BRINDISI- (Da Il7 Magazine) Isolamento sociale, ossessioni compulsive, difficoltà a relazionarsi con la famiglia, sono stati tanti i brindisini che hanno sofferto in silenzio durante questa quarantena forzata a causa del Covid ma sono stati anche altrettanti che hanno chiesto aiuto al servizio di supporto psicologico messo a disposizione dal Comune di Brindisi. Tre professionisti per due mesi hanno risposto alle telefonate di ben 150 cittadini che hanno chiesto consigli, anche con una frequenza quotidiana , per affrontare paure, attacchi di panico e sindromi che si sono manifestate con prepotenza in questo lungo periodo di isolamento.
“In due mesi abbiamo ricevuto 150 richieste di aiuto. Stabilendo con alcuni anche dei rapporti con frequenza giornaliera- ha spiegato Mariella Errico, una dei tre psicologi che si è occupata della linea telefonica- La richiesta è stata molto diversificata, dagli adolescenti alle persone adulte di un’età media tra i 50 e i 70 anni. Hanno chiamato genitori che erano in difficoltà con i propri figli, mamme preoccupate perchè i ragazzi si chiudevano in camera e si isolavano dal resto della famiglia. Quindicenni che trovavano la loro zona di confort sul computer. Questo era dovuto soprattutto alla paura di esporsi e confrontarsi con la vita sociale. I ragazzi soffrivano di una sindrome di isolamento sociale, ci si chiude in camera ci sente al sicuro evitando così gli attacchi di panico”.
Ma a telefonare non erano solo i genitori , molte volte anche gli stessi adolescenti hanno chiesto aiuto per dirimere i conflitti con il padre o la madre. “In altri casi erano proprio gli adolescenti a telefonare e a chiedere il nostro aiuto affinchè parlassimo con i loro genitori dei loro rapporti conflittuali. L’anonimato delle telefonate ha spinto le persone a chiedere aiuto con maggiore facilità- spiega la psicologa- Era un servizio lampo , dalla risposta immediata. I ragazzi in alcuni casi sono stati più coscienziosi degli adulti perché chiedevano che il padre e la madre fossero spinti a relazionarsi con loro. Alla fine dovrebbero essere gli adulti a mantenere determinati comportamenti in famiglia. Alcuni sono più flessibili altri no”. Il cambio di abitudini, la convivenza forzata con i membri della propria famiglia ha fatto così emergere contrasti che normalmente per problemi di tempo restano accantonati.
“Consideriamo che questa situazione di quarantena ha costretto le famiglie a stare in casa ventiquattro ore su ventiquattro, genitori che mai erano stati abituati a trascorrere tanto tempo con i figli. Normalmente la giornata è scandita dagli impegni di lavoro, da quelli scolastici e la vita in comune si riduce a poche ore. Durante questi due mesi di chiusura totale le famiglie hanno dovuto imparare a convivere- dice la Errico- C’è stata una irrequietezza e un nervosismo generale che la gente ha sperimentato in casa. Il vero problema in questi casi è stato la gestione dell’altro. Normalmente una mamma fa affidamento alla scuola o alla babysitter. Gestire un figlio 24 ore su 24 non è stato facile”. Accanto alle richieste di aiuto dei giovani e dei loro genitori anche i problemi di chi invece la quarantena l’ha trascorsa da solo in casa in preda ad ossessioni e paure.
“Poi abbiamo avuto numerose richieste di aiuto da parte di persone anziane terrorizzate dal virus e dalla possibilità di contagio. Le persone tra i 50 e i 70 anni sono state oggetto di un disturbo ossessivo compulsivo da contaminazione. Il bombardamento mediatico sul Covid ha acuito questa condizione. Abbiamo avuto una signora che lavava con la candeggina cinque, sei volte al giorno. Per questo è rimasta anche intossicata- racconta ancora la psicologa- Eppure non usciva e ne faceva entrare nessuno nel suo appartamento. Le consegnavano la spesa dietro la porta e lei disinfettava pure quella. Chiamava tutti i giorni, era ossessionata dalla paura di restare contagiata. Badiamo bene , il disturbo era legittimato. Nel parlare con noi cercava rassicurazioni. Il nostro ruolo è stato quello di riportare il dato reale , di indurla a ridurre questi che alla fine erano dei rituali per lei. Lo psicologo non da consigli ma da le tecniche per superare queste situazioni. Molto difficili sono stati anche i casi in cui vi erano persone che soffrivano di attacchi di panico. Sono state molto difficili da gestire. In quei casi è stato utile proporre loro di portare nella casa le loro attività. Ad esempio dedicarsi alla cucina, giocare con i bambini, prendersi cura degli animali domestici o fare attività fisica ma soprattutto mantenere le fasi del ciclo del sonno e della veglia. In modo che una volta tornati alla normalità non avrebbero avuto problemi. Anche solo il fatto di lasciare squillare la sveglia e mantenere un ritmo durante la giornata è stato molto utile”. Non sono mancate anche situazioni più gravi legate a patologie pregresse che in ogni caso gli psicologi hanno dovuto affrontare sostituendo il servizio sanitario che in quei mesi era sospeso. “Abbiamo avuto una situazione anche grave con un paziente che già frequentava il CIM e si presentava scompensato perché gli ambulatori erano chiusi. Oppure persone con demenza senile ed una paziente in particolare che soffriva perché non poteva fare la sua passeggiata al parco. Mi chiedevano come fare, quelli poi sono stati i primi ad uscire alla fine del lockdown”.
Dal 4 maggio scorso la gente ha ripreso ad uscire ed è cominciata la Fase2, la convivenza con il virus. Nuove abitudini per le quali non tutti si sentono pronti. “Ora c’è un altro problema ed quello di gestire l’approccio con le nuove abitudini, questo oggi è il nuovo nemico. Nei prossimi mesi solo il 50 per cento si adatterà. Il resto mostrerà una resistenza al cambiamento che potrebbe manifestarsi con altri disturbi- dice Mariella Errico- In realtà sarebbe necessario rafforzare i servizi pubblici. Quello che è accaduto nei mesi scorsi ne è stata la prova. Sarebbe utile dare questa assistenza gratuitamente a questi cittadini che non hanno la possibilità di andare dal privato. Ci sono tanti fondi , sarebbe utile investirli. Ricordiamo che la salute non è solo fisica e il sintomo fisico indica sempre un disagio psicologico”.
Il servizio di supporto psicologico messo a disposizione dal Comune di Brindisi è stato svolto oltre dagli psicologi e psicoterapeuti Vito Mauro Brugnola, Lucia Destino, Mariella Errico ed Elisa Polito.
Lucia Pezzuto
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