MESAGNE – Avrebbero favorito la latitanza dei cugini Umberto e Francesco Bellocco, volti di spicco della ‘Ndrangheta: in manette sono finiti Achille Rocco Giuffrè di 35anni e Leopoldo Cosentino di 31anni. L’esecuzione dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere è stata eseguita dai carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni – al comando del capitano Diego Ruocco – unitamente al personale del Nucleo investigativo di Roma V’ sezione. I due sono ritenuti responsabili di favoreggiamento personale – secondo gli inquirenti – nei confronti di appartenenti alla cosca della ‘Ndrangheta della famiglia Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria).
I due sono stati arrestati in flagranza di reato ieri mattina mentre uscivano dalla villa in campagna in contrada Baccone di un soggetto del posto noto alle forze dell’ordine nei pressi. I militari dell’Arma che erano alle calcagna dei due ormai da qualche tempo li hanno beccati proprio mentre cercavano di salire in auto, una Mercedes Classe E. L’operazione non è stata semplice poiché la zona dove sono stati rintracciati i due presunti favoreggiatori è abitata e calca di abitazioni.
La misura cautelare si basa sulle risultanze acquisite dal Nucleo investigativo del reparto operativo carabinieri di Roma a seguito della cattura dei due latitanti dei cugini Umberto e Francesco Bellocco, eseguito il 24luglio del 2012. Le indagini, in questi anni, hanno consentito di individuare la rete di persone di cui i due si sarebbero avvalse per trascorrere la loro permanenza da latitanti indisturbati.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Tribunale penale di Roma, sezione dei giudici per le indagini preliminari – ufficio 19^ del 13 gennaio scorso.
I due avrebbero agevolato la cosca della ‘ndrangheta Bellocco attiva a Rosarno e nella Capitale. Nella copiscua operazione sono finite in manette tre persone, tutti di origine calabrese.
Umberto Bellocco di 31anni è figlio di Giuseppe Bellocco, 66anni, con precedenti per associazione mafiosa, omicidio, estorsione, armi e altro, già latitante inserito nell’elenco dei 30 ricercati di massima pericolosità del Ministero degli Interni ed arrestato dal ROS dei Carabinieri nel 2007, in atto detenuto presso la casa circondariale di Terni, cugino di Gregorio Bellocco, quest’ultimo capo storico dell’omonima cosca;
Francesco Bellocco, invece, 27anni, è figlio di Carmelo Bellocco, latitante fino al 1994, in atto detenuto presso la casa circondariale di L’Aquila, ritenuto elemento di spicco, unitamente al fratello Umberto (cl. 37) della medesima cosca.
L’arresto dei Bellocco fu eseguito in circostanze rocambolesche da una pattuglia di carabinieri in servizio serale che decise di procedere al controllo di un gruppo di giovani che sostavano in strada nei pressi di un complesso residenziale di via Carentino. Alla vista dell’autoradio dei militari dell’Arma, i due si diedero alla fuga al fine di sottrarsi al controllo e i carabinieri riuscirono a bloccarne due i quali, in un primo momento fornirono dei documenti di identità falsi e, successivamente, furono identificati nei cugini Bellocco Umberto e Francesco, all’epoca entrambi latitanti da due anni, in quanto destinatari di numerosi provvedimenti restrittivi emessi dalle Autorità giudiziria di Palmi (RC) e Reggio Calabria nel 2010 per gravi reati, tra i quali anche il reato associativo di tipo mafioso.
La perquisizione del covo dei cugini consentiva di stabilire che i due ricercati si erano stabiliti a Roma da alcuni mesi ed erano operativi in attività illecite sul territorio; nel covo che era dotato di impianto di videosorveglianza, furono infatti rinvenuti numerosi telefoni, computer portatili, Jammer, ricevitori radio, macchine conta banconote, bilancini elettronici di precisione, un blocco notes con cifre ed appunti in codice, nonché l’Epistola di Leone IV, utilizzata dagli affiliati della ‘ndrangheta nel rito di iniziazione svolto in occasione delle nuove immissioni nelle cosche. I latitanti disponevano inoltre di 3 auto e 2 moto nuovissime, intestate a dei prestanome e poste sotto sequestro.
Maristella De Michele
Commenta per primo