Guerre tra clan: 19 arresti, in manette anche un mesagnese

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Vincenzo Carone

MESAGNE – Quello di oggi sarà ricordato come il ‘Blue Monday’ della Scu (Sacra corona unita) ovvero il giorno più triste dell’anno (ricorre il 19 gennaio ndr) per il sodalizio criminale è cominciato già all’alba grazie all’operazione denominata ‘Paco’ che ha portato all’arresto di 19 persone tra Nord Salento, Germania e Svizzera. Tra gli arrestati figura anche un mesagnese: si tratta di Vincenzo Carone di 57 anni alias ‘Lu pacciu’, volto già noto alle cronache giudizirie. A tutti gli arrestati sono stati contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi anche clandestine, estorsione e rapina.

Gli arrestati sono: Emanuela Spalluto, 29 anni di Novoli (arrestata a Nauchatel), Stefania Viterbo, 50enne di Novoli, Sergio Notaro, 55enne di Squinzano (notificato in carcere), Vincenzo Carone, 57enne di Mesagne, Vladimiro Cassano, 50enne di Squinzano, Gianluca De Blasi, 40enne di Novoli, Salvatore Milito già in carcere, 43enne di Squinzano, Gianluca Tamborrini, 35enne di Squinzano, Cosimo Emiliano Palma, 31enne di Squinzano, Nicola Pierri, 33enne di Squinzano, Franco Pierri, 63enne di Squinzano, Antonio Pierri, 31, di Squinzano, Andrea Valentino, 30enne di Squinzano, Alfredo Scazzi, 36anni di Squinzano, Paolo Scazzi  26enne di Squinzano, al momento dell’arresto in Germania, Vincenzo Stippelli 37enne di Squinzano, Andrea Spagnolo (già in carcere) 37enne di Squinzano, Andrea Pierri, 27enne di Squinzano, si è  costituito dopo il blitz. All’ordine di cattura manca Danilo De Santis Campanella, 43enne di Squinzano.

Attraverso le indagini, gli inquirenti hanno accertato il ruolo di Vincenzo Stippelli, che controllava gli affari del sodalizio per conto di Notaro: Stippelli si occupava del traffico e dello spaccio di stupefacenti, oltre che del supporto economico per le famiglie degli affiliati dietro le sbarre. Per conquistare il controllo assoluto del territorio, non ci si risparmiava in atti intimidatori, anche tra membri della stessa fazione. L’arma più usata, quella dell’intimidazione, in ogni sua variante: colpi di pistola diretti a persone, automobili e abitazioni dei sodali.

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Elementi di indagine

L’indagine che ha portato agli arresti di oggi ha preso il via dopo il tentato omicidio di Luca Greco e Marino Manca nel settembre di due anni fa: un agguato ordinato ma non portato a termine per un’arma montata male. Da questo momento in poi, Squinzano diventa protagonista, dapprima in silenzio poi sempre più rumorosamente, di una faida interna al clan De Tommasi – Notaro, che vede la sua svolta nel marzo 2013, quando Luca Greco viene arrestato per aver sparato alcuni colpi di pistola contro l’abitazione di Sergio Notaro.

Un gesto che non ci si aspetta da un sodale, che così facendo infrange il severo codice mafioso. Nel contempo, aumentava un’insofferenza interna al clan per la leadership di Notaro, sempre meno riconosciuta dagli affiliati: un clima di ostilità che emerge dal contenuto delle lettere di Cosimo Palma e Franco Pierri (che si lamentavano delle minacce che alcuni congiunti avevano ricevuto e avevano deciso di lasciare il gruppo) e da alcune intercettazioni, in cui emergeva la volontà di incastrare Notaro con un’arma in una delle sue proprietà, una masseria, e darlo arrestare dai carabinieri. Un piano che saltò, ma che vedeva minata irreparabilmente l’unità del clan.

È attraverso un’intercettazione in cui un affiliato in casa di Pierri racconta ogni aspetto del clan e delle rappresaglie compiute, raccontando episodi e nominando i loro responsabili che i carabinieri si mettono sulle loro tracce, sino al ritrovamento dell’arsenale del clan: episodio non reso noto, che ha fomentato la paura che le armi fossero cadute nelle mani della fazione avversa.

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Il fucile sequestrato a Carone

Tra gli arrestati c’è anche il mesagnese, Vincenzo Carone detto “Lu Pacciu”, arrestato in flagranza di reato nella sua abitazione, dove è stato trovato un fucile a canne mozze. È a Carone che fu – secondo la Procura – affidato il compito di prelevare Palma e Pierri, portarli in campagna e minacciarli di morte per un presunto debito non saldato.

Il nome di Vincenzo Carone non è nuovo alle cronache giudiziarie, poiché è stato uno dei protagonisti delle sanguinose faide tra i clan della Sacra Corona Unita. Da una parte, il fondatore del sodalizio criminale Pino Rogoli, dall’altra Antonio Antonica, suo storico componente.

Il 22 giugno 1989, quando lo scontro era al suo apice, Carone cadde in una trappola tesa dal clan di Rogoli, deciso ad eliminare tutti coloro che si frapponevano tra lui e il controllo del territorio. Carone pagò caramente la sua vicinanza ad Antonica. La sua compagna, Nicolina Biscozzi, è in macchina con lui quando dei malviventi affiancano la vettura e sparano. La donna resiste alla pioggia di colpi di pistola. Morirà in ospedale ad un mese di distanza dall’agguato, a 33 anni.

I fermi sono stati richiesti dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Capoccia ed eseguiti dai carabinieri del nucleo Investigativo di Lecce, del reparto Operativo e dalla compagnia di Campi Salentina. Gli arresti hanno sancito la fine del clan capitanato da Sergio Notaro arrestato il primo dicembre scorso e che operava nel territorio di Squinzano in un clima di avversità interne sempre più forte.

(Foto CorriereSalentino.it)

Agnese Poci

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