MILANO – Il calcio è senza dubbio uno degli sport più conosciuti e praticati nella nostra nazione e, in moltissime occasioni, regala emozioni forti. Forti come quelle che ieri ha provato il brindisino Leonardo Nunzella nello scendere in campo a San Siro contro l’Inter con la maglia del Pordenone, però, arrivano veramente di raro.
Nunzella, nativo di San Pancrazio Salentino e classe 1992, nasce calcisticamente nel Lecce dove svolge tutta la trafila con i pulcini fino a quando, ancora giovanissimo, fu scartato dalla società salentina per via del fisico troppo gracile e, così, approda nella squadra della sua città sotto la guida prima di mister Salvatore Piscopiello e poi, l’anno dopo, del mister Antonio Barile, con il quale la squadra arriva fino alla finale regionale persa 2-1 contro l’Aurora Bari a Noicattaro: nel 2011 torna al Lecce, impegnandosi con la Primavera e apparendo delle volte in prima squadra, dimostrando sul campo l’ingiustizia dell’esclusione subita da bambino. L’avventura nel Salento sarà un grande tramplino di lancio che lo porterà a vestire le casacche della Paganese, del Lanciano in serie B, delle più “famose” Catania e Parma fino a quando, a inizio stagione, si è trasferito al Pordenone. Molte esperienze tra i professionisti, insomma, che fanno di Nunzella un esterno mancino conosciuto negli ambienti calcistici per la sua bravura, per la sua tattica e per la sua disponibilità al lavoro.
Il 12 dicembre, è arrivato il giorno della “consacrazione”, momento che difficilmente il ragazzo dimenticherà: il Pordenone, infatti, ha ottenuto la qualificazione agli ottavi di finale di Coppa Italia e il calendario gli ha messo di fronte una big come l’Inter da affrontare in gara secca a San Siro, la “Scala del Calcio”, passerella per anni e anni di campioni come Mazzola, Rivera, Van Basten e più recentemente di Maldini, Baresi, Zanetti e Ronaldo. Di fronte a un pubblico delle grandi occasioni (con 4000 tifosi friulani), Nunzella è partito titolare nello scacchiere disegnato da mister Leonardo Colucci e ha disputato oltre 100 minuti perché i tempi regolamentari (e poi anche i supplementari) sono terminati in parità. Solo i crampi gli hanno impedito di concludere la partita, e magari di far parte dei rigoristi che hanno deciso l’esito dell’incontro. La sua squadra, quinta nel campionato di Serie C (girone B), ha tenuto testa alla capolista della massima serie e l’ha portata fino ai rigori, dove poi è uscita sconfitta ma a testa altissima. Emozioni forti, ovviamente, per lui e per i suoi familiari, ma anche per chi lo ha conosciuto e cresciuto calcisticamente.
“Sono stato forse il secondo ad accorgermi delle sue potenzialità – ci spiega Antonio Barile parlandoci di lui – perché i primi sono stati i tecnici del Lecce quando lui aveva circa 9 anni. Andammo a San Pancrazio con mister Roberto Prudentino, grande icona del calcio brindisino, a fare una partita dei pulcini: lo notai subito, lo ricordo come se fosse ieri. Piccolino, biondino, fenomenale per dribbling, velocità e tecnica. Alla fine della partita mi feci indicare il padre, Alfredo, con cui sono diventato grande amico e con lui parlai della volontà di averlo al Brindisi, ma era già stato notato dal Lecce”.
Sono parole speciali e sincere quelle che Barile, emozionato, gli riserva: “Dopo essere stato scartato dal Lecce, l’ho allenato per un anno intero a Brindisi, un anno fantastico dove ha messo in luce umiltà, serietà e dedizione al lavoro da prendere come esempio: è nato professionista e lo continua a essere, non a caso è sempre apprezzato da tutti gli allenatori che ha avuto”.
Le loro strade, poi, non si sono mai divise: tra consigli dispensati in momenti difficili, come quello di stringere i denti a Lanciano quando aveva poco spazio tra i titolari, tra loro è sempre rimasta una stima reciproca che porta il tecnico brindisino ad avere ricordi dolcissimi: “Di lui mantengo un ricordo e un esempio che porto avanti anche ai ragazzi che alleno adesso, oltre che una splendida amicizia con suo papà. Vederlo a San Siro mi ha dato un’emozione da brividi, da pelle d’oca: dai campi più rovinati della Puglia che ha calcato insieme a me è arrivato a giocare contro l’Inter, dispensando una grande prestazione e uscendo tra gli applausi. Sono sensazioni uniche che ti danno il gusto di svolgere questo hobby che da ormai 20 anni mi tiene legato al calcio”.
Antonio Solazzo
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