Gestione Covid: aperte quattro inchieste tra Perrino e Focolare

BRINDISI – ( da Il7 Magazine) Covid e pensionamenti non rimpiazzati influenzano il lavoro della giustizia che va a rilento, nel 2020 presso la Procura di Brindisi sono stati iscritti mille procedimenti in meno rispetto al 2019. Nel dettaglio nel 2020 i procedimenti iscritti sono stati 2371 contro i 3363 dell’anno precedente. Ma la pandemia ha influenzato anche nel merito il lavoro della procura. Attualmente infatti sono pendenti quattro procedimenti penali sulla gestione dell’emergenza sanitaria nella provincia di Brindisi. Tra questi c’è un’inchiesta sull’ospedale Perrino di Brindisi e una sulla Rsa Il focolare.

 Entrando nel dettaglio il primo procedimento riguarda appunto l’osservanza da parte della Direzione sanitaria dell’ospedale di Brindisi delle prescrizioni regionali sui protocolli operativi da seguire per la tutela del personale sanitario sui luoghi di lavoro in relazione ai rischi di contagio da Covid. L’azione investigativa è mirata a verificare la concreta attuazione delle prescrizioni all’interno dell’ospedale Perrino, con riferimento alle misure di prevenzione tecnico-impiantistica, alla predisposizione dei percorsi differenziati, alla presenza della cartellonistica indicante i percorsi separati, alle misure da adottare per l’accoglienza dei pazienti, al corretto utilizzo dei dispositivi di prevenzione, all’esecuzione dei tamponi agli operatori asintomatici, all’attuazione delle procedure di sanificazione. Inchiesta partita dopo la prima ondata della pandemia che ha registrato al Perrino un gran numero di operatori sanitari contagiati e la successiva chiusura di tre reparti, poi riaperti successivamente.

Il secondo procedimento riguarda la situazione di un infermiere che ha contratto l’infezione da Covid  in reparto a seguito del contatto con una paziente positiva. In questo caso  l’indagine mira a verificare la tempestività della comunicazione della positività della paziente da parte della Direzione sanitaria. Il terzo procedimento vede invece indagato un medico per epidemia colposa. Il chirurgo avrebbe partecipato ad un intervento nonostante avesse la febbre, questi sarebbe poi risultato positivo al Covid.

Un altro fascicolo è stato aperto invece sulla rsa Il focolare, dove ad aprile scorso si contagiarono 102 persone tra ospiti ed operatori. Dopo l’emergenza e i numerosi contagi la Asl ha affiancato i privati per la gestione sanitaria della struttura. Solo allora la situazione migliorò. Le indagini stanno verificando eventuali ipotesi di responsabilità degli amministratori della residenza per anziani o dei medici addetti alla struttura, nel cui ambito sono oggetto di valutazione le problematiche riguardanti la qualificazione giuridica della struttura ai fini dell’assunzione della posizione di garanzia.

Tutte queste inchieste però incontrano dei limiti di carattere penale, e alcune di queste potrebbero essere archiviate. A spiegare le difficoltà di queste indagine è il procuratore generale della Corte d’Appello di Lecce, Antonio Maruccia.  La stessa Procura evidenzia la difficoltà ad inquadrare e sostenere il reato, ma ancor di più la difficoltà a trovare le prove e a dimostrare la relazione  di causa ed effetto nei contagi. In alcune circostanze si potrebbe trattare solo di sanzioni amministrative o comunque di procedimenti che non avrebbero risvolti penali. La Procura sottolineata l’eccezionalità della situazione, così come la difficoltà nella prima fase della pandemia di reperire i dispositivi di sicurezza sul mercato.

Il procuratore Maruccia, nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario in merito a questi procedimenti scrive: “Quanto alla valutazione giuridica dei profili di colpa medica tengo preliminarmente a segnalare in via del tutto generale come in materia assuma valore di precondizione ermeneutica la difficile individuazione delle regole di cautela in ragione dell’eccezionalità della situazione – afferma Maruccia esse infatti, quand’anche espressamente introdotte, sono risultate di difficile e non immediata attuazione, in ragione della metodologia prescelta di procedere a normazione in via d’urgenza mediante provvedimenti di carattere generale pubblicati sulla Gazzetta Ufficiali quasi sempre nel giorno di domenica e dichiarati immediatamente esecutivi, in assenza di previ e specifici accordi con le amministrazioni, specie periferiche, preordinati ad assicurare l’adozione delle necessarie misure organizzative ad hoc, e che tra l’altro richiedono sovente la disponibilità di dotazioni non in possesso delle amministrazioni e talora neanche reperibili sul mercato. Ciò rileva particolarmente con riferimento non solo per quanto concerne le responsabilità relative all’esercizio dell’attività sanitaria, ma altresì quelle dei dirigenti degli uffici amministrativi, in ragione della posizione di garanzia assunta con riferimento alla salvaguardia della salute dei dipendenti”.

Maruccia evidenzia non solo la difficile individuazione della regola cautelare da applicare in concreto, ma anche la concreta possibilità di adottare misure idonee a prevenire l’evento. “Poiché si versa in materia dominata dal principio probabilistico – spiega il procuratore – il modello di accertamento del rapporto causale deve essere necessariamente basato su leggi scientifiche che allo stato, in ragione della mancanza di esperienze pregresse in ordine alla genesi ed all’evoluzione dell’infezione, è particolarmente arduo poter agevolmente individuare ai fini della validazione del giudizio controfattuale: con tutte le conseguenti implicazioni riguardo al requisito della concreta prevedibilità dell’evento”.

La Procura cerca di mettere comunque ordine nella materia e indica  che per quanto riguarda l’infezione contratta da operatori sanitari in servizio presso la struttura ospedaliera, può ragionevolmente ipotizzarsi una precisa responsabilità del datore di lavoro in base alle previsioni del Testo unico sul lavoro. Per quanto riguarda invece l’infezione contratta da persone che hanno fatto ingresso nella struttura, quali visitatori a vario titolo senza essere ricoverati, la responsabilità colposa andrebbe ascritta in primis ai responsabili della struttura ospedaliera, benché vada fatta salva l’ipotesi in cui le prescrizioni tempestivamente ed efficacemente impartite siano state volutamente disattese dal personale sanitario che concretamente doveva porle in essere, allorché venga accertato che il contagio sia scaturito proprio da detta inadempienza. In tal caso sarebbe indubitabile l’estensione della responsabilità al personale sanitario.

Lo stesso viene precisato  per quanto riguarda l’infezione contratta durante la degenza da pazienti ricoverati nella struttura per altra causa. Allo stesso modo, nell’ipotesi della morte o più grave decorso della malattia di persone sottoposte a cure in strutture ospedaliere dopo aver contratto il virus, i principi da applicare non si discostano da quelli che usualmente regolano la colpa medica, pur avuto riguardo alla peculiarità della situazione determinata dalla pandemia da Coronavirus 19.

Sotto la lente di ingrandimento della Procura brindisina ci sono anche  alcune situazioni di lamentata inadeguatezza dell’assistenza sia da parte di medici di base, sia di altre strutture sanitarie.

Lucia Portolano

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