BRINDISI – Giovedì 30 giugno, alle 18, si svolgerà una manifestazione con corteo, organizzata dal baluardo storico della lotta contro la violenza di genere, che a Brindisi ha un nucleo di femministe che da oltre 40 anni è al fianco delle donne e che ha costituito l’associazione “Io Donna”: dal 1991 gestisce un Centro Antiviolenza.
Da piazza Cairoli, partirà la denuncia della violenza maschile sulle donne, con la richiesta di supportare quelle che subiscono e allo stesso tempo lanciando un grido d’aiuto alle istituzioni locali, nazionali ed europee perché si attivino politiche integrate di prevenzione e contrasto a questo grave fenomeno. L’invito alle manifestanti è di partecipare al corteo vestite di bianco con un accessorio rosso (scarpe, foulard, collane, ecc.), simbolo del femminicidio, oltre che a munirsi di tamburelli, nacchere, pentole, fischietti. “Faremo rumore per attirare l’attenzione pubblica e delle istituzioni e dire stop alla violenza di genere: ci sono leggi da rispettare, conquistate dopo lunghe lotte (legge sulla violenza sessuale e sullo stalking) e c’è la Convenzione di Istanbul da applicare – spiegano Lia Caprera e Anna Chiara Intini, tra le organizzatrici della manifestazione – La violenza maschile contro le donne è un continuum che si manifesta in tante forme: violenza psicologica, fisica, economica, atti persecutori (stalking), molestie e violenze sessuali. Il femminicidio è l’epilogo di una spirale che si può e si deve fermare. Di frequente il femminicidio avviene quando la donna decide di allontanarsi dal partner violento, separandosi o ponendo fine ad una relazione insopportabile e pericolosa”.
Solo dall’inizio dell’anno, sono 60 le donne uccise da mariti, fidanzati e compagni o ex tali: tra di loro, anche
Federica De Luca, di 30 anni, uccisa dal marito in fase di separazione a Taranto. L’uomo, solo dopo aver ucciso anche il figlio Andrea di 4 anni, si è suicidato. Una media impressionante: una donna ogni tre giorni muore da chi dice di amarla.
“La violenza maschile sulle donne è un problema politico, che affonda le sue radici nella disparità fra i sessi e nella discriminazione, confermandosi la più diffusa violazione dei diritti umani. Chiamiamo il governo e le istituzioni a rispondere di questa violenza e di queste morti, come prevedono le leggi e le convenzioni internazionali”.
La richiesta al governo Renzi, alla ministra alle Pari Opportunità Boschi, alla ministra per l’Istruzione Giannini, è quella di sbloccare i fondi del Piano Nazionale Antiviolenza per il biennio 2015/2016 e di riconoscere i Centri Antiviolenza nati dalla pratica femminista e gestiti come luoghi di rafforzamento e autodeterminazione delle donne, nel rispetto dell’anonimato e della riservatezza. Centri che andrebbero mappati, così come necessario è finanziare i Centri Antiviolenza in modo stabile e con cifre adeguate, mettendo fine alla discrezionalità delle Regioni e attuare una politica di prevenzione: educazione fin dalla scuola dell’obbligo, informazione, campagne culturali, impegno della televisione pubblica e dei media.
Gli uomini sono invitati a partecipare. Per info cell.320/3253755.
BrindisiOggi
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