BRINDISI- Uno studio e una raccolta dati durato mesi, riassunti in quello che è stato definito dossier sull’area di crisi ambientale di Brindisi, redatto da Legambiente illustrato alla stampa, e che sarà consegnato anche alla Procura della Repubblica.
Dati sull’inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua, responsabilità, leggi mai applicate e un Ministero dell’Ambiente che redige un accordo di programma che secondo gli ambientalisti è effimero e ormai senza alcun valore giuridico. Una riesamina delle emergenze ambientali alla zona industriale, dall’area Micorosa dove sono stati sotterrati i fanghi contaminati dell’ex Petrolchimico, ai rifiuti dell’Alfa Edile, dalla ormai vecchia e “fuori legge”, così la definiscono, centrale Edipower, al consumo del carbone della Federico II, con i terreni inquinati dalle polveri a ridosso del nastro trasportatore. Un’azione di bonifica da parte del ministero che non è mai avvenuta nonostante l’accordo di programma sottoscritto con gli enti locali e le aziende del 2007, alcune società hanno già versato 25 milioni di euro, ma delle bonifiche non si è visto nulla.
Secondo Legambiente inefficace anche il sistema pensato per bonificare la falda, quella della barriera idraulica sotterranea. Per tutto questo l’associazione ambientalista chiede di aprire una vertenza Brindisi così come è accaduto per Taranto, e si rivolge soprattutto al Comune. “Chiediamo di rivedere il sistema di gestione dell’area industriale- spiega Doretto Marinazzo circolo Legambiente Brindisi- e di far rispettare la legge ripartendo dal DPR del 98, ormai disatteso. Consegneremo il nostro dossier in Procura non perché crediamo nel ruolo salvifico della magistratura, ma ci rendiamo conto che negli ultimi tempi ha assunto un ruolo di supplenza della politica e delle Istituzioni”.
Legambiente prende in considerazione la possibilità di riperimetrare l’area della zona industriale perché ci sono zona in cui la contaminazione è minore rispetto a quella prevista nella caratterizzazione fatta nel 2000. Si gettano ombre sulla regia ministeriale. “Nell’accordo vi era la previsione di iniziare i lavori di bonifica dopo tre anni- afferma il geologo Franco Magno– ma ne sono passati cinque e di bonifiche neanche l’ombra. Si chiede la barriera idraulica per terreni dei quali non si conosce la contaminazione. E poi ormai è passato tutto in mano alle Regione, la Puglia nel 2011 ha varato il piano di bonifica, quindi l’accordo di programma non ha alcun valore”.
A seguire l’esposizione del dossier di Legambiente c’era anche il sindaco Consales che è intervenuto sollevando anche lui alcuni importanti interrogativi sul lavoro svolto dal ministero. “Come è noto – ha affermato Consales – il teorema che ‘paga chi inquina’ non è mai stato applicato e quindi si deve fare affidamento prevalentemente su risorse pubbliche. Sta accadendo proprio questo per la bonifica dell’area‘Micorosa’, visto che si spenderanno circa 40 milioni di euro, senza aver ancora individuato l’azienda chimica che ha determinato condizioni di inquinamento così gravi da mettere a repentaglio l’ecosistema di tutta l’area interessata. E non è tutto. Anche per questo intervento di bonifica ci sarà una corsa contro il tempo, visto che le risorse dovranno essere impiegate entro il 31 dicembre 2013 e i tempi per la gara d’appalto potrebbero risultare estremamente lunghi.
Ma un altro motivo di allarme è rappresentato – continua il Sindaco – dal fatto gravissimo derivante da una vera ‘appropriazione’, da parte del Governo, degli importi versati dalle aziende presentati nella zona industriale, 25 milioni di euro destinati alla bonifica trattenuti tutti dal Ministero al Tesoro”. Ed è per questo che Consale annuncia che dopo le elezioni politiche chiederà una riunione a Roma per discutere del caso Brindisi.
Al tavolo dei lavori Legambiente aveva invitato anche il direttore regionale dell’Arpa Giorgio Assennato, nel suo intervento non sono mancate però le polemiche nei confronti della stessa associazione ambientalista. “Il fatto di chiamare in causa periti della magistratura non fa altro che delegittimare l’organo tecnico- afferma Assennato- siamo schiacciati da poteri che delegittimano organismi tecnici, basta vedere il caso di Taranto. E poi è arrivato il momento che i direttori dell’Arpa vengano scelti tra una rosa di nomi di esperti e non indiscriminatamente dalla politica”. Con queste dichiarazioni Assennato conquista l’applauso degli industriali presenti tra il pubblico, dal presidente di Confindustria Giuseppe Marinò e dal vice Donato Leone.
A parte questo incidente diplomatico, Legambiente ha annunciato che nel mese di marzo presenterà le proprie proposte sulla crisi ambientale di Brindisi che saranno messe a disposizione della politica.
Lucia Portolano
Muovendo da legittime preoccupazioni per la tutela della salute dei cittadini, si sta diffondendo nella nostra regione e provincia una altrettanto dannosa cultura antindustriale. Oltre ai dati di Legambiente, sarebbe utile conoscere i dati ufficiali del Ministero della Sanità, relativi alle patologie oncologiche nella nostra Provincia,ed il loro trend negli ultimi 50 anni. Sapremo così in che misura l’insediamento di attività industriali (chimica, energia ) ha peggiorato, rispetto ai valori medi nazionali, la qualità ed aspettativa di vita nei nostri territori. D’altro canto è pur vero che, per incapacità o mancanza di iniziativa, non sono sorte e cresciute nello stesso periodo attività in grado di produrre ricadute economiche ed occupazionali, alternative e/o complementari a quelle industriali. Detto ciò, chi inquina deve pagare,che sia una industria, un privato cittadino, una bottega artigianale, un ospedale o un pubblico servizio .