Gli operatori del 118 e i medici di base in trincea senza armi, al posto dei calzari sacchetti dei rifiuti

BRINDISI – (da il7 Magazine) Al posto dei calzari i sacchetti dei rifiuti. Le mascherine comprate dal sindacato e gli schermi facciali regalate da un’associazione locale. È così che i medici, gli infermieri e i volontari del 118 vanno “in guerra” contro il Coronavirus. Sono i primi ad entrare nelle case dei pazienti, sono i primi ad arrivare e ad avere a che fare con i sospetti Covid, ma sono anche quelli che al momento si sentono meno protetti. Con loro anche i medici di base e quelli di continuità assistenziale. Fanno parte della schiera degli operatori sanitari che in qualche maniera fanno da primo scudo al sistema ospedaliero. Da tempo reclamano gli adeguati dispositivi di protezione individuale; quando si presentano davanti ad un soccorso non sanno con cosa hanno a che fare. A volte gli stessi pazienti sottovalutano i sintomi del virus e non li comunicato al telefono al momento della richiesta di un intervento, altre volte ancora capita che vengano appositamente nascosti. Su 25 ambulanze a disposizione del 118 nella provincia di Brindisi, cinque sono state destinate per gli interventi sospetti Covid. Su questi non c’è il medico, ma subentra in un secondo momento qualora se ne facesse richiesta. “Non abbiamo paura per noi – racconta una dottoressa del 118 – ma abbiamo paura di essere responsabili per il contagio dei pazienti e dei nostri cari e per questo che chiediamo di essere protetti”.

È di qualche giorno fa la notizia di due operatore del 118 del Brindisino risultato positivo. La richiesta di uno screening a tutto il personale è unanime. La Asl ha comunicato che i test saranno effettuati a tutti gli operatori sanitari dell’ospedale Perrino, dove ormai ci sono una ventina di dipendenti contagiati, ma anche al personale del 118. Finalmente una risposta è arrivata e dall’8 aprile il Dipartimento di prevenzione della Asl di Brindisi sta contattando medici, infermieri e soccorritori per sottoporli a screening. Almeno un passo avanti.

“ Da tempo chiedevamo a gran voce che questo  personale sanitario fosse sottoposto a test – afferma Mimma Piliego, presidente della provincia di Brindisi del sindacato medici italiani – sono quelli più esposti, insieme ai medici di medicina generale e a quelli di continuità assistenziale. Non è possibile fare i tamponi solo quando hanno tosse e febbre, in quel caso la positività è quasi scontata.  Abbiamo chiesto dispositivi di protezione individuale ma non c’è  mai stata data risposta”.

Piliego pone all’attenzione anche sui medici di famiglia. “Sono 97 i medici morti in Italia , è la maggior parte sono medici d base – aggiunge la presidente –  sino a questo momento i dispositivi di protezione individuale sia al 118 che ai medici di famiglia sono stati garantiti solo dal sindacato che ha comprato le mascherine chirurgiche e i guanti con i soldi degli iscritti”.  Nel giro di 10 giorni in Puglia il sindacato dei medici ha inviato 10mila mascherine, e una parte è stata distribuita a Brindisi tra ambulatori e ambulanze del 118. “L’associazione locale Fablab – dice ancora Piliego –  ci ha fornito 200 schermi facciali che abbiamo dato sia ai nostri iscritti ma anche altri medici. Per il resto non abbiamo mai avuto nulla dalla Asl o dalla Regione Puglia. Attendiamo con ansia i dispositivi arrivati il 7 aprile al presidente Michele Emiliano. Non  è possibile mandare i nostri operatori con i  sacchetti  dei rifiuti al posto dei calzari. Questa è gente che sta lavorando in situazioni difficili e complicate e va tutelata. Stiamo combattendo contro un virus che sino a poco tempo non sapevamo nulla. Più andiamo avanti e più scopriamo e non possiamo permetterci errori”. Questo personale sanitario resta a volte in ambulanza con sospetti Covid per ore sino a quando il paziente non viene sottoposto a tampone e ricoverato. Una volta è accaduto che siano rimasti chiusi in ambulanza per 6 ore. Arrivati  alle 9 del mattino all’ospedale Perrino con a bordo una paziente sospetta Covid (poi risultata positiva) l’autista, l’infermiera e il soccorritore sono rimasti all’interno con la donna sino alle 15, orario in cui poi è stato effettuato il test. In queste circostanze il personale va assolutamente tutelato con gli adeguati dispositivi.

Intanto è ancora in alto mare l’organizzazione dell’Usca, l’unità speciale di continuità assistenziale, cioè di quei medici che devono seguirei  i pazienti che hanno contratto il virus ma che non sono ospedalizzati. Si tratta dell’assistenza  domiciliare dei malati  Covid. In altre regioni si sta organizzando questo servizio perché una delle priorità è limitare il più possibile l’ospedalizzazione. “Da noi questa cosa non si può ancora concretizzare – conclude il medico sindacalista – mancano gli strumenti, in quanto non è possibile che un medico vada con la propria auto a fare assistenza ad un malato Covid, nella stessa auto utilizzata poi con la propria famiglia. Se  sino a questo momento tutto è rimasto in piedi è grazie alla maturità dei medici e infermieri. Nessuno si è messo in malattia, abbiamo aperto i nostri ambulatori e continuato anche a fare domicilio”.

Lucia Portolano

1 Commento

  1. perché non aprire delle donazioni per “ATTO LIBERALE?” COMUNICATE IL NOME DELL’ISTITUZIONE BENEFICIARIA E L’IBAN. SE…SON FIORI?

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