Dopo sette mesi chiudono i reparti Covid a Ostuni, Rosa: “Ora ci sentiamo liberi”

BRINDISI- (Da il7Magazine) Sette mesi in trincea, coperti da tute , calzari, mascherine, 24 ore su 24, hanno combattuto contro il virus salvando la vita degli altri, qualche volta hanno perso, ma non si sono mai arresi. Infermieri , medici, e tutti gli operatori sanitari dei reparti Covid dell’ospedale di Ostuni, oggi tirano un sospiro di sollievo. Il 29  maggio alle 14.38, l’ultima paziente ricoverata in Pneumologia Covid è stata dimessa ed il reparto è stato chiuso, dimessi anche i pazienti di Medicina Interna Covid, ora l’ospedale potrà tornare all’attività ordinaria. “Ora ci sentiamo liberi” sono le prime parole di Rosa De Biasi, infermiera in servizio nel nosocomio ostunese che dal primo momento ha affrontato l’emergenza sanitaria con i suoi colleghi. “Sono stati mesi molto difficili e dolorosi, molta gente non ce l’ha fatta, ma noi non ci siamo mai arresi- dice Rosa- oggi ci sentiamo più liberi”. L’ospedale di Ostuni in questi lunghi mesi è stato dedicato esclusivamente all’emergenza Covid, nei reparti di Medina Interna e di Pneumologia sono stati ricoverati non solo pazienti della provincia di Brindisi ma anche tutti coloro che in condizioni critiche arrivavano dalle province vicine, prima fra tutte Bari. Un’esperienza dura per questi sanitari che hanno combattuto una battaglia contro un nemico subdolo, spesso invisibile.   “Io ero impiegata nel reparto di ortopedia ma quando è scoppiata la pandemia e quando l’ospedale di Ostuni è diventato ospedale Covid,  sono stata trasferita nella semintensiva- racconta Rosa- E’ stato un impatto duro. Vedevamo la gente morire da sola , perché i parenti non potevano entrare, le persone ci guardavano e ci chiedevano aiuto con gli occhi. Molti anziani erano disperati e con loro le famiglie. In quei momenti ti crollava tutto, siamo esseri umani anche noi e non si può rimanere distaccati. I primi tre mesi ero molto spaventata , avevo paura di infettarmi e di portare il virus a casa, ho cercato di isolarmi anche dai miei figli”. Rosa ha 48 anni e vive a Carovigno ed ha due figli che in questi mesi ha cercato di tenere a distanza per paura di contagiarli. “All’inizio usavamo le doppie mascherine non avevamo neppure tutti i dispositivi, ma non ci siamo tirati indietro, lo abbiamo fatto con il cuore senza  avere un centesimo in più- aggiunge la donna- Non tutti i miei colleghi hanno scelto di lavorare nei reparti Covid , qualcuno non se l’è sentita e ha rinunciato. Qui siamo diventati una famiglia”. In questi lunghi mesi hanno vissuto molte situazioni drammatiche. “Molta gente qui, soprattutto gli anziani, si sono sentiti soli senza i loro famigliari e senza un telefono per poterli sentire. Tutte le volte che ho potuto mi sono messa a disposizione di queste persone, abbiamo fatto le video chiamate- racconta Rosa- Qui ho conosciuto Angelo, aveva 84 anni, la sua situazione era grave ed aveva il desiderio di parlare con i suoi figli. Con il mio cellullare abbiamo fatto le video chiamate, abbiamo registrato i messaggi audio per la sua famiglia. Angelo non ce l’ha fatta. Ha vinto il Covid. Mi rimane di lui un tenero ricordo, ancora oggi i figli mi ringraziano e mi vengono a trovare. Oggi siamo contenti di tutto quello che abbiamo fatto. Ora che i reparti Covid sono stati chiusi ci sentiamo liberi”.  Il ventinove maggio è stato l’ultimo giorno in reparto Covid. Alle 14.38 è stato chiuso. “Il dottor Bracciale, il primario di Pneumologia, mi ha detto: Rosa ricordati questa data. Abbiamo staccato i ventilatori, i caschi e chiuso la porta. Ho pianto. Ero qui quando lo hanno aperto e sono stata qui quando lo hanno chiuso. Ho imparato tanto in questi mesi , soprattutto dai miei colleghi, Simone Primavera e Francesco Saponaro, loro che già lavoravano in Pneumologia ci hanno accolto e ci hanno aiutato. Ringrazio anche le mie colleghe Katia Cavallo e Floriana Perrini, siamo stati una squadra”. L’umanità e la sensibilità ha fatto da collante con la professionalità e lo spirito di abnegazione al lavoro in queste corsie, ne sa qualcosa il primario di Pneumologia Covid, il dottor Pierluigi Bracciale, che con gli altri sanitari ha affrontato l’emergenza sanitaria:  “E’ stata un’esperienza brutta, in questo reparto abbiamo visto la gente soffrire e morire, senza distinzione di età. Quando il reparto di pneumologia è stato convertito in Covid abbiamo supportato Bari, nelle prime 16 ore arrivarono 14 urgenze contemporaneamente. Sono stati mesi davvero difficili. C’è stato un momento in cui avevamo ricoverato un’intera famiglia. In tre stanze distinte c’erano padre, madre e figlio. Ad un certo punto la mamma è deceduta ma noi non abbiam detto nulla al marito sino a quando non è stato dimesso  anche se lui chiedeva sempre della moglie. La nostra consolazione è stata che nonostante le morti siamo riusciti ad aiutare tanta altra gente”. Oggi nonostante la chiusura dei reparti Covid nessuno abbassa la guardia, l’emergenza resta e c’è chi continua a combattere. “La nostra ultima paziente è stata una donna adulta di 70 anni, quando le ho chiesto come si era contagiata lei mi ha risposto attraverso il figlio e gli amici che erano andati a trovarla. A me questa cosa ha fatto tanto rabbia . Dopo tutta la campagna di comunicazione e tutto quello che abbiamo visto ancora non si è capito che i giovani sono i primi a diffondere il virus. Mi ha fatto male questa cosa- dice Bracciale- In questi mesi abbiamo lavorato ininterrottamente, tutto il personale era in ginocchio. Sono stati eroici per l’attaccamento al lavoro e per la loro professionalità. Erano a pezzi ma  con tutte le loro paure e i rischi hanno continuato. Il lavoro di questi mesi ci ha coinvolto emotivamente e fisicamente. E’ un’esperienza che ci ha insegnato tanto. In tutta la mia carriera non ho mai visto dei quadri radiologici così disastrosi, mai visto polmoniti così devastanti. Questa è una malattia che non guarda in faccia la carta d’identità. Le persone qui sono state curate ma il miglioramento effettivo in reparto non c’è stato , la gente è migliorata dopo essere andata a casa”. L’ospedale di Ostuni torna così all’attività ordinaria. “Ora il reparto è chiuso, lo stiamo sanificando e rimettendo a posto. Certo se dovessero arrivare delle urgenze noi le prenderemo in incarico. Ma ufficialmente il reparto tornerà all’attività ordinaria giorno 3 giugno- conclude il primario-Io temo ottobre e novembre, se il virus dovesse tornare in quei mesi allora vorrà dire che abbiamo fallito tutti”.

Lucia Pezzuto per IL7Magazine

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