Da qualche settimana accade sempre più di sovente che iscritti e militanti della mia Organizzazione, mi interroghino sulle prospettive legate al processo di soppressione ed accorpamento di alcune Province, previsto dalla legge 7 agosto 2012 n.135, art. 17.
Molti brindisini, infatti, si chiedono con insistenza se ciò può rappresentare una opportunità, oppure essere l’ennesima penalizzazione per questa terra e per i suoi abitanti. Dare una risposta a questo quesito non è semplice e l’opinione di ciascuno, compresa quella del sottoscritto, inevitabilmente risente delle sensibilità sviluppate, in relazione alla attività professionale, le esperienze vissute, il proprio retroterra culturale e sociale. Per questo ritengo che quanto vado ad esporre, rappresenti unicamente il pensiero di Corradino De Pascalis, sindacalista di lungo corso e cittadino di 53 anni, da sempre impegnato nel sociale e nelle Istituzioni pubbliche.
In premessa ritengo sbagliata la scelta operata dal Governo, penso colpito dal furore anti-politico che alla fine del 2011 e nei primi mesi del 2012, con evidenti strascichi sino a questi giorni, in base al quale si è voluto dare un segnale di cambiamento ai cittadini, attaccando uno dei livelli istituzionali e organizzativi della Pubblica Amministrazione, forse il più debole ma della cui importanza ci accorgeremo a breve, quando sarà cancellato, di nome e di fatto, attraverso la riduzione delle competenze e la cancellazione del percorso di legittimazione democratica. L’errore, soprattutto, consiste nel fatto di non aver cancellato, appunto, il livello istituzionale Provincia, ma di averne abolite solo alcune che non rispettano alcuni parametri geomorfologici e sociali (estensione territoriale e numero di abitanti), obbligando storie, culture e tradizioni diverse ad unirsi, sull’altare di una razionalizzazione dei costi, che, come vedremo, è del tutto aleatoria. In sostanza, a mio parere, si sarebbero dovute abolire tutte le Province, di qualsiasi dimensione, attribuendo competenze e responsabilità ai comuni e alle regioni.
Detto questo, con il conseguente balletto dei cosiddetti parametri, che come abbiamo potuto constatare sono stati modificati, limati, attenuati, onde poter rispondere alle esigenze di questa o di quella realtà, meglio tutelata dai propri Parlamentari, oggi ci viene proposto un percorso di accorpamento con altri territori, che sostanzialmente vede Brindisi e gli altri 19 comuni, “ assorbito”, meglio “annesso” da realtà più robuste della nostra, anche a causa di una previsione di legge che vuole il capoluogo delle nuove Province allocato nella Città più grande.
Chiarisco subito che il “campanile” in questo ragionamento non c’entra nulla, la questione è che dove si trova il capoluogo, li è allocata la Pubblica Amministrazione: Prefettura, Questura, Ufficio Provinciale del Lavoro, Agenzia delle Entrate, INPS, ecc.ecc. e tutto ciò non per capriccio ma per precise disposizioni di legge. Certamente, al momento, alcuni di questi Uffici, continueranno ad essere presenti nel nostro territorio, vanificando i tanti declamati risparmi, senza però avere quella autonomia amministrativa garantita dalla presenza del Dirigente; alla lunga, tuttavia, essi saranno definitivamente accentrati nel nuovo capoluogo di Provincia, con la conseguenza che decine di migliaia di cittadini, saranno costretti per le loro esigenze a spostamenti di centinaia di chilometri; si creeranno, quindi, esuberi nel personale oppure necessità di maggiori spazi per allocare tutti, mandando definitivamente in soffita la parola “razionalizzazione”! Non solo, di fatto, vi sarà un impoverimento della capacità del territorio di sapersi autogovernare; pensate alle tante vertenze collettive di lavoro, che ogni giorno affrontiamo e risolviamo con la disponibilità di volta in volta del Presidente della Provincia, del Prefetto, del Direttore dell’INPS, ecc. Quando questi soggetti saranno scollegati dalla realtà territoriale, avremo le stesse risposte tempestive ed efficaci? Io francamente temo di no! E non perché vedo il bicchiere mezzo vuoto, come pure sono stato accusato di fare, ma solo alla luce di altre esperienze già maturate in situazione analoghe, vedi Banca d’Italia, uffici periferici del Ministero dell’Economia, ed altre situazione che non cito per economicità di spazio.
Un altro fattore su cui riflettere è le ricaduta sul sistema economico produttivo di un accorpamento con aree, la cui vocazione produttiva è in qualche modo concorrente con la vocazione e la storia delle attività produttive, industriali in gran parte, del nostro territorio. Approfondire quest’argomento richiederebbe molto spazio, faccio solo l’esempio di alcune infrastrutture che inevitabilmente confliggono: il Porto e l’Aeroporto, perfetta duplicazione tra Brindisi e Taranto. La storia di questi due insediamenti parla di continue diatribe e sovrapposizioni, attenuatesi negli ultimi anni solo a causa della grave crisi economica e finanziaria, ma pronte a riesplodere al minimo accenno di ripresa o di nuovi investimenti, il caso Alenia di Grottaglie ancora brucia sulla pelle del polo aeronautico brindisino, ad esempio.
Come se ne esce? Beh non credo che vi siano ricette facili né miracolistiche, visto che in ogni caso vi è una legge dello stato alla quale è necessario dare applicazione.
Ho partecipato qualche giorno addietro, assieme ai colleghi delle altre Confederazione, al tavolo di confronto in sede di Amministrazione Provinciale tra i sindaci di tutti i comuni brindisini e ne ho tratto il convincimento del rischio serio e concreto e per altro comprensibile, che molti comuni decidano autonomamente di optare per questa o quella scelta, di fatto cancellando la nostra identità territoriale. In quella sede è stata lanciata l’idea di costituire insieme a Taranto una provincia “multicefala”, sulla scorta di storiche aggregazione quali Pesaro-Urbino o Massa-Carrara, realtà con due capoluoghi, entrambi con pari dignità e con una distribuzione a rete dei livelli organizzativi della Pubblica Amministrazione; potrebbe essere una soluzione. Personalmente continuo a pensare che solo l’aggregazione dell’area jonico-salentina, cioè delle tre attuali provincie di Brindisi, Lecce e Taranto, appunto con una gestione collegiale del territorio, senza azionisti di maggioranza, ma con il convincimento che un simile territorio, per potenzialità economiche, turistiche, infrastrutturali, ambientali e sociali, non avrebbe equali in Italia e pochissimi rivali a livello europeo; veramente potremmo diventare la “Baviera italiana”, con un forza intrinseca in grado di determinare in maniera autonoma i propri destini, includendo in questo ragionamento la qualità della classe dirigente, rispetto alla quale la mia speranza è che sappia cogliere fino in fondo questa grande opportunità.
Corradino De Pascalis,
Segretario generale provinciale Cisl Brindisi
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