BRINDISI – Fare impresa in Puglia è un’impresa.
Questo il concetto espresso dal presidente della Camera di Commercio Alfredo Malcarne illustrando i risultati dell’Osservatorio sull’Economia redatto da Unioncamere.
I dati espressi segnano particolari difficoltà, anche andando a guardare alcuni dei numeri più indicativi, dal -2,5 percento del Pil al -7,9 degli investimenti fissi lordi, il -16,9 percento dell’export (imputabile più che altro alla questione Ilva) ed il -2,9 dei consumi delle famiglie.
In questo quadro c’è spazio per analizzare i dati: la discrepanza tra imprese nate lo scorso anno e quelle del 2012 segna un saldo negativo dello 0,87 percento, non molto distante dalla media nazionale che si assesta ad un -0,51 percento. Il dato di Brindisi città, invece, presenta un saldo positivo dello 0,44 percento. Nei numeri complessivi, la Puglia è la nona regione italiana, seconda nel sud dietro la Campania.
Andando a guardare quello che è lo specifico brindisino, le imprese della provincia costituiscono il 10 percento dell’intera regione, nel quale agiscono il 16 percento degli addetti: un rapporto maggiore rispetto a quello che è la media pugliese.
Tornando, invece, su quelli che sono i dati regionali, guardando alle forme giuridiche si nota che quella prevalente è l’impresa individuale, che costituisce il 65,8 percento di quelle totali. Diverso, però, è il dato sugli occupati: il 36,4 percento, con addirittura il 51 percento degli occupati, è nelle società di capitali, che sono solo il 12 percento.
Per quanto riguarda invece i settori, a fare la parte del leone sono i comparti di commercio ed agricoltura, che da soli superano il 50 percento del totale. L’industria, invece, si ferma al solo 9 percento. Deludenti sarebbero i dati su turismo ed internazionalizzazione, settori dai quali ci si aspettava qualcosa in più.
Tra le 78 aziende pugliesi che nel 2013 hanno superato il fatturato di 50 milioni di euro la presenza brindisina non è particolarmente incisiva: in questo contesto, è più attiva la provincia del comune capoluogo (solo un’impresa in questo raggruppamento, contro le 4 provinciali).
Per quanto riguarda invece la sopravvivenza delle imprese stesse nel breve periodo (una sorta di “mortalità infantile”), emerge soprattutto una propensione a fare impresa più che altro in cerca di occupazione, senza una vera e propria cultura per un percorso di tipo prettamente aziendale.
Per quanto riguarda l’export, invece, il dato dice che il 12 percento del totale è della provincia brindisina. In un discorso più ampio, invece, il 78 percento delle esportazioni regionali è verso l’Europa, con la Svizzera che scalza la Germania da primo partner. Crescono i rapporti con Turchia ed Albania, che sorpassano la Grecia, mentre raddoppia quello con la Tunisia.
Capitolo accesso al credito: risulta praticamente bloccato, accrescendo il disagio imprenditoriale.
“I dati del centro studi – commenta Malcarne – non sono confortanti, da quelli di carattere regionali a quelli di carattere territoriali. Abbiamo moltissime difficoltà nel comparto imprenditoriale locale, con dati tendenzialmente negativi che ci devono far riflettere sulle strategie di rilancio dell’imprenditoria, soprattutto locale, e per dare più respiro a famiglie ed imprenditori sul territorio per uno slancio rinnovato dal punto di vista occupazionale. Vogliamo dare un aiuto alla conoscenza del fenomeno per attuare politiche di sviluppo che possano essere legate ad una razionalità di studio, una fotografia del reale senza ancorarsi a strane interpretazioni del mercato”.
L’analisi del presidente della Camera di Commercio va a guardare i numeri emersi: “Abbiamo un tessuto imprenditoriale – spiega Malcarne – soprattutto di piccole e piccolissime imprese che si occupano di commercio, servizi e turismo, un comparto manifatturiero che offre una grande platea per gli occupati e che ha bisogno di respirare, una difficoltà di penetrazione nei mercati esteri con un’internazionalizzazione in calo. Serve un rilancio dell’accoglienza turistica, in calo dopo l’apice degli scorsi anni, anche se il dato salentino è relativo rispetto a quello pugliese. I dati negativi ci devono far riflettere: l’approccio ad internazionalizzazione e turismo, alla luce di quello che abbiamo sotto gli occhi, vanno riveduti e corretti”.
F.Tr.
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