BRINDISI- “Il porto di Brindisi mantenga la sua autonomia funzionale e decisionale”. I rappresentanti del territorio lo chiedono in maniera bipartisan , anche chi sino a qualche mese fa, si era dichiarato a favore della soppressione dell’Autorità portuale di Brindisi, visto come un ente che produceva sprechi. Istituzioni, consiglieri regionali ed parlamentari del territorio brindisino hanno scritto un documento congiunto con il quale rivendicano l’autonomia del porto e dicono “no” al declassamento di Brindisi. Questa la reazione al riordino della portualità italiana redatto dal ministro democratico Delrio, che prevede la soppressione dell’Authorty brindisina, con il mantenimento di quella di Taranto, e molto probabilmente di Bari. Oggi si preoccupa anche chi nel partito democratico durante il consiglio comunale monotematico sul porto tenuto un anno non aveva fatto opposizione alla soppressione, tutt’altro. Aveva pubblicato dichiarato di essere a favore della cancellazione dell’ente brindisino.
Il documento è stato sottoscritto da ASI di Brindisi; Provincia di Brindisi; Comune di Brindisi; Camera di Commercio di Brindisi; sen. Salvatore Tomaselli Pd; sen. Vittorio Zizza Conservatori e Riformisti; sen. Nicola Latorre Pd; sen. Pietro Iurlaro Gruppo Ala; on. Antonio Matarrelli Gruppo Misto; on. Elisa Mariano Pd; on. Nicola Ciracì Conservatori e Riformisti; consigliere regionale Fabiano Amati Pd; consigliere regionale Gianluca Bozzetti M5S; consigliere regionale Pino Romano Pd; consigliere regionale Mauro Vizzino Pd.
Riceviamo e pubblichiamo integralmente il documento:
“Le istituzioni, i consiglieri regionali ed i parlamentari del territorio brindisino rivendicano l’autonomia del porto e dico “No” al declassamento di Brindisi.
Perché di questo si tratta, non con il solo riferimento al porto, qualora si dovesse abbandonare il modello della piattaforma logistico-portuale pugliese a favore di una non meglio precisata “nuova” governance portuale.
A fronte, infatti, di una più che condivisibile impostazione prevista dal Governo nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL) dell’agosto scorso, si assiste ad un rincorrersi di dichiarazioni, indiscrezioni ed esternazioni, tutte riconducibili essenzialmente a non scontentare Bari e Taranto, città in contesa per la sede della nuova ipotizzata unica Autorità di Sistema Portuale.
Eppure, in tema di governance il PSNPL individuava nella dimensione “mono-scalo” degli organi di governo dei porti uno dei fattori principali su cui intervenire, avendo tale assetto prodotto finora un’inefficiente allocazione delle risorse e degli investimenti.
Proprio su queste basi il Piano progettava un nuovo modello di governance, costituito da otto Autorità di Sistema Portuale, in cui si indicano come ricompresi i soli porti già sede, attualmente, di Autorità Portuale. A livello di ogni singolo porto attualmente sede di AP, è prevista l’esistenza di un ufficio territoriale dell’AdSP, denominato “Direzione Portuale” con compiti istruttori delle deliberazioni di competenza dell’AdSP. In sostanza, una vera e propria organizzazione in cluster di porti vicini in associazione orizzontale, tra loro retti da una governance sovraordinata: l’Autorità di Sistema Portuale.
Le ultime decisioni, invece, starebbero conducendo ad una bozza di decreto legislativo di riforma del sistema portuale che non tiene più conto degli assunti del Piano, né per quanto concerne la composizione e la distribuzione delle governance – che risulterebbero 14 invece di 8, comprendendo ben 7 Autorità di Sistema con un singolo scalo – né per ciò che riguarda il modello della governance, privilegiando un’impostazione di stampo piuttosto verticale degli scali con l’identificazione dell’AdSP in un porto principale ed il conseguente declassamento dei porti restanti. In tal modo verrebbe sminuita, se non proprio annullata, la portata innovatrice del Piano Nazionale.
Non solo. Sembra infatti che, a fronte di richieste e pressioni provenienti dal capoluogo di regione, si stia per promuovere lo sdoppiamento di quella che sarebbe dovuta essere l’unica AdSP pugliese, in due governance con a capo Taranto e Bari, a mortificare definitivamente i principi ispiratori della riforma nazionale.
Nulla di tutto ciò può essere accettato dal territorio brindisino, che solo in virtù di un disegno organico e di più grande respiro, come può esserlo certamente una pianificazione nazionale per distretti logistici, avrebbe potuto rinunciare alla propria autonomia decisionale e funzionale.
Brindisi ha saputo trovare negli ultimi decenni le giuste specifiche che ora caratterizzano la sua infrastruttura portuale ed industriale, con un bacino di 7 milioni di mq e più di 6 km di banchine, come una tra le più complete, polifunzionali e sicure di tutto il Mediterraneo.
Il grandissimo valore aggiunto degli enormi spazi retroportuali, contraddistinti da connessioni di ultimo miglio, testimonia il valore attuale nonché potenziale del nodo. In tal senso, i numerosi investimenti in corso, della portata delle centinaia di milioni di euro, fra cui il nuovo raccordo di collegamento tra il porto e la rete ferroviaria nazionale, il terminal di Costa Morena Est, il potenziamento della connessione ferroviaria portuale e la piastra logistica intermodale retroportuale, incrementeranno le potenzialità di quanto già realizzato nel recente passato tramite le grandi infrastrutturazioni (una per tutte: la diga di Punta Riso), a favore di uno dei più grandi agglomerati industriali del sud.
Le banchine del Porto Medio di Brindisi sono, infatti, il naturale approdo per le industrie locali, che annoverano importanti presenze nei settori della chimica, dell’aereonautica e della produzione di energia elettrica, costituendo un’infrastruttura di riferimento per un territorio interprovinciale molto ampio. Il progetto della Piastra Logistica retroportuale, già sottoposto al vaglio del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, sintetizza le volontà ufficialmente espresse dalle Istituzioni locali e regionali di potenziare le funzioni intermodali del porto di Brindisi e delle sue aree retroportuali.
La posizione strategica di questo porto determina la sua grande vocazione commerciale-industriale, facendone il primo scalo italiano per volumi di traffico merci nel medio e basso Adriatico, con un aumento del 14% rispetto al 2013, per un dato assoluto 2015 vicino ai 12 milioni di tonnellate di merci complessive movimentate.
Per ciò che riguarda il traffico passeggeri, la chiusura dell’anno porterà un dato complessivo crociere+traghetti vicino alle 700.000 unità (+30% rispetto all’anno precedente).
E’ in questo quadro che si inseriscono le grandi aspettative di quest’area, che richiede maggiori attenzioni da parte delle Istituzioni centrali e regionali, e che auspica, perlomeno, una valorizzazione della sinergia con gli altri nodi pugliesi, nell’ottica della grande piattaforma logistica regionale, proprio come previsto nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica.
Se altri obiettivi dovessero portare al ribaltamento dei principi ispiratori del PSNPL, risulterebbero difficilmente comprensibili i motivi per i quali non si dovrebbe rivendicare anche per lo scalo di Brindisi la conferma della sua autonomia decisionale e funzionale.”
BrindisiOggi
“……risulterebbero difficilmente comprensibili i motivi per i quali non..etc. “. Neanche innanzi allo sfacelo imminente, non si rinuncia a quel linguaggio felpato, cerchiobottista e equidistantista che caratterizza il politico che vorrebbe dire ma non dice, che vorrebbe esprimere ma non esprime….. sempre pronto a volgere la banderuola là dove spira il vento del potente, sempre pronto a tenere i piedi in tre o quattro scarpe facendo ben attenzione a non pestare alcun piede….roba da equilibristi da circo….Il succo della vicenda? La paura che: NO authority? No poltrone!! …scusate la cattiveria…