Riceviamo e pubblichiamo l’appello al voto dei sostenitori di Matteo Renzi
Domani 2 dicembre si potrà votare per eleggere il candidato premier del centro sinistra. È un referendum sul futuro quello di domenica. Rivolgo un appello a chi nel primo turno ha votato Bersani,ma soprattutto coloro che hanno votato Vendola.Scegliamo il futuro con la nostra testa e non perché qualcuno ci chiede di votare per un candidato o un altro.Il senso di responsabilità, ci deve portare a decidere autonomamente per chi votare,per chi ci deve governare,per chi ha espresso con convinzione le modalità per poter essere un paese moderno ,attrattore di risorse,capace di non essere legato a vecchie logiche.Riporto il pensiero di Matteo Renzi,il quale spiega perfettamente il significato che potrebbe avere la sua vittoria in questo Paese. Noi vorremmo in queste ore caratterizzarci per le nostre idee, non per le regole. Tra noi e loro ci sono molte differenze. Questo non impedisce di stare in squadra domani insieme. Ma gli italiani devono sapere che noi abbiamo un’idea diversa non solo su chi deve essere l’allenatore, ma anche sulla tattica, sulla squadra, sulla formazione. Se vinciamo noi non mandiamo solo in tribuna qualche vecchia gloria (concetto che spero ormai sia passato), ma anche il modo catenacciaro di vivere il centrosinistra. Basta con il finanziamento pubblico ai partiti, con la logica dei vitalizi, con gli investimenti sulle grandi opere, sulle riforme che non riformano nulla, sugli inciuci e gli accordi, sulle nuove costruzioni anziché sul recupero ambientale del territorio.
Se vinciamo noi non ci saranno inciuci con Casini. E non siamo tra quelli che cercano di accontentare un po’ tutta la generazione dei politici di oggi . Se vinciamo noi la foto di gruppo del centrosinistra sarà quella del futuro non quella di chi in questi vent’anni ha parlato a lungo di coesione e poi ha mandato a casa due volte Prodi. Loro sono rassicuranti, noi vogliamo cambiare. Loro hanno esperienza, noi vogliamo la speranza. Loro curano le radici, noi vogliamo volare. Non è detto che siamo meglio noi o che siano meglio loro. Siamo diversi. È un referendum sul futuro quello di domenica. Io penso che questo Paese debba svoltare. Se continua con le stesse facce, gli stessi slogan, gli stessi dirigenti degli ultimi vent’anni, l’Italia vede il declino perché continueremo con gli stessi problemi. Se proviamo a cambiare si vive un’incognita, ma torniamo a crescere.
Per tutti questi motivi io rispetto profondamente coloro che hanno votato Bersani. Perché ne capisco l’ansia di sicurezza. Ma credo che oggi l’unica cosa sicura da fare sia cambiare. L’unico rischio che corriamo, paradossalmente sarebbe proprio quello di non cambiare.
Sono concetti più importanti delle regole. Le regole le ha fatte Bersani, come un giocatore che fa anche l’arbitro. Sono diverse dal passato e infatti ha votato meno gente. A distanza di quattro giorni non sono online i verbali dello spoglio. In un Paese civile i verbali sono pubblici, non le aggregazioni fatte dai segretari provinciali. Però noi proviamo a vincere con queste regole. Con un sorriso, non con il rancore. Se gli italiani vogliono cambiare possono farlo anche con queste regole, nessun alibi. Ovviamente ci aspettiamo dal partito una cosa semplice: l’elenco ufficiale degli autorizzati a votare. In troppe parti d’Italia girano e svolazzano fogli e foglietti. Un’organizzazione seria – immagino – inserisce tutti i nomi in un file che è a disposizione di entrambi i candidati. Altrimenti le primarie non sono serie, no? Sapere quanti hanno votato, chi ha votato e garantire che nessuno faccia il furbo. Non mi pare una cosa così difficile: si chiama democrazia.
I numeri ufficiali del PD dicono che la differenza di votanti al primo turno è meno di 300mila voti. Bene, ci sono 600mila voti in libertà tra chi ha votato altri candidati.
E poi ci sono più di un milione di voti di Bersani che potrebbero cambiare opinione, il che varrebbe doppio. Perché? Perché vedono nella vicenda delle regole la paura. Noi siamo in una crisi profonda: un leader non può aver paura.
Se uno ha paura delle registrazioni online come farà domani a rinnovare la burocrazia pubblica puntando sulla digitalizzazione dopo che per votare ci hanno fatto firmare cinque moduli cartacei?
Se uno ha paura della partecipazione al secondo turno (in Francia, il caro Hollande ha visto aumentare la partecipazione al secondo turno del 10%: lui non ha avuto paura) come potrà coinvolgere i cittadini nella partecipazione dopo?
Se uno ha paura del voto dei sedicenni come farà domani a cambiare la scuola?
Mi spiace perché in tempi di crisi la paura è l’unica cosa che non possiamo permetterci. In ogni caso noi gambe in spalla e sorriso. Andiamo a vincere con il coraggio, che è contagioso, e con l’entusiasmo di chi deve riportare tutti a votare, di chi deve convincere, di chi deve coinvolgere. Al massimo possiamo perdere le primarie. Ma almeno non perderemo la faccia. E, se vinciamo, l’Italia con noi cambia davvero.
Un sorriso
Francesco Renna
Commenta per primo