TIRANA- (da Il7 Magazine) Lungo la strada che collega l’aeroporto internazionale di Tirana al centro abitato spuntano decine di capannoni: mega concessionarie d’auto, negozi di arredamenti su diversi piani, edifici in costruzione e poi distese di terreno incolto con cartelli che propongono la vendita. Un paese in cantiere, guardato con interesse dagli italiani, in particolar modo dai pugliesi. Proprio vicino a questa strada si trova la Telcom, l’azienda ostunese ha deciso di investire in Albania per coprire nuovi mercati. L’Albania della flat tax, dell’aliquota unica sul reddito, fa gola a molti imprenditori. La Telcom realizza serbatoi e vasi da giardino in un capannone di 25mila metri quadrati. La stessa identica produzione dello stabilimento di Ostuni. In Albania conta però su 8 dipendenti, ad Ostuni ne ha 200 sul libro paga. A gestire l’azienda in Albania sono diversi soci.
“L’investimento è agevolato dalla tassazione, e dal basso costo del lavoro –spiega Antonello Pastoressa, figlio di uno dei soci – c’è un margine di guadagno più ampio che ti permette di investire in altro e di essere al passo con un paese che è in pieno boom economico”. Antonello ha 25 anni è di Bitritto, provincia di Bari, suo padre Enzo, che è socio della Telcom albanese, vive a Tirana da 20 anni, oltre alla fabbrica gestisce un caseificio ed è prossima l’apertura di un’azienda di import ed export di prodotti alimentari pugliesi.
“Qui si paga il 15 per cento su tutti i redditi, sia per la persona fisica che per la persona giuridica – afferma il ragazzo – e la stessa percentuale viene pagata sugli stipendi dei dipendenti che variano dai 250 ai 400 euro al mese”. Non ci sono neanche buste paga, il titolare va in banca è paga la percentuale di contributi e assicurazione.
Anche la burocrazia è più snella, per ottenere le autorizzazioni per aprire un ristorante ci vuole circa un mese. Il governo albanese punta alla conquista di investitori.
“Negli ultimi mesi – racconta Antonello Pastoressa – abbiamo attivato le pratiche doganali per una società di import e export di prodotti alimentari dall’Italia all’Albania, ma mentre alle Dogane albanesi tutto è stato celere, siamo ancora bloccati con la Camera di commercio in Italia”.
Qualche anno fa la Telcom di Ostuni ha vissuto momenti critici aziendali con il licenziamento di almeno 35 dipendenti a causa dell’accorpamento degli stabilimenti. Il proprietario di Telcom Alfonso Casale non parla di delocalizzazione ma di una scelta dettata per la copertura di nuovi mercati dell’est. Oltre che in Albania è stato aperto uno stabilimento anche in Romania, dove la tassazione unica è del 16 per cento su tutti i redditi.
“Ci sono prodotti che non sono esportabili in quei paesi perché sono molto voluminosi, come i serbatoi – spiega Casale – e quindi costerebbe troppo il trasporto. Per penetrare nei mercati dell’area balcanica abbiamo preferito spostare macchine e impianti e produrre sul posto. La fabbrica di Tirana copre Albania, Montenegro, Cossovo e Macedonia. Quella della Romania invece la Serbia, l’Ungheria, la Bulgaria e la Moldavia”.
Casale dice che nulla di ciò che è prodotto all’estero viene portato in Italia, ma ammette che la differenza per un imprenditore è tanta. “In Italia un’azienda è tassata oltre il 70 per cento – afferma – la gestione dell’impresa è condizionata dai tributi locali, tasse centrali ed eccesso di burocrazia. Fare impresa da noi è ogni giorno più difficile, e ci sono sempre meno motivazioni”.
L’Albania per molti pugliesi rappresenta un’opportunità, 8 ore di nave o 45 minuti di volo. “E’ un paese – dice ancora l’imprenditore – dove ci sono molte possibilità di crescita a differenza del nostro mercato con una concorrenza esasperata. La tassazione e i costi sociali del lavoro sono favorevoli. Per la Tari (tassa sui rifiuti) in Italia paghiamo centinaia di euro solo perché esistiamo come azienda, tributi sconnessi dal reddito. Ora in campagna elettorale si torna a parlare di flat tax anche in Italia, ma ormai non crediamo più a nessuno”.
L’Albania della flat tax ha però la sua doppia faccia nonostante il centro di Tirana sembra ormai una capitale europea tra mega centri commerciali, uffici, banche e negozi costosi. A poche tasse corrispondono pochissimi servizi, la maggior parte delle pensioni si aggira intorno a cento euro al mese, nessuno ha mai sentito parlare di indennità di disoccupazione e gli ospedali pubblici, soprattutto nelle periferie, sono fatiscenti e senza attrezzatura. Anche per un’operazione all’appendicite si va dal privato dove si paga circa mille euro. A Tirana ci sono almeno quattro ospedali privati tutti gestiti da stranieri.
Negli ultimi cinque anni 4500 medici albanesi hanno abbandonato il loro paese per la Germania.
In termini di paragone la situazione in Italia attualmente non è tra le migliori, almeno in proporzione alla tassazione e ai servizi offerti. Ed per questo che in tanti ancora vedono l’Albania come una buona via di fuga.
Lucia Portolano
(per il7 Magazine)
capisco i soldi non’anno odore auguri per il fiuto imprenditoriale pero un salariato senza busta paga mi sembra rassomigliare molto, con rispetto per il paese ALBANIA si rassomiglia molto alla nuova frontiera.E forse una nuova colonia?.I cittadini di questa Albania moderna non meritano forse a parte il lavoro una migliore considerazione.Buone feste per i nostri imprenditori Pugliesi emigrati.