il perché. È uno straniero che parla in queste pagine. Non sono io, la sua vita non è la mia eppure mi perdo nelle sue parole e mi ci ritrovo come se lo fosse. Il suo racconto mi porta in strade che non ho camminato, in luoghi che non ho visitato. Come un prestigiatore fa comparire storie di donne, di angeli incontrati per caso, di violenze e di paura di ciò che non conosciamo. Forse è anche a questo che serve il teatro e mi auguro di riuscire a portarvi dove lui porta me».
Bernard-Marie Koltès, autore francese tra i più importanti del Novecento, prematuramente scomparso a 40 anni, ha creato un testo che ha fatto “scuola”, da modello a ciò che simboleggia la “precarietà” della vita. Sempre in bilico fra dolore, marginalità e spiragli illusori di felicità.
Come in un girone infernale, contrappuntato da stridori e incredulità, Favino dipana il suo racconto facendo ogni passo come se l’inganno, l’imboscata, l’agguato fossero lì, dietro l’angolo. Lo straniero che non conosciamo lancia i suoi segnali di fumo, forse l’ultimo SOS. E all’ombra del palcoscenico, per chi sa ascoltare, tutto diventa più chiaro.
Si comincia alle ore 20.30
Durata spettacolo: un’ora e dieci minuti, atto unico
Per tutte le informazioni www.nuovoteatroverdi.com
Biglietteria online goo.gl/LwmBvb
Tel. (0831) 562 554 – 229 230
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