BRINDISI – (da il7 Magazine) “Non è chiaro perché una persona può fare l’anestesia per l’estrazione di un dente, ed invece deve provare così tanto dolore per partorire. È una cosa incomprensibile. Le donne devono avere la possibilità di scegliere, siamo in un paese civile e la Medicina deve trattare tutti rispettando la propria dignità. Non c’è una donna più brava delle altre, le persone sono diverse”. Francesca Incalza è una giovane ginecologa che opera nel reparto di Osterticia dell’ospedale di Francavilla Fontana, prima di arrivare qui ha lavorato alla clinica Salus dove la partoanalgesia veniva praticata, anche se a pagamento. Ora la Salus ha deciso di chiudere il punto nascite, una scelta aziendale della struttura convenzionata, e così in tutta la provincia di Brindisi non sarà più possibile partorire naturalmente senza dolore. Eppure esiste una delibera della giunta regionale del 2017 con la quale è stato approvato il “Modello organizzativo per l’implementazione partoanalgesia nei punti nascita con numero di parti superiori a 1000 all’anno”, un modello che per l’ospedale Perrino di Brindisi è rimasto lettera morta. Secondo le ultime stime al Perrino ci sono stati almeno 1354 parti all’anno. E questi andranno ad aumentare visto la chiusura di Ostetricia della Salus, che invece di parti ne faceva almeno 787. “Ci sono donne che ne hanno realmente bisogno – spiega ancora la ginecologa – il dolore del parto è il secondo più forte dopo la colica renale, per questa si parla di un dolore che dà una sensazione di morte. La differenza è che la colica renale può durare due ore, il parto con il travaglio può durare anche un’intera giornata”. La partoanelgesia è una prestazione inserita nei livelli essenziali di assistenza (LEA) già con il DPCM del 23 aprile 2008. A sollevare la questione dopo la chiusura del reparto della Salus è stata Livia Antonucci, dirigente del partito di Forza Italia Brindisi, che nei giorni scorsi ha incontrato il capogruppo azzurro al consiglio regionale, al quale ha chiesto di interrogare il governo pugliese sulla mancata attivazione del modello di partoanalgesia anche alla Asl brindisina. In altre strutture pubbliche della regione Puglia è già attiva da anni. “Da gennaio 2020, le donne di Brindisi non potranno più scegliere come partorire – afferma Antonucci – perché non vi sarà nessuna struttura, né privata, e men che meno pubblica , a garantire il diritto al parto indolore. A questa grave inefficienza, si aggiunge un’ulteriore preoccupante criticità che è quella della congestione del reparto di Ostetricia dell’ospedale Perrino”. Il parto indolore potrebbe far diminuire anche il numero eccessivo di cesarei che viene praticato ormai ogni anno. “La diffusione delle tecniche antalgiche- aggiunge Antonucci – oltre a tutelare il benessere psico fisico delle donne, comporta, come ampiamente evidenziato dal piano operativo 2016-2018, una sostanziale riduzione del ricorso al parto cesareo con conseguente contenimento della spesa pubblica sanitaria, ma, evidentemente, questo tipo di razionalizzazione che fa bene anche all’utenza, non interessa al presidente Emiliano”. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 ha stabilito che “Il Servizio sanitario nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso del travaglio e del parto vaginale, inclusa l’analgesia epidurale, nelle strutture individuate dalle regioni e dalle province autonome tra quelle che garantiscono le soglie di attività fissate dall’Accordo sancito in sede di Conferenza tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 16 dicembre 2010 e confermate dal decreto 2 aprile 2015, n. 70”. È stato inoltre stabilito il regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera. Sulla base di questo la giunta regionale ha poi approvato il suo piano, che però non è stato attuato. Almeno non a Brindisi. Il direttore generale dell’Asl Giuseppe Pasqualone punta il dito contro la carenza di anestesisti in tutta la Asl brindisina. “Vorremmo attivarla – spiega il direttore generale – non manca la volontà, ma purtroppo manca un’equipe di anestesisti. Ne abbiamo solo 40 in tutta la Asl, ma ne servono almeno 115, e non ce ne sono sul mercato”. Pasqualone qualche settimana fa aveva fatto una riunione con i responsabili del reparto di Ostetricia, durante la quale è stato trattato anche questo argomento, ma con scarsi risultati a causa della mancanza di organico. “Servono anche altri ginecologi – aggiunge – è per questo abbiamo ribandito il concorso, mentre abbiamo avviato la progettazione di una sala parto in Ginecologia così da non dover portare le partorienti in un altro reparto”.
Lucia Portolano
per il7 Magazine
Commenta per primo