Eliah: “Non ho rancore, perdono i miei aggressori”

BRINDISI- ( Da Il7 Magazine) Lo hanno picchiato senza motivo, hanno continuato a colpirlo mentre lui chiedeva “cosa vi ho fatto”, volevano ucciderlo, ma lui oggi tra le mura della sua casa, circondato dalla moglie e dai suoi tre bambini, dice: “Non ho alcun rancore, vi perdono”. Così Eliah, 31 anni, ghanese, si rivolge ai suoi aggressori, a quegli uomini incappucciati e armati di bastoni che lo hanno picchiato venerdì sera nei pressi del sottopasso in via Appia a Brindisi. Un raid razzista, una sorta di spedizione punitiva nei confronti dei cittadini stranieri la cui unica colpa è stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Eliah neppure li conosceva quegli uomini e loro di certo non conoscevano lui. “I vigliacchi” non sapevano che quel ragazzo dagli occhi grandi e scuri, che camminava con la bici sotto il braccio stava tornando a casa dopo una lunga giornata di lavoro.

Eliah vive in Italia da quattro anni, arriva dal Ghana dove sin da piccolino ha imparato a lavorare e intagliare il legno. Questo giovane, un po’ timido, è un bravissimo falegname che lavora in una delle attività commerciali di Brindisi. Il suo datore di lavoro gli vuole molto bene e le persone che frequentano il negozio apprezzano il suo carattere dolce e sempre accondiscendente. “Mi trovo in un paese straniero- dice Eliah- è normale che quando sei ospite tu debba seguire le regole di quel paese. A me non piace litigare e anche se qualche volta mi hanno offeso o detto parole , io ho sempre buttato tutto dietro le spalle. E’ quello che mi hanno insegnato, mi hanno insegnato il rispetto e l’amore verso il prossimo”. Eliah è un ragazzo mite, ha un braccio bloccato da una sorta di imbragatura perché i colpi di bastone che ha ricevuto sulla spalla gli hanno fratturato le ossa, ma lui non si lamenta. Intorno a se ci sono i suoi tre bambini, una femminuccia di un anno e due maschietti di tre e quattro anni, e poi c’è la moglie che lo segue con lo sguardo preoccupato. Il giovane non vuol far trasparire lo shock ma il ricordo di quella brutale violenza è vivo nelle sue parole. “Io stavo tornando da lavoro, erano le otto di sera, e stavo per scendere le scale del sottopasso con la bicicletta sotto braccio- racconta- ho sentito una presenza alle mie spalle, un movimento dell’aria. Istintivamente mi sono girato e ho visto arrivare il bastone. Ho cercato di scansarlo perché ho capito che stava per colpirmi la testa e allora ho alzato la spalla per proteggermi”. Il primo colpo violento colpisce Eliah alla spalla destra, in quel momento il giovane non capisce cosa sta accadendo perché la persona che gli sta davanti non dice nulla ma continua a brandire il bastone. Accanto a questo vi è un secondo soggetto anche questo gli si scaglia contro. “Non capivo perché mi stessero colpendo- dice Eliah- io continuavo a chiedere perché? Ma loro non mi rispondevano. Poi ho sentito qualcuno dire “Uccidilo, uccidilo” e lì ho avuto paura”. Sono le 20 di venerdì sera ed Eliah no sa che la stessa sorte è toccata ad un altro giovane di colore dieci minuti prima nei pressi del passaggio a livello tra via Osanna e via Cappuccini. Eliah non sa che queste persone hanno organizzato una sorta di spedizione punitiva a sfondo razziale, non sa che questi balordi si stanno accanendo contro di lui solo per il gusto di farlo. “Non sono riuscito a chiedere aiuto subito- dice ancora il giovane- strano a quell’ora c’è sempre tanta gente che attraversa il sottopassaggio ma in quel momento c’era solo un uomo che camminava davanti a me. Quell’uomo sicuramente si è accorto di quello che stava accadendo ma ha continuato a camminare facendo finta di niente e io sono rimasto solo”. L’aggressione dura solo pochi minuti, i malfattori si danno alla fuga subito, per strada c’è un’auto ad attenderli. Eliah, però, non si capacita e nonostante le ferite e il dolore alla spalla e al braccio si gira per raggiungerli e per chiedere ancora una volta “perché”. “Io non li conoscevo e non avevo fatto nulla- dice- mi sono girato ancora una volta per chiedere: che cosa vi ho fatto? Ma sentivo gridare, sentivo ancora quella voce che diceva uccidetelo”. Eliah non riesce a guardare in faccia i suoi aggressori, ma di una cosa è certo, non erano dei ragazzini e ne tanto meno degli sprovveduti. A dare ragione ad Eliah le immagini delle telecamere di video sorveglianza all’interno del sottopasso e quelle che si trovano all’esterno, su via Appia. Su quei freme gli investigatori stanno lavorando per dare un volto e un nome agli aggressori, gli stessi che qualche minuto prima avevano aggredito Bakacila, un giovane senegalese di 20 anni, in via Osanna. Un giovane che oggi ha preferito prendere il treno per la Calabria e allontanarsi da Brindisi.

“Io non ho paura- dice Eliah- non ho paura per me . Ho paura per i miei figli, per la mia famiglia e per gli altri ragazzi. Ho paura che qualcuno possa farsi male , sul serio”. Il falegname ghanese ora è a casa in malattia, ha avuto una prognosi di trenta giorni. Sua moglie esce al mattino per andare a portare i bambini all’asilo e fare la spesa ma dopo un certo orario sembra scattare il coprifuoco e non si muove più da casa. “Mia moglie ora ha paura- dice Eliah- non esce da casa con il buio. E’ molto scossa. I bambini sono piccoli e non si rendono conto. Loro sono sereni, vanno a scuola, sono felici con i loro compagni e nessuno si è mai permesso di dire o fare qualcosa. Qui a Brindisi abbiamo tanti amici , tante persone che ci vogliono bene”.

Eliah con il suo lavoro da falegname è riuscito a dare un tetto sulla testa alla sua famiglia e una vita dignitosa, paga l’affitto regolarmente e le tasse, qui in Italia. Non solo, fa anche del volontariato. Eliah è segretario del Ghana National Association, un’associazione di volontariato, una onlus, che aiuta i cittadini stranieri in difficoltà. La Ghana National Association si adopera nel dare assistenza nell’espletamento delle pratiche burocratiche, nel trovare un alloggio , nell’aiutare quei cittadini che non conoscono la lingua italiana e vivono sul nostro territorio. Eliah è molto impegnato su questo fronte. “Mi piace aiutare gli altri- dice- lo faccio con amore. E’ quello che ci insegna Dio, ad amare gli altri e a perdonare”. Oggi Eliah spinto dalla profonda fede perdona i suoi aggressori ma ha molti dubbi sul futuro. “Non so se voglio continuare a far crescere i miei figli qui- dice- ho paura per loro. In futuro si vedrà”.

Intanto oggi , sabato, 27 ottobre, l’associazione di Eliah e le altre comunità insieme al Forum sanno in piazza Cairoli a partire dalle 16 per una manifestazione pacifica in nome della pace e della fratellanza, uno modo per dire No al razzismo e alla violenza.

Lucia Pezzuto per Il7 Magazine

2 Commenti

  1. Credo anche dispiace che siano brave persone chi subisce nel aver menato bisogna però capire entrambi le parti personare bravissimo alihan….

  2. Io credo che prima di parlare di razzismo ci
    Dobbiamo pensare può darsi che ci sono state delle iN comprensione.
    Come nn ho letto che su quella povera bambina di Ancona di Roma o quelle persone massacrate a Milano siano stati dei raid razzisti da persone di colore nei confronti di Personè bianche

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*