LA STORIA- Basandomi su numerosi documenti, ed ancor più sui miei ricordi, tenterò di narrare in poche puntate la Storia della Chimica a Brindisi, dalla posa della prima pietra della Montecatini fino agli anni della grande crisi e dello smembramento del Petrolchimico nei quali sono stato più diretto testimone .
Prima di insediarsi a Brindisi, la Montecatini era già la più grande industria chimica italiana ed una delle più grandi a livello europeo.
Era nata il 26 marzo 1888, con lo scopo di sfruttare una miniera di rame situata a Montecatini, appunto. Dopo alcuni anni l’impresa incontrò tuttavia una serie di difficoltà: la miniera si rivelò molto povera. Bisognava pertanto cercare altre strade. Lo si fece quando la guida della Società fu assunta da Giovanni Battista e Giulio Donegani, pionieri dell’ industria chimica italiana.
Nel maggio 1910 un altro Donegani, Guido, fu chiamato a soli 33 anni a far parte della Consiglio di Amministrazione. Grande organizzatore e dotato di un forte intuito, Guido trasformò la vecchia Società Mineraria in un complesso moderno, aperto a tutti gli sviluppi della scienza e della tecnica.
La crescita e la diversificazione delle attività produttive della Montecatini furono impressionanti: si iniziò con la produzione dell’ acido solforico, elemento base per la produzione di fertilizzanti, si passò poi alla produzione dell’ azoto, dell’ alluminio, degli esplosivi, delle fibre tessili artificiali e sintetiche, delle vernici, delle materie plastiche, delle sostanze coloranti.
Nel 1959, al momento della posa della prima pietra del Petrolchimico di Brindisi, la Montecatini possedeva molteplici attività: 15 centrali elettriche, 37 miniere e cave, 9 stabilimenti metallurgici, 41 stabilimenti per prodotti chimici e fertilizzanti fosfatici, 10 stabilimenti per prodotti chimici e fertilizzanti azotati, 3 stabilimenti per esplosivi, 8 stabilimenti per la produzione delle materie plastiche, 4 stabilimenti per la produzione di fibre tessili artificiali, 5 stabilimenti per la produzione di coloranti, 2 stabilimenti farmaceutici, 3 cokerie, 1 stabilimento per la produzione di vetro, 6 stabilimenti per la produzioni di imballaggi. A questi impianti si aggiungevano numerosi altri sparsi nel mondo.
Di grandissimo prestigio era la ricerca scientifica, che comprendeva ben 16 laboratori ed istituti, in grado di coprire tutti i settori di produzione. Una scoperta importante nel 1954, frutto della ricerca coordinata presso l’Istituto di Chimica Industriale del Politecnico di Milano dal premio Nobel Giulio Natta, fu il polipropilene, una resina polimerica derivata dal petrolio e destinata ad avere un grandissimo successo per la molteplicità delle applicazioni in tutti i campi: prodotti industriali, componentistica per auto, imballaggi flessibili e alimentari, prodotti per la casa, ecc. Il polipropilene sarebbe stato anche una delle principali materie plastiche prodotte nel nuovo petrolchimico di Brindisi.
Considerate le dimensioni della Montecatini e la sua presenza su tutto il territorio nazionale, non si può sostenere che la localizzazione del Petrolchimico a Brindisi rappresentasse una scelta obbligata. Vi erano altri potenziali siti e gli incentivi statali erano largamente disponibili per tutte le aree del Sud Italia.
La localizzazione a Brindisi fu determinata, per lo più, dai notevoli vantaggi di tipo logistico e geografico. Il petrolio greggio sarebbe arrivato agevolmente dai Paesi Arabi attraverso il canale di Suez. A tale condizione favorevole relativa all’approvvigionamento della materia prima se ne aggiungeva un’altra, non meno importante, riguardante l’esportazione dei prodotti finiti. Il porto di Brindisi, situato nel basso Adriatico, era infatti proiettato verso i potenziali mercati dei Paesi del Medio Oriente, dell’ est Europeo e del Nord Africa, per i quali a quel tempo si facevano previsioni di rapida crescita economica e commerciale . A sud di Brindisi vi erano inoltre ampi spazi di territorio pianeggiante, in gran parte incolto, facilmente collegabile con le infrastrutture portuali e con la ferrovia. Altro fattore favorevole era l’ ampia disponibilità di manodopera. Si trattava, a dire il vero, di manodopera non qualificata ma che avrebbe certamente soddisfatto le esigenze della Montecatini nella fase iniziale di costruzione impianti.
Determinante, infine, fu la possibilità di beneficiare di rilevanti finanziamenti da parte dello Stato. Con la legge 29 Luglio del 1957 n. 634 erano state introdotte attraverso la Cassa del Mezzogiorno forti agevolazioni finanziarie per favorire lo sviluppo del Sud. Più precisamente, ai sensi dell’art. 18, si potevano concedere contributi pari al 25% della spesa di investimento documentata. Tali agevolazioni furono ottenute anche grazie al forte interessamento di un uomo di punta dalla DC locale e nazionale, l’onorevole Italo Giulio Caiati, già presidente dell’Acquedotto Pugliese, e a quel tempo sottosegretario del Ministero della Poste e Telecomunicazioni. Non bisogna tuttavia trascurare che Montecatini era un’impresa totalmente privata, quindi poco disponibile ad impegnarsi in iniziative industriali e finanziarie di grande rilievo per mere valutazioni di ordine sociale, diversamente da quanto fece l’IRI a Taranto, che negli stessi anni realizzò con l’Italsider il più grande complesso siderurgico italiano.
Tutto ciò si verificava a Brindisi alla fine degli anni 50′, in uno scenario socioeconomico desolante. I bombardamenti subiti durante il periodo bellico avevano distrutto vaste zone dell’aggregato urbano, vi erano agglomerati di baracche ovunque, nell’attuale rione Cappuccini, al Casale, nelle adiacente dell’arsenale militare, nelle vicinanze del Collegio Tommaseo. C’era, per dirla in breve, povertà diffusa e fame.
Le strutture di assistenza sociale, l’ECA, la Chiesa provvedevano ai bisogni primari di moltitudini di diseredati. “ Chi rientrava dalla guerra o dalla prigionia non trovava lavoro, se riprendeva quello che aveva, lo toglieva ad un altro. E si scatenava la più classica guerra tra poveri…. “ , è questa la descrizione tratta da “ Brindisi 1945 – l’alba della democrazia” , ricostruzione di quegli anni realizzata in un bel libro da Patrizia Miano e Vittorio Bruno Stamerra.
Il Presidente della Amministrazione Provinciale Antonio Perrino descriveva invece così lo stato della città nell’immediato dopoguerra:
“… Brindisi era una città prostrata all’occupazione militare, con un porto ridotto allo stato di laguna deserta, con recinti di filo spinato rugginoso lungo tutto l’arco delle banchine, con miserabili aggregati di baracche e di tuguri fin nel cuore dell’abitato, con una economia esausta, una classe dirigente allo sfacelo, poche e malandate scuole, una rete viaria disastrosa, una massa di disoccupati famelici, purtroppo, impreparati alle nuove esigenze ….”.
Nel 1959 la situazione socio – economica era migliorata ma ancora molto depressa, tanto da far salutare l’insediamento della Montecatini come evento storico ed eccezionalmente positivo. D’altra parte i mezzi di comunicazione di massa a quel tempo erano limitati; era pertanto difficile dare spazio a tutte le voci, anche a quelle minoritarie contrarie alla costruzione del grande Petrolchimico, che pure esistevano. Basti pensare che la redazione della Gazzetta del Mezzogiorno fu istituita soltanto nel 1962, non esistevano altri quotidiani locali ed erano totalmente assenti le TV .
Il nuovo ed immenso stabilimento della Montecatini, che già ne possedeva da decenni uno più piccolo situato nel porto interno per la produzione di fertilizzanti ( struttura ancora esistente e magnifico esempio di archeologia industriale), fu localizzato in prossimità di Punta Cavallo. Occupava un’area complessiva di 700 ettari (quattro volte la Città di Brindisi, si pubblicizzò a quei tempi). Era delimitato ad ovest dall’invaso di Fiume Grande e a sud dalle campagne della Contrada Pandi. L’ immane opera di ingegneria fu realizzata in soli quattro anni, ed innestò in modo irreversibile processi di trasformazione dell’ambiente naturale ma anche culturale, sociale, economico, che analizzeremo diffusamente più avanti.
Giuseppe Antonelli
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