BARI – “Abbiamo scritto al Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e al Direttore Dipartimento della Salute, Vito Montanaro, per richiamare la loro attenzione sulla istituenda struttura USCA (Unità Speciale di Continuità Assistenziale) di cui si sta parlando con i sindacati più rappresentativi a livello del Comitato Permanente Regionale. La posizione del sindacato che rappresento, il Sindacato Medici Italiani (SMI) è nota. Non possiamo e non vogliamo piangere altri colleghi morti”, così Francesco Pazienza, Segretario Regionale della Puglia del sindacato medici italiani.
“Non è pensabile di avviare questo servizio senza alcune indispensabili garanzie strumentali ( DPI idonei, a norma e in quantità sufficiente ) e senza un minimo necessario di logistica (mezzi di trasporto, individuazione di locali dedicati da sottoporre a frequente sanificazione ecc. ). Né tanto meno possiamo operare senza attrezzature mediche adeguate (che non si limitano solo a termoscanner, a saturimetro e al teleconsulto) per fare un controllo medico, che non sia una farsa – aggiunge il medico- Vi è la necessita e l’urgenza di fare cure adeguate ai tempi e alla malattia che combattiamo, non è più tempo di pressapochismi e di proclami fastidiosi, finalmente possiamo e dobbiamo riabilitare il territorio da sempre sotto finanziato e sottostimato, dotandolo di ciò che è necessario per fare diagnosi e terapie al fine di garantire un’assistenza sanitaria degna di questo nome e non una commedia pericolosa per gli operatori della sanità e soprattutto per i cittadini”.
Il medico si riferisce ad equipe capaci di curare a casa i pazienti come insegna l’esperienza di altre realtà (es. il modello Piacenza ) la fase 1 in corsia la fase 2 a domicilio, perché la battaglia contro il coronavirus si combatte in corsia ma la guerra si vince sul territorio. Una medicina territoriale capace e pronta a seguire dai casi più semplici ai casi con pluri – patologie in modo da fare diagnosi (tamponi e test sierologici perché il virus se non lo cerchi non lo trovi) e la terapia, avviata dal personale medico, con i protocolli già sperimentati, direttamente a domicilio come più volte abbiamo richiesto.
“Giova ancora ricordare che la sanità diventa caposaldo di civiltà se viene gestita ed erogata secondo i principi della solidarietà, della equità e della gestione pubblica altrimenti diventa becero assistenzialismo – dice ancora il sindacato – Pensare di chiudere ospedali senza ampliare, fortificare, organizzare, finanziare il territorio ha portato al disastro che è sotto gli occhi di tutti. Possiamo correggere questa stortura, ci sono ancora i tempi per farlo, ma bisogna abbandonare l’idea che basti un decreto o una delibera dell’uomo solo al comando, per farlo, occorre invece ascolto, confronto, disponibilità a cambiamenti radicali e a volte dolorosi e, soprattutto, mettere al centro degli interventi il cittadino”.
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