BRINDISI- (Da Il7Magazine) “Sono invalida e cardiopatica e da una settimana non ho più una casa. Ho chiesto aiuto ma il Comune di Brindisi mi ignora”. E’ il grido di aiuto disperato di una brindisina di 60 anni che vive di uno stipendio di poche centinaia di euro che da qualche anno non le consentono più di pagare un affitto regolare e che per questo motivo è stata sfrattata. La signora, che lavora due ore e mezza al giorno presso l’ospedale Perrino di Brindisi come inserviente non sa più cosa fare, non ha più una casa e nonostante si sia rivolta più volte ai Servizi Sociali di Brindisi, ad oggi non ha ricevuto alcun aiuto. “La mia storia parte da lontano- racconta- qualche anno fa a seguito di una lite per un parcheggio sono stata aggredita per strada ed ho riportato diverse ferite che mi hanno resa disabile. Sembra assurdo ma è così. Da quel momento la mia vita si è complicata e non sono stata più in grado di lavorare regolarmente”. La donna è molto provata da questa situazione e le sue condizioni sono state ulteriormente aggravate da una cardiopatia. “La salute non mi accompagna e così mi devo accontentare di lavorare solo due ore a mezza al giorno. Il mio stipendio mensile è di 450 euro- dice- tra le spese per le medicine e le utenze varie non sono riuscita a pagare regolarmente l’affitto sino a quando il padrone di casa mi ha comunicato lo sfratto. Con la pandemia sono riuscita a temporeggiare ma qualche settimana fa mi è stato comunicato lo sfratto esecutivo e sono stata costretta a lasciare casa”. La 60enne, che vive sola, perché il resto della sua famiglia risiede in un’altra città, in prima battuta ha chiesto accoglienza ad una amica. “Sono ospite di una mia amica ma non potrò restare qui per molto- spiega- ho tentato più volte negli ultimi due anni di chiedere aiuto al Comune di Brindisi. Mi sono rivolta ai Servizi Sociali ma il più delle volte quando ho telefonato non mi ha risposto nessuno e quando mi sono recata di persona presso gli uffici non mi hanno ricevuta. Non so davvero come fare”. La donna ha anche tentato di inoltrare la domanda per ottenere un alloggio popolare ma stando a quanto riferisce non sarebbe riuscita a produrre i documenti necessari. “Mi dicono che ci vorrebbero dei documenti ma poi non mi spiegano come reperirli. E poi dicono anche che bisogna , in ogni caso aspettare le nuove graduatorie per gli alloggi popolari , ma che non sanno quando usciranno”. I documenti di cui parla la 60enne sono quelli che dovrebbe produrre con l’aiuto del vecchio locatore, a dimostrazione che lei non è più residente in quella abitazione ma anche qui la donna non è riuscita ad avere nulla. “Sono uscita da casa prima- dice- ho lasciato la mia abitazione ancora prima che si presentassero i vigili urbani. Non volevo affrontare anche questa umiliazione. Ho consegnato le chiavi ma le mie cose sono ancora lì. Non i soldi per fare un trasloco ed ho dovuto lasciare tutti i miei mobili in quella casa. Sono riuscita solo a portare via la lavatrice e la cucina perché le ho vendute , ma solo per quello. Ed ora sono ospite qui dalla mia amica ma sono per un tempo limitato. Ho un fratello a Bologna ma non posso partire così e andarmene perdendo anche quel po’ di lavoro che ho”. La 60enne, quindi, spera che prima o poi il Comune risponda ma le possibilità che riesca ad entrare in graduatoria ed ottenga l’assegnazione dell’immobile popolare sono davvero scarse. Periodicamente il Comune aggiorna i dati e tre volte su tre le richieste superano di gran lunga la disponibilità immobiliare. In alternativa la donna potrebbe ottenere un piccolo contributo per poter pagare l’affitto ma anche in questo caso la situazione è piuttosto complessa. “Non si riesce a trovare casa in affitto con il contributo del Comune- dice- perché i locatari non condividono le tempistiche di pagamento. Spesso il contributo comunale arriva tardi rispetto alla scadenza dell’affitto e la gente, giustamente, non vuole aspettare. Nel frattempo chi come me si trova in questa situazione non sa che cosa fare. Anche la residenza e il domicilio, un tempo, quando non si aveva una abitazione la si faceva presso la Casa Comunale. Ora non si può più, in pratica sono in mezzo ad una strada. Il tutto è complicato dalle mie condizioni di salute , altrimenti, così come ho fatto in passato, avrei svolto anche due lavori ed in qualche modo non mi sarei certo rivolta al Comune . Oggi , invece, a 60 anni, mio malgrado, mi ritrovo a chiedere una casa in cui poter vivere dignitosamente”.
Lucia Pezzuto per Il7 Magazine
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