BRINDISI- Una discarica di 50 ettari di rifiuti pericolosi e nocivi provenienti dagli scarti di lavorazione del Petrolchimico abbandonati sul suolo e sottosuolo da oltre 30 anni. Una zona interdetta ma solo a parole perché chiunque può entrare a pochi passi dal mare e dal parco naturale Saline Punta della Contessa. A segnalare il pericolo dell’area nella giornata di sabato ci hanno pensato gli esponenti di No al carbone che hanno collocato alcuni cartelli lungo il perimetro della zona altamente contaminata, un modo per segnalare l’estrema pericolosità dell’accesso. “Una iniziativa simbolica- affermano dal movimento- ma non solo, che vuole mettere in luce l’inerzia delle Istituzioni nella difesa della salute dei cittadini che continuano a frequentare la zona”.
Nella discarica del Petrolchimico, tra il 1962 e il 1980, sono stati sversati circa 1,5 milioni di metri cubi di fanghi tossici e residui di lavorazione industriale
La zona fu interdetta al pubblico solo nel febbraio 2011, con un’ordinanza del sindaco Mennitti e un fu montato un cancello lungo la strada principale che però lascia completamente libero l’accesso attraverso una strada adiacente secondaria. “ Nessuna recinzione quindi- continuano da No al carbone- nessun cartello all’interno che ne indichi la pericolosità. In occasione dei nostri sopralluoghi, con non poco stupore, abbiamo incontrato pescatori, famiglie di bagnanti, ragazzi in bicicletta o a piedi spesso inconsapevoli dell’effettivo livello di avvelenamento della zona e delle acque. Le amministrazioni comunali che si sono succedute in tutto questo tempo, almeno dal 1995 ad oggi (data della prima inchiesta), avrebbero dovuto segnalare opportunamente l’area per difendere l’incolumità pubblica e preservare la salute di ignari visitatori che dovessero accedere al Parco.”.
Sulla discarica del Petrolchimico, poi denominata Micorosa la Procura di Brindisi ha aperto un fascicolo dopo che nel mese di giugno alcuni cittadini affetti da tumore e lo stesso movimento No al carbone hanno presentato degli esposti. “Attendiamo fiduciosi che la magistratura possa svolgere al meglio il proprio lavoro e possa finalmente far luce sull’intera assurda vicenda verso la quale, per troppi anni, si è voluto erigere un muro di omertoso “silenzio istituzionale”. Addirittura qualcuno si fregava già le mani, in tempi recenti, pregustando di spartirsi quei 40 milioni di “
briciole, pensando di accelerare l’esame e l’avvio del progetto Sogesid: la faraonica opera per la messa in sicurezza, peraltro attuata già all’interno del perimetro del petrolchimico e dimostratasi inefficace. La costruzione di un muro di cemento che dovrebbe contenere i veleni e tombare per sempre anche le responsabilità.”
BrindisiOggi
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