BRINDISI – ( da Il7 Magazine di Lucia Portolano) Mentre i no vax in tutta Italia manifestano contro l’obbligo del green pass sui treni per le tratte a lunga percorrenza, da Brindisi arriva un’importante decisione del tribunale del lavoro nei confronti degli operatori sanitari non vaccinati.
Il giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi ha rigettato il ricorso presentato da due dipendenti della Asl che erano stati sospesi dal lavoro senza retribuzione per non aver fatto il vaccino anti Covid. Una sospensione prevista dalla legge nel caso in cui questo personale non possa essere impiegato in altre attività che impediscano il contagio del virus. Nessun rintegro a lavoro quindi per i due infermieri che avevano presentato ricorso dopo essere stati sospesi, senza percepire retribuzione sino al 31 dicembre, data fissata dal governo nazionale per l’obbligo vaccinale. Una decisione per tutelare tutti i sanitari dal contagio ma anche gli stessi pazienti.
“Non c’erano i presupposti per sottrarsi alla vaccinazione, e non ci può essere alcun provvedimento d’urgenza in quanto la perdita della retribuzione non concretizza un pregiudizio imminente e irreparabile”. Con queste motivazioni il giudice ha respinto il ricorso dei due lavoratori.
La decisione è arrivata dopo la consegna della documentazione da parte dei due infermieri, e una riserva durata due mesi. Come giustificazione della scelta di non vaccinarsi il primo infermiere avevano presentato al giudice il certificato del proprio medico di base che attestava l’impossibilità di vaccinazione perché aveva l’asma, l’altra infermiera invece, aveva rifiutato di fare vaccino in quanto si era sottoposta a delle cure. Ma questo non è bastato a convincere il magistrato, così come non aveva prima convinto la Asl.
Nello specifico i lavoratori avevano contestato sia il primo provvedimento emesso dalla Asl di Brindisi che aveva disposto le ferie forzate per il personale sanitario non vaccinato, sia la successiva sospensione senza retribuzione. Inoltre i due dipendenti avevano chiesto al giudice di sollevare questione di illegittimità costituzionale delle norme. Il riferimento è al decreto emesso dal governo (poi diventato legge) che ha previsto l’obbligo vaccinale per gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie pubbliche e private. La norma sancisce che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. La stessa prevede che la vaccinazione non è obbligatoria, e può essere omessa o differita, solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale. La legge stabilisce inoltre che quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione non è dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento.
La Asl di Brindisi nel procedimento davanti al giudice del lavoro era difesa dagli avvocati Francesco Ranieri e Silvia Mileto del foro di Bari.
“Il giudice ha respinto tutte le richieste dei lavoratori – spiega l’avvocato Francesco Ranieri – assumendo che è inammissibile invocare la emissione di un provvedimento d’urgenza posto che la perdita della retribuzione di per sé non concretizza un pregiudizio imminente ed irreparabile. Ha anche aggiunto che “non vi è neppure la prova della lesione irreversibile di un diritto di natura non patrimoniale. Il pregiudizio deve essere connotato dalla irreparabilità e non può ritenersi per il solo fatto dell’interruzione temporanea della prestazione lavorativa. È necessario che la sospensione dal lavoro determini una compromissione irreversibile di posizioni soggettive di carattere assoluto, con ripercussioni negative nella sfera personale e psico-fisica del lavoratore” mentre manca completamente la dimostrazione nei casi prospettati dei danni alla sfera professionale, in termini di mancata progressione di carriera o di dequalificazione”
Il personale in questione (così come altri 13 colleghi non vaccinati) era stato prima messo in ferie forzate e successivamente sospeso senza retribuzione.
La Asl brindisina è stata la prima in Puglia, ed una delle prime in Italia, ad adottare provvedimenti contro dipendenti che non si sono sottoposti alla vaccinazione anti Covid. Una battaglia portata avanti con convinzione dalla direzione generale.
Al momento sono 15 i lavoratori dell’azienda sanitaria locale brindisina sospesi senza retribuzione, tra questi ci sono 4 medici, in particolare uno medico dell’ospedale di Francavilla Fontana, un medico del 118, uno specialista ambulatoriale e un medico veterinario, a questi si aggiungono un assistente sociale, un tecnico di laboratorio e 9 tra infermieri e oss. Al vaglio ci sono le posizioni di altri dipendenti che hanno rifiutato il vaccino.
Intanto la Regione nella giornata del 31 agosto ha inviato a tutte le Asl pugliesi l’elenco dei operatori sanitari non vaccinati residenti in ciascuna provincia. Ogni Asl entro il 2 settembre dovrà inoltrare una lettera di invito a vaccinarsi entro 5 giorni, in caso di diniego, l’operatore sanitario sarà segnalato all’Ordine di competenza e al datore di lavoro affinchè siano i provvedimenti previsti. Nella provincia di Brindisi risultano residenti circa 400 operatori non vaccinati.
Sin dall’adozione dell’obbligo vaccinale per i dipendenti sanitari la Asl di Brindisi ha adottato il pugno. La decisione del giudice del lavoro dà così ragione all’azienda sanitaria, creando un importante precedente.
“Il percorso intrapreso ci ha dato ragione anche a livello giudiziario – afferma Giuseppe Pasqualone, direttore generale Asl Brindisi – Il nostro unico scopo è quello di tutelare lavoratori e pazienti in questo difficile momento emergenziale dove è necessario il senso d responsabilità di tutti, in particolare degli operatori sanitari che rischiano in prima personale. Come Asl di Brindisi siamo stati i primi ad adottare questa decisione difficile, in controtendenza rispetto a quelle che erano le consuetudini. Ma noi direttori generali, in qualità di datori di lavoro, abbiamo una grande responsabilità, e siamo pagati per assumere decisioni a volte anche difficili”.
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