BRINDISI – (da il7 Magazine) Nel primo mese dell’anno sono già dieci le aziende che hanno dichiarato fallimento nella provincia di Brindisi. Un trend che se dovesse essere confermato potrebbe registrare la chiusura nel 2020 di oltre sessanta aziende per fallimento. Un dato allarmante per l’economia del territorio, per le aziende, i lavoratori impiegati ed anche per gli stessi creditori. Il tribunale fallimentare di Brindisi da gennaio 2018 a gennaio 2020 ha ammesso procedure fallimentari per 97 aziende, per la maggior parte riguardano il settore industriale (metalmeccanica e aeronavale) e il grande commercio (grossa distribuzione), nella graduatoria un posto rilevante lo occupa anche l’edilizia. Nello specifico hanno dichiarato fallimento nel 2018 quarantotto imprese, nel 2019 sono state trentanove, mentre nel primo mese di gennaio 2020 sono già dieci. Nello stesso arco temporale degli ultimi due anni sono state invece 11 le aziende che hanno presentato richiesta per essere ammesse alla procedura di concordato, che prevede una proposta di “ un piano di rientro” della situazione debitoria, al fine per la maggior parte delle volte di poter proseguire nell’attività. Nel dettaglio tre nel 2018, sei nel 2019 e due nel 2020. Non tutte le richieste sono state però ammesse. Sono soprattutto le aziende industriali a fare ricorso a questa procedura, nell’ultimo anno hanno presentato richiesta anche una grossa farmacia e un negozio di commercio di mobili all’ingrosso. Le ultime due richieste del 2020 riguardano invece il settore aeronautico. Normalmente vengono utilizzate le procedure del cosiddetto “concordato in bianco”. Questo significa che l’impresa richiede di poter essere ammessa alla procedura riservandosi di depositare la dettagliata proposta di “rientro” nel termine che fisserà poi il tribunale. Le due aziende aeronautiche infatti si sono riservate di presentare il piano.
Nel 2019 si sono invece verificati due casi in cui il tribunale di Brindisi, per due aziende aerospaziali fallite, ha concesso l’esercizio provvisorio per salvaguardare i lavoratori che operavano ancora per delle commesse. Questo ha permesso la vendita delle aziende a terzi con il mantenimento di una parte della manodopera. Tra i fallimenti del 2019 si annovera quello di una farmacia, di un grande negozio di arredamenti e di una nota azienda metalmeccanica, oltre alle due già citate società aeronautiche. La chiusura di queste attività ha avuto gravi conseguenze a livello occupazionale, alcune di queste avevano accumulato spropositate situazioni debitorie. “Il primo dato del 2020 è preoccupante – spiega Alfonso Pappalardo, presidente del tribunale di Brindisi – Se dovesse continuare così in prospettiva si intravede una sostanziale ripresa dei fallimenti quando il dato fisiologico sul territorio di Brindisi si attesta su 45 aziende. I numeri degli ultimi tre anni riguardano le imprese che sono state travolte dalla crisi partita nel 2010. Quest’anno si dovrebbe chiudere quel ciclo. Chi non ha retto è uscito dal mercato”.
Ma qualcosa sta per cambiare con l’entrata in vigore dal 15 agosto del nuovo codice anti crisi. Il presidente Pappalardo parla di una vera e propria rivoluzione copernicana della materia fallimentare. Innanzitutto scompare dal codice la parola “fallimento”, sostituita da “liquidazione giudiziale”. Nella concretezza il risultato è lo stesso, ma prima di giungere a questa fase il legislatore ha introdotto una serie di misure di pre allerta che l’imprenditore, l’amministratore dell’azienda, può adottare per rimettersi in carreggiata ed evitare la chiusura definitiva. “Si tratta di un percorso tutelato che può adottare l’impresa già ai primi segnali di difficoltà – spiega Pappalardo – Si cerca così di evitare con strumenti di allerta che la crisi diventi irreversibile. Praticamente si arriva in tribunale solo quando non è più possibile fare nulla”. È la stessa azienda in difficoltà che chiede di poter accedere alla procedura di pre allerta che ti permettere di adottare delle azioni tali per operare al fine di evitare il “fallimento”. Un po’ quello che accade per le amministrazioni pubbliche quando aderiscono alla procedura di pre dissesto per evitare il default definitivo dell’ente. Questa è stata considerata una grande opportunità per salvare l’impresa, i posti di lavoro e i creditori. La nuova legge è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 14 febbraio 2019, ma sta entrando in vigore gradualmente: i primi provvedimenti di natura organizzativa sono stati attivati dal 16 marzo scorso, mentre la norme operative, che riguardano direttamente le imprese, entreranno in vigore dal prossimo 15 agosto.
“Le ripercussioni occupazionali in questi due anni dovuti ai fallimenti sono state devastanti– afferma Angelo Leo, segretario Fiom Cgil Brindisi – 1500 brindisini sono finiti per strada senza lavoro. Lavoratori impegnati nell’indotto del Petrolchimico, di Enel, dell’aerospazio ma anche nel siderurgico tarantino. Di questi più della metà sono metalmeccanici”. Preoccupano i sindacati anche le prospettive future in vista della definitiva chiusura della centrale a carbone Enel di Cerano prevista nel 2025. “La chiusura definitiva della centrale – aggiunge Leo- spazzerà via altri 1500 lavoratori insieme ad altre centinaia di lavoratori dell’ indotto portuale. È necessario un piano industriale nazionale capace di un intervento pubblico su un diverso ecosostenibile sviluppo industriale del nostro territorio, rilanciando innanzitutto il settore aerospaziale e tutti gli altri settori metalmeccanici a basso impatto ambientale se non si vuole la desertificazione industriale”.
Lucia Portolano
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