La storia di Franco e Giosuè , padre e figlio gay, conquista la prima pagina del Financial Times

BRINDISI- (da Il7 Magazine)  Franco e Giosuè Prezioso, padre e figlio di Ostuni, entrambi gay,  sfidano le convenzioni sociali e con raccontandosi insegnano cos’è l’amore. Le loro chiacchierate al telefono sono un cult in America e in Inghilterra. La loro è una storia di orgoglio, comprensione, amore, dove padre e figlio condividono racconti delle rispettive sciagure d’amore. La loro esperienza  è diventata un cortometraggio animato e un Podcast che sta spopolando sulla piattaforma “Europeans” con il progetto “A Podcast about Europee”, dove ha scalato la classifica degli ascolti raggiungendo migliaia di persone in tutto il mondo, finendo persino sulla copertina del “Financial Times”.

“I primi due anni mi sono accorto che Josuè aveva delle tendenze simili alle mie , inizialmente mi faceva soffrire il fatto che tendenzialmente lui potesse soffrire come me, subire abusi come me- racconta Franco- poi mi sono fermato e ho detto: la madre gli comprava le barbie ed io sarei l’ultima persona a dire è sbagliato quello che fai e mi sono detto: bene, se lui è felice io sono felice” .

Franco ha vissuto con difficoltà la sua omosessualità, ha lottato contro li stereotipi della società e i pregiudizi anche della sua famiglia, ma la sua tenacia lo ha spinto a non abbassare la testa e quando ha capito che anche Giosuè era omossessuale ha insegnato lui ad essere orgoglioso di se stesso.

“Sono nato ad Ostuni, una città bellissima, da una famiglia molto umile  di cinque figli. Abitavamo alle case popolari e poi a 10 anni sono dovuto andare in Germania- racconta, ancora Franco- Ho sempre desiderato dei figli , una famiglia . In quel periodo avevo una storia con una ragazza, non pensavo minimamente di sposarmi. Ho coinvolto mia moglie, era piccola anche lei, aveva 15 anni, mi piaceva perché era molto dolce e mi dava tante attenzioni ed a un certo punto ho deciso di sposarmi anche perché ho pensato: mi sposo , sarò più libero. I figli li ho sempre desiderati”.  Franco e Josuè hanno un rapporto splendido e probabilmente la condivisione delle loro scelte e del loro orientamento li unisce ancora di più. Josuè è un professore ed un ricercatore, lavora per istituti internazionali , soprattutto americani . Si occupa di arte e mercato. “Per quanto riguarda la mia infanzia , mamma e papà mi descrivono come un bambino molto silenzioso, molto curioso- dice- Non mi riconosco molto in questa persona perché sono estremamente cambiato adesso. Il fatto è che io sentivo che dentro di me c’era  un vissuto, un copione, come si direbbe in piscologia, che in qualche modo aveva già vissuto anche papà.  Così mi sono riscoperto omosessuale . Un po’ come papà. Non è stato facile. Io mi sentivo di ripetere un po’ qualcosa che io avevo demonizzato perché la società aveva demonizzato l’omosessualità di mio padre” .  Il percorso di Giosuè benchè avvenga in tempi e circostanze differenti rispetto a quello del padre è ugualmente tortuoso.

“Non è stato facile, in tanti potrebbero pensare che fare comming out da un’esperienza già previssuta nella famiglia possa essere facile- dice il giovane- Credo che nella nostra esperienza per me che ero molto automofobico perché avevo vissuto l’omosessualità come qualcosa di molto negativo perché i bambini , addirittura le maestre erano molto violente verso la mia omosessualità e soprattutto verso quella di mio padre. Papà in tutto ciò però si era presentato come un personaggio estremamente positivo, coraggioso che andava contro tutto e tutti e quindi mi ha dato quel boost per andare lì a petto alto e fregarmene della società in qualche modo”. Franco è tremendamente orgoglioso del figlio, come tutti i papà ma forse anche un po’ di più e come tutti i genitori durante la crescita di Giosuè ha affrontato tante paure. “Appena nato è stato un’emozione fortissima, non si può spiegare. Non sono stato un padre esemplare. Sono stato un padre istintivo- racconta Franco-Non volevo che lui soffrisse come me. Per un certo periodo sono stato male perché non riuscivo a capire quello che potevo fare. La situazione era grave, perché tutti che ti deridevano, che ti additavano, la famiglia non mi capiva , giustamente perché c’era molta ignoranza però piano piano mi sono fatto strada. Poi un giorno Giosuè mi chiama e mi dice : papà c’è questa radio europea dove fanno queste storie , vogliamo raccontare la nostra storia ?”. Da qui parte l’avventura di Franco e Giosuè e le loro chiacchierate al telefono diventano un podcast.

“Un giorno sono sul gruppo chiuso della mia università e c’è questa call a livello europeo , aperta a  27 paesi, che cerca la storia della periferia europea per capire questa Europa in che cosa consiste e comincio a raccontare un po’ la storia mia e di papà e mi rendo conto che questa storia nonostante fossi a New York, nonostante fossi a Boston impressionava la gente- spiega Giosuè- Dico a papà:

abbiamo un  minuto, una pillola , dobbiamo raccontare tutta la nostra storia e tu devi partire e dirmi delle cose deve essere molto naturale. E dopo qualche giorno ci dicono sappiate che non solo avete scalato tutte le classifiche europee, siete entrati nelle otto storie ma vi vogliamo come storia di apertura . Fare parte di una minoranza ti abitua a partire con il piede sbagliato, che non avrai mai successo in qualche modo, quindi noi ci aspettavamo che una volta distribuito il podcast non dovesse andare bene . E invece con grandissima sorpresa siamo stati recensiti dal “Financial Times” la nostra foto in copertina , Inghilterra , America”.  Il progetto è una serie “Josh&Franco” insieme a Katz Laszlo. I podcast servono a diffondere le storie di formazione di giovanissimi e giovani di massimo 35 anni, che vivono esperienze di abusi, sofferenza, transizioni, realizzazioni e tuttavia raggiungimenti di traguardi e vittorie. Il bando per partecipare al progetto prevedeva che si inviasse un pitch, una pillola, di un minuto che sintetizzasse la storia. All’organizzazione sono arrivate centinaia di proposte, da tutti e 27 i paesi dell’Unione e i criteri erano la pertinenza, coerenza, creatività, bisogno e unicità della storia. “Io e papà abbiamo partecipato tardi, eppure siamo stati selezionati come prima storia ad aprire la serie- dice Giosuè- In un paio di giorni abbiamo addirittura scalato le classifiche. Questo non solo ci riempie di orgoglio, ma ci fa anche pensare che la rivoluzione e il progresso si possono davvero innescare dal basso, come dalla nostra Ostuni, dove la storia è nata, si è evoluta e continua ad arricchirsi”. Franco e Giosuè continuano a chiacchierate tanto , come sempre, ma oggi quelle loro conversazioni possono fare la differenza nella vita di tanta gente. “Se possiamo aiutare qualcuno , perché no? Non vogliamo vittimismo, non vogliamo niente, vogliamo solo aiutare altra gente- conclude Franco- Vogliamo che chi come noi ci è riuscito, chi come noi vive sereno oggi , che ci riescano anche tante altre persone in tutte le altre parti del mondo, questo vogliamo”.

Lucia Pezzuto per Il7 Magazine

 

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