INTERVENTO- «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede» (1Cor 15,17): in poche parole san Paolo getta una luce sul mistero della morte e della vita, che da sempre fa interrogare gli uomini. Tutti aspiriamo a una vita serena, ma non possiamo evitare anche di domandarci ciò che sarà dopo la morte. Per il cristiano la risposta si trova nella stessa esperienza di Gesù, schiacciato dalla morte per la cattiveria umana, ma risuscitato dall’amore del Padre. A Gesù Cristo, che ha patito, è morto ed è risorto si rivolge anche il nostro sguardo di credenti, che non è solo di ammirazione, ma di vera e propria contemplazione.
Dopo la morte di Gesù i discepoli erano smarriti; quando invece il Messia si fece vedere risorto, essi compresero il senso della loro chiamata e annunciarono il Vangelo. Altrettanto avviene per noi oggi: viviamo una fede “morta” o annunciamo un incontro “vivo” con Cristo? Avere una fede da risorti è possibile, se ci liberiamo dallo sguardo rivolto verso noi stessi e lo puntiamo verso Cristo, che incontriamo ogni giorno nell’Eucaristia celebrata e adorata e nel volto del fratello.
In chi ci è accanto contempliamo la stessa vita di Gesù: la fatica di Gesù artigiano in chi lavora quotidianamente per sostenere la propria famiglia; la sofferenza di Gesù in croce nello sguardo di chi è povero, malato o sconfitto dalle esperienze deludenti della vita; il volto spento di Gesù in colui che muore o che perde ogni attrattiva verso la vita. In ogni istante e in ogni persona che incrocia la nostra esistenza c’è Gesù.
Durante il tempo di Pasqua sforziamoci però di vedere la gloria di Cristo risorto, che agisce realmente nella nostra vita; recuperiamo uno sguardo di meraviglia e di stupore verso il mondo e le persone che ci sono accanto: tentiamo l’ebbrezza del perdono, la semplicità di un sorriso, la soddisfazione di portare avanti un servizio o un lavoro utile per la società e per la Chiesa. Per questo, avvicinandoci alla Pentecoste, invochiamo con insistenza lo Spirito, perché ci renda consapevoli della bellezza della chiamata che Dio ci ha riservato e, con un cuore che non sa trattenere la gioia, diffondiamo con semplicità e costanza la benedizione del Signore risorto per noi”.
Domenico Caliandro
Arcivescovo
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