SAN PANCRAZIO SALENTINO – (da il7 Magazine) Qualche volta in paese è stato considerato un parroco ‘infame’ perché ha suggerito alle forze dell’ordine nomi e cognomi di ragazzi che spacciavano. Lui è Don Giuseppe Taurino, parroco del Santuario di Sant’Antonio alla Macchia a San Pancrazio Salentino, piccolo centro a sud di Brindisi con poco più di 9mila abitanti. Un paese piccolo, dove ci si conosce tutti. Il sacerdote è considerato una figura importante e soprattutto una persona sulla quale contare. Don Giuseppe è sempre stato dalla parte dei deboli e ha ininterrottamente aiutato i così detti ‘ragazzi difficili’. Come per esempio ha fatto con Davide, un giovane di San Pancrazio, oggi maggiorenne, che a soli 13anni era diventato un ‘piccolo boss’ – così come lui stesso ha dichiarato durante la trasmissione Nemo di Rai2 lo scorso 26 ottobre – e aveva intrapreso la strada dello spaccio. Il parroco scoperto che l’adolescente, insieme ad altri suoi coetanei aveva imboccato una strada ‘sbagliata’ ha cercato di aiutarlo. Oggi Davide ha ringraziato don Giuseppe e gli ha detto che se non fosse stato per lui, forse, la sua vita sarebbe andata a rotoli.
Il santuario di Sant’Antonio alla Macchia è situato a circa 3 chilometri da San Pancrazio Salentino, in posizione rientrata rispetto alla strada provinciale che conduce a Torre Santa Susanna, in un area ricoperta in gran parte dal verde di una pineta, tra sparuti resti di macchia mediterranea. E’ proprio qui che nasce la piccola cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, eretta nel 1867 dai coniugi Doria e Petarra, in segno di gratitudine al santo taumaturgo per un miracolo ricevuto da uno dei figli. Ed è proprio qui in mezzo alle campagne sampancraziesi che don Giuseppe Taurino accoglie giovani e adulti e li aiuta nel loro percorso di recupero attraverso i lavori socialmente utili. E’ qui che nasce l’orto botanico solidale, coltivato e portato avanti proprio dai ragazzi che stanno cercando di migliorare la propria vita.
Qui don Giuseppe offre un pasto caldo anche a chi non ce l’ha. Offre ospitalità e una parola amica a tutti coloro che ne hanno bisogno. Grazie a lui una volta al mese si tiene anche il pranzo solidale. Davide è uno dei tanti ragazzi aiutati dal parroco di San Pancrazio.
“Davide ha accettato di essere aiutato – sottolinea il prete – Lo conoscevo da anni, conoscevo la sua famiglia. Sapevo che aveva iniziato a spacciare. Sarebbe dovuto venire in parrocchia per iniziare un percorso, ma così non è stato. Poi ho saputo che è stato arrestato e dopo il carcere minorile e la comunità è andato via da San Pancrazio. Quando l’estate scorsa è ritornato per pochi giorni e ha espresso la volontà di incontrarmi sono stato molto contento, soprattutto perché mi ha chiesto di essere confessato”.
Don Giuseppe è un uomo comune, si mischia fra la gente, offre il caffè in piazza, aiuta il prossimo senza nascondersi ed è una persona molto stimata a San Pancrazio proprio per la sua umiltà e benevolenza.
“Sono stato considerato dai ragazzi uno che disturbava ‘i loro giri’ – racconta – per loro ero ‘un infame’. Chi opera nella legalità non va mai bene, per loro dovremmo essere tutti omertosi. Ma per me l’omertà non esiste, ciò che mi ha sempre preoccupato è stato il bene di Davide e dei suoi compagni anche a costo di rimetterci la vita”.
Davide adesso 19enne ha seguito un percorso di recupero formativo, ha studiato in una scuola di cucina a Tuscania, uno dei centri in provincia di Viterbo, nel Lazio. Dopo essere passato da San Pancrazio per salutare amici e parenti e chiedere scusa e ringraziare don Giuseppe è partito in Germania, dove adesso lavora e sta cercando di riprendersi la sua vita e costruirsi un futuro.
“Il ragazzo adesso è cambiato – continua don Giuseppe – ci ho parlato per due ore e mezzo e mi ha chiesto perdono, mi ha chiesto il sacramento della confessione, la misericordia di Dio. Per cambiare bisogna essere veri e lui ha capito che aveva bisogno della misericordia di Dio per fare questo passo. Io gli ho detto che la vita è una continua lotta e che bisogna combattere per salvarsi. Mi auguro che il suo esempio sia seguito da altri ragazzi. Io sono solo un sacerdote e non un super eroe. Ci tengo che i ragazzi non sbaglino strada” conclude don Giuseppe Taurino.
Maristella De Michele (per il7 Magazine)
Cerchi di creare posti di lavoro per aiutare i ragazzi del sud facendoli arrestare di certo nessuno più li prenderà a lavoro e saranno costretti a vivere nell illegalità condannati doppiamente… perché se tutti hanno la possibilità di lavorare di certo non ci sarà necessità di vivere nell illegalità che al sud è diventata na questione di bisogno visto che lavora solo il 20 percento dei giovani…e gli altri come devono Campari?