BARI – “Aiutateci, non sappiamo più come fare, non possiamo resistere così a lungo, venite a riprendervi i vostri cari, se potete, riportarteli nelle vostre case, abbiate cura personalmente di loro, oppure venite qui nelle residenze ad aiutarci, in barba ai divieti ma consapevoli che porterete il virus, fate la vostra scelta, nel silenzio assoluto delle istituzioni, che parlano con le loro circolari, quesiti, disposizioni, indagini conoscitive”, questa la richiesta di aiuto Fabio Margiglio, presidente dell’associazione delle residenze per anziani pugliesi. L’Assoap già lo scorso aveva mandato una nota in cui evidenziava le prime difficoltà. Ora la situazione è diventata insostenibile e Margiglio non ne fa un segreto e dice che le strutture non possono affrontare da sole questa emergenza sanitaria.
Questa la nota integrale
Circa un mese fa questa Associazione, prese carta e penna (figurata) per scrivere al Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e lo fece in modo pacato, collaborativo, come di consueto e come nello stile di questa Associazione, che lavora costantemente, senza clamore mediatico, cercando di affiancare le istituzioni ed essere da stimolo nei percorsi di programmazione e di consultazione nei vari tavoli tematici che riguardano il settore socio-sanitario, residenziale, semi-residenziale, diurno, domiciliare etc.
Qualche giornale ha definito profetica quella nota, perché delineava, in tempi non sospetti, uno scenario per le RSA che, purtroppo, si è verificato in tutta la sua drammaticità.
Cosa diceva quella nota? Fondamentalmente che le strutture residenziali pugliesi, in tutte le loro diverse (ed inutili) declinazioni (RSA, RSSA, RSAA, Case di riposo, Comunità alloggio, etc.) non erano pronte ad affrontare questa pandemia, come non lo sono state quelle più “blasonate” del nord Italia, così come quelle francesi, inglesi, statunitensi. Perché il COVID è un virus che si diffonde con una virulenza mai vista prima ed è letale per un alta percentuale di persone anziane che hanno multipatologie pregresse. E’ dove si diffondono i virus influenzali, di norma, quelli stagionali? Nelle scuole, negli ospedali, nelle case di riposo, in tutti i luoghi dove vi è un assembramento di persone. Insomma, si sapeva già che le RSA e i loro ospiti sarebbero stati le vittime predestinate di questo virus, nulla di profetico, ma una elementare deduzione fatta da chi le RSA le conosce dall’interno, perché ci lavora. Le misure di isolamento sociale, per la prima volta assunte nella storia di questa Repubblica e che hanno funzionato e limitato il contagio per il resto della popolazione, non potevano funzionare nelle nostre Comunità, le altre misure assunte ( o non assunte) non erano idonee, per le seguenti ragioni: 1- L’ assistenza sanitaria agli ospiti delle ns. strutture è ad esclusivo carico dei loro medici di medicina generale. Se costoro non vengono a visitare i loro pazienti (e ns. ospiti) chi si deve occupare di loro dal punto di vista sanitario? E’ di ieri la notizia diffusa a mezzo stampa che i MMG si rifiutano di entrare nelle RSSA per visitare i pazienti. Le visite specialistiche sono a carico dei medici specialisti delle ASL e neanche loro vengono nelle RSSA. Gli esami di laboratorio o indagini diagnostiche sono
ospese, se non quelle di assoluta urgenza. Come si fa a fare diagnosi senza esami e senza medici? Come si fa a capire se una febbre è sintomo di covid o è di una semplice cistite? E’ impossibile. 2- Le ns. strutture non sono progettate come ospedali e tanto meno come reparti di malattie infettive. Non ci sono camere o reparti di isolamento, non ci sono percorsi “puliti” o “sporchi”, sono strutture
residenziali, progettate come residenze collettive, per loro stessa definizione. I ns. pazienti sonoaffetti da patologie croniche, neurovegetative. Come si fa a isolare un anziano “indementito”? Come si fa a tenerlo segretato in camera, oltre a non fargli vedere i suoi parenti da quasi 2 mesi? Come si fa con uno standard di legge che prevede 1 o 2 infermieri per turno a dare la terapia a 90-
100 anziani non in una sala comune, come eravamo abituati a fare, ma in 50-60 stanze diverse?
3- Un’altra domanda che ci martella la testa, giorno e notte, di continuo, è: ma chi sono questi anziani ospiti delle ns. strutture, da dove vengono, perché sono da noi? Siamo andati noi a rapirli da casa, abbiamo obbligato i loro congiunti a portarceli, li hanno deportati da noi? La verità, dei fatti è una sola: le famiglie non possono accudirli in casa, perché il carico assistenziale è troppo gravoso, lo Stato (e le regioni) non possono permettersi un’assistenza domiciliare continuativa perché è troppa costosa, gli ospedali non possono mantenere il ricovero di pazienti cronici e quindi finiscono in RSA. Sono persone che in altri tempi finivano la loro vita a 70 anni, ma oggi la medicina ha fatto passi da gigante in questo campo, si riesce a mantenere in vita persone anche affette da pluri-patologie molto oltre i 90 anni. Le RSA sono piene di ospiti ultra95enni, alimentati con sondini naso-gastrici, PEG, in stato di coma vigile, completamente allettate anche da moltissimi anni. 4- I dispositivi di protezione individuale, i famosi DPI, di cui tutti oggi parlano, cosa sono? Tolti i guanti di uso comune e le mascherine chirurgiche per le medicazioni, non sono presidi che ciappartengono, nessuna struttura aveva in dotazione tute, visiere, occhiali di protezione, copricalzari. Il Ministero della Salute emana circolari e dice alle regioni che devono rifornire le RSA. Le regioni non li hanno e non riescono a reperirli, il Presidente Emiliano, sappiamo tutti che ha dovuto comprarli dalla Cina, quasi al buio, rischiando la “fregatura” del secolo, ma non hanno il marchio CEE ( e vorrei vedere, vengono dalla Cina). I Nas vengono nelle ns. strutture e vogliono la certificazione di qualità, il marchio CEE, altrimenti parte la denuncia. Siamo tutti in uno stato di delirio collettivo? No, è semplice ruotine, in Italia funziona così, noi ci siamo abituati, ognuno
scarica le responsabilità al livello più basso, perché tanto si sa che si andrà a finire comunque nei tribunali, e lì ognuno dovrà cercare di scaricare la responsabilità su qualcun altro, il classico fesso che è rimasto con il cerino in mano che badate, molte volte è proprio quello che non ha pensato a “pararsi…” e si è adoperato, si è dato da fare, ha lavorato, insomma, ha fatto il proprio dovere, non
si è tirato indietro, non si è precostituito… 5- Tutte le storie che leggiamo in questi giorni, sono sempre le stesse, identiche. Se le strutture residenziali sono chiuse dai primi di marzo, il virus non può che entrare dall’esterno. Se non sono consentite le visite ai familiari può entrare solo attraverso il personale. Da dove è entrato, quindi? Il virus non si vede ad occhio nudo, non è un topo che è entrato nelle RSA perché non abbiamo fatto bene la disinfestazione. Come è entrato negli ospedali, così è entrato da noi, spesse volte quando i ns. ospiti sono andati in ospedale per un’urgenza, per la dialisi, per la radioterapia, pratiche non rinviabili. Le diposizioni poi che ci sono pervenute, a pioggia, da tutte le parti, più volte al giorno, cervellotiche, insensate, schizofreniche, scritte da persone, si in buona fede, ma che non hanno neanche la più pallida idea di cosa sia una RSA, gente che non ci è mai entrata dentro. Una la
peggiore di tutte, prevede la distinzione degli ospiti tra casi sospetti, probabili e confermati. Ogni qualvolta, alternativamente, un ospite ha sintomi di febbre, dispnea o tosse bisogna spostarlo in uno di questi 3 gruppi. Peccato che quasi tutti gli anziani presentano regolarmente uno di questi 3 sintomi, senza per questo avere il covid. Quindi se prendi chi ha 37,5 di temperatura (magari dovuta ad una cistite perché ha il catetere, ma non puoi saperlo perché non puoi fare gli esami) e lo metti in un gruppo di 10 persone dove c’è qualcuno che ha il covid lo infetti. Se poi qualcuno di questi presenta più di un sintomo e lo metti tra i probabili e non aveva il covid lo infetti, ma lo saprai solo ex post, perché i tamponi hanno iniziato a farli da pochi giorni, e li fanno a singhiozzo e gli esiti si conoscono anche dopo molti giorni, quando i buoi sono ormai fuggiti dalla stalla. Oggi un associato ci ha contattato per avere delucidazioni in merito a quanto accaduto nella sua struttura, dove una paziente aveva la febbre ed ha chiamato il dipartimento di prevenzione per far eseguire il tampone. Dopo un paio di giorni sono andati, hanno fatto una trentina di tamponi e detto che il personale che è stato a contatto con l’ospite (praticamente tutto) deve essere posto in quarantena fiduciaria, in attesa dell’esito del tampone, è i 100 ospiti della struttura chi li assiste, nel frattempo? Follia, follia pura! 6- I gestori hanno paura sono terrorizzati, sperano che possa finire presto, alcuni pensano anche a dismettere la loro attività. Nessuno se la sente di andare avanti così, perché non è finita qui e se entra il covid in struttura è finita per loro, per la loro azienda, per non essere riusciti a fermare un virus influenzale. Ma come può una RSSA, da sola, riuscire dove hanno fallito le maggiori potenze mondiali. A New York si sono avuti anche sino a 5.000 morti in un giorno, hanno scavato le fosse comuni per i cadaveri ed un gestore del profondo sud, con una retta media mensile di 1.500 euro,
può da solo badare a 100 anziani malati e preservarli dal virus? Cosa succederà dopo il 4 maggio se veramente si partirà con la fase 2?
Per le strutture residenziali potrebbe essere la fine, chi per sorte o perché ubicato in un paese risparmiato dalla diffusione del virus si è salvato, cadrà, anche se manterrà la struttura chiusa, anche se continuerà a negare le visite ai parenti, perché il virus entrerà attraverso il personale asintomatico, che man mano ricomincerà a vivere, ad uscire, a vedere altra gente, contrarrà il virus e lo porterà nelle residenze. Il nostro personale è fatto di giovani 25enni, 30enni, giovani che, come tutti noi, da 40 giorni sono “sospesi “, non
vivono più, fanno avanti e indietro tra lavoro e casa, già così essendo un rischio; con la fase 2 riprenderanno giustamente a vivere, pian piano, e porteranno il virus agli anziani defedati, che non hanno armi per difendersi, non hanno mascherine, visiere e guanti.
E se così non sarà, ci dicono che ci sarà la seconda “ondata”, a ottobre, forse a novembre e che sarà peggiore di questa e che non finirà se non con il vaccino che non sarà pronto prima di 1 anno o per l’immunità di gregge, o di comunità, quando almeno il 60% della popolazione avrà sviluppato gli anticorpi e si sarà immunizzato, ma il costo di questa immunità sarà quasi tutto a carico dei ns. ospiti, sappiatelo sin d’ora, perché non abbiamo le armi per difenderci, non le ha nessuno e se qualcuno le ha a noi non le danno. E’ impensabile immaginare di dover resistere per altri 6 mesi così, privando i parenti dalla possibilità di poter vedere i propri cari o di sapere al telefono che sono deceduti senza poterli rivedere o abbracciare, noi prima di tutti avvertiamo questo dolore, questo senso di privazione, noi prima di tutti non possiamo resistere altri 6 mesi così.
Questo è il ns. grido di aiuto, aiutateci, non sappiamo più come fare, non possiamo resistere così a lungo, venite a riprendervi i vs. cari, se potete, riportarteli nelle vs. case, abbiate cura personalmente di loro, oppure venite qui nelle residenze ad aiutarci, in barba ai divieti ma consapevoli che porterete il virus, fate la vs. scelta, nel silenzio assoluto delle istituzioni, che parlano con le loro circolari, quesiti, disposizioni, indagini conoscitive. Difficilmente questa nota verrà pubblicata e se lo sarà non interesserà a molti conoscere la verità delle RSA, a tutti interessa sapere il numero dei morti da covid, il numero degli infetti, ma dietro queste RSA ci sonon anche migliaia di lavoratori, che già non se la passavano benissimo, se nella vita gli tocca cambiare panni pieni di feci e di urina per 8 ore al giorno e per 1.300 euro al mese, magari per sostenere un’intera famiglia di 4 persone, anche costoro sono a rischio di perdere l’unica fonte di sostentamento per passare tra le fila dei cassaintegrati, dei disoccupati o degli aventi diritto al reddito di cittadinanza.
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