Mauro Maniglio a 25anni dall’assasinio il racconto della cugina: “Non dimenticherò mai quella notte”

BRINDISI- (Dal IL7 Magazine) “Era disteso su di una barella, morto, con gli occhi sbarrati, il padre e la madre lo vegliavano” questa è l’ultima immagine che Giusy Miccoli ha di suo cugino, Mauro Maniglio ammazzato a 18 anni da un affiliato della Sacra Corona Unita. Mauro è una vittima di mafia. Da quel giorno sono trascorsi 25 anni, ma per Giusy sembra ieri. La donna parla a fatica, le lacrime le rigano il viso, ricordare la morte di Mauro non è semplice, ancora oggi è una ferita aperta.

“Ricordo quella notte come se fosse ieri, quando gli amici di Mauro bussarono a casa e ci dissero che era stato sparato- racconta Giusy- non potevamo crederci”.

Era il 14 agosto del 1992, Mauro Maniglio, studente del Liceo Scientifico Monticelli di Brindisi, aveva festeggiato il suo 18esimo compleanno due giorni prima con un pranzo in famiglia. A poche ore dalla vigilia di Ferragosto Mauro esce con il cugino Giorgio Renna, trascorrono la serata lungo la litoranea di  Casalabate, dove i genitori di Mauro hanno una villetta , poi verso la mezzanotte decidono di rientrare a casa. I due ragazzi sono in sella  ad una moto, una Honda 1000, guida Giorgio. Durante il tragitto la moto segue di pochi metri una vettura rossa, una Ford Fiesta.

“Erano quasi arrivati a casa, la moto con Giorgio e Mauro si muoveva a zig e zag, i ragazzi stavano per superare l’auto e svoltare per la villetta degli zii- racconta Giusy- in quel momento l’uomo a bordo dell’auto esce il braccio  impugnando una pistola e spara. Giorgio, che è alla guida,  istintivamente si abbassa. Mauro è seduto dietro, è un po’ più in alto e viene colpito alla gola”.

I ragazzi cadono con la moto Giorgio è davanti al cugino sanguinante e urla richiamando l’attenzione degli zii che sono in casa a pochi passi da loro.

“E’ lo zio a prendere Mauro tra le braccia e a caricarlo in auto- dice Giusy- poi la corsa all’ospedale di San Pietro Vernotico. Mauro nel frattempo diceva: papà aiutami, non sento più le gambe”.

Il ragazzo quando arriva in ospedale è già morto dissanguato, per lui i medici non possono far nulla ed è così che Giusy, la cugina più grande di lui di appena un paio d’anni, lo vede. Quella immagine le resterà impressa per tutta la vita.

La morte di Mauro Maniglio è un caso risolto per la giustizia, ma le indagini non sono state semplici. Quella sera poco prima dell’omicidio del ragazzo c’era stata un’altra sparatoria a Leverano, un 19enne era stato ucciso da un commando armato. Un regolamento di conti tra clan rivali. Uno dei killer era fuggito a bordo di una Fiesta rossa ed aveva imboccato la litoranea di Casalabate. Secondo la ricostruzione degli investigatori lo stesso soggetto che aveva sparato a Leverano, incrociando i ragazzi sulla moto, Mauro e Giorgio, aveva pensato di essere seguito da due sicari.  Per questo motivo, a sua volta, aveva impugnato la pistola ed esploso  quei due colpi fatali per il giovane studente brindisino. Uno scambio di persona, Mauro Maniglio scambiato per un criminale.

“I giorni successivi alla morte di Mauro sono stati terribili, su di lui il sospetto che fosse coinvolto in qualcosa di losco pesava come un macigno- racconta ancora Giusy- per molta gente Mauro era morto sparato e questo bastava per farne un criminale. Affrontare anche solo il funerale con queste voci che gettavano fango sulla memoria di Mauro era difficile. Mauro, invece, è sempre stato un bravo ragazzo, uno studente in gamba, affettuoso, il figlio che tutti avrebbero voluto”.

Ben presto la verità saltò fuori e per l’omicidio di Mauro fu arrestato e condannato all’ergastolo, in via definitiva, Giuseppe Perrone.

“ Mauro si è trovato sulla strada di questo delinquente nel posto sbagliato al momento sbagliato- dice Giusy- Perché loro hanno avuto l’auto di questo delinquente per tutto il tempo davanti, hanno percorso tutta la litoranea , ma al momento che i ragazzi dovevano svoltare a casa questo ha visto i due ragazzi sulla moto, con il casco, ha pensato che lo stessero per sparare perché lui sapeva che cosa aveva fatto  poco prima. E così ha deciso di sparare lui per primo.  Mauro era dietro ma era in alto sul sellino, il cugino si è abbassato e Mauro è rimasto ferito all’aorta”.

La morte di Mauro sconvolge la comunità, e con il tempo divide anche la famiglia, i genitori del ragazzo, che era figlio unico, poco dopo si lasciano e ciascuno prende la sua strada. Nonostante questo la famiglia, la scuola, gli amici continuano a ricordarlo. A Mauro è intitolato il parco giochi al rione Bozzano, al Liceo Scientifico Monticelli c’è un’alula che porta il suo nome.

“Mauro voleva continuare a studiare, era indeciso tra ingegneria ed informatica- racconta Giusy con un sorriso malinconico- era bello, bello. Chissà oggi cosa sarebbe diventato. Il fatto che dopo 25 anni tutti si ricordano di lui è una soddisfazione ma questo non ci solleva dal dolore perché  Mauro non c’è più”.

Mauro Maniglio è una delle 63 vittime di mafia in Puglia. A 25 anni dalla sua morte Libera Brindisi, l’Unione degli studenti, la Cgil, lo Spi e l’Anpi  lo hanno ricordato con una cerimonia, lunedì scorso, all’interno del parco di Bozzano a lui dedicato. I ragazzi hanno ricostruito la sua storia davanti ad una piccola folla commossa, confusi  tra la gente  qualche famigliare del ragazzo, tra cui la cugina Giusy ed il padre di Mauro.

L’uomo, in abito scuro ed occhiali neri, ha partecipato nel silenzio, senza dare nell’occhio. Il padre Mauro come la madre, hanno cercato di essere sempre presenti alle iniziative dedicate al figlio anche se con molta discrezione. Il dolore per loro  è ancora troppo grande.

Lucia Pezzuto per IL7 Magazine

 

 

 

 

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