INTERVENTO/Quando si hanno sul territorio insediamenti strategici sul versante del sistema industriale nazionale capita di ritrovarsi al centro dell’attenzione come in questi giorni: da un lato per l’approdo TAP, dall’altro per la vendita di parte della proprietà del gruppo ENI.
Ma ciò che spesso caratterizza il dibattito su Brindisi è che si parla di noi ma non con noi: il presidente Emiliano sfida il Governo per lo spostamento del gasdotto da S. Foca a un non meglio precisato punto della costa brindisina, ma il partenariato economico- sociale, e forse anche i livelli istituzionali brindisini, da quello che mi è dato sapere, lo apprendono solo tramite stampa. Non voglio entrare nel merito della fattibilità dell’opera, che comunque, come sappiamo, era stata già esaminata per tutta la fascia dell’estensione costiera interessata, valutandone i pro e i contro, ancora prima che si prendesse in considerazione quella del basso Salento, e si era deciso per il no; ma la domanda che vorrei porre al Presidente Emiliano è se la proposta dello spostamento parte solo da una forte motivazione “ad Escludendum”, cioè purchè non si faccia a San Foca consideriamo, allora, Brindisi. Perché, se così fosse, vorrei chiedere ad Emiliano se l’idea del vantaggio che Brindisi ne ricaverebbe con la trasformazione della Centrale Federico II di ENEL da carbone a gas è stata già valutata con la stessa azienda, che invece non mostra alcun interesse alla proposta di riconversione. Sicuramente ENEL deve porsi l’obiettivo della decarbonizzazione e di un piano industriale di energie rinnovabili, che ci riguarda, se Brindisi non vuole assistere inerte alla scomparsa del polo energetico, ma sul piano tecnico- scientifico non mi sembra che il percorso dell’innovazione consideri l’investimento nelle centrali a gas una strategia vincente. Potrebbe anche essere che ci siano altre ragioni che renderebbero utile lo spostamento dell’approdo e allora sarebbe opportuno, in concreto, conoscerli, perché sarebbero aspetti non di poco conto se, torno a dire, la proposta di Emiliano parte anche da un “prendersi cura” del futuro di Brindisi nell’ambito di una visione generale di sviluppo industriale pugliese, invece che essere solo una risposta al legittimo dissenso per la TAP da parte del territorio di Melendugno. Quella visione complessiva di sviluppo in cui trova motivazione la richiesta gia’ fatta alla Regione Puglia di un confronto con la società A2A Edipower per chiedere nuovi investimenti sul versante impiantistico per il recupero di materia e la chiusura del ciclo dei rifiuti, ma di cui ancora purtroppo non abbiamo riscontro, mentre dal 30 novembre ’15, i lavoratori saranno trasferiti presso altri impianti sul territorio nazionale.
Riguardo invece la questione ENI, domani a Brindisi ci sarà un’assemblea sindacale e sono state proclamate due ore di sciopero in tutte le aziende del gruppo ENI, perchè ciò che sta accadendo ci preoccupa e merita l’attenzione da parte di tutti i livelli istituzionali e di tutti i Parlamentari della nostra provincia. Siamo stati più volte tranquillizzati dal Management aziendale che lo stabilimento di Brindisi non correva rischi di chiusura quando non c’era traccia di investimenti per la trasformazione di processo e di prodotto a Brindisi nell’ultimo piano industriale, ma solo per la fermata dovuta per la manutenzione. Ma non pensavamo che ciò potesse significare che tutto ciò che in Italia rappresenta investimento nella chimica verde avrebbe subito lo stop forzato che si sta verificando alla luce delle operazioni finanziarie che il gruppo sta per compiere. E’ opportuno che domani dall’assemblea dei lavoratori venga fuori una richiesta precisa da indirizzare a Governo e Parlamentari per capire cosa significhi per Brindisi, come per tutti i siti di Eni in Italia che sono in agitazione e con cui si sta preparando la mobilitazione nazionale del 5 dicembre prossimo, la vendita al Fondi esteri di parte di Versalis.
Se Eni vuole abbandonare il Paese e’ indispensabile che il Governo faccia chiarezza, perché significa capire quale sarà il futuro industriale della chimica in Italia. Si faccia chiarezza su cosa può accadere nel petrolchimico di Brindisi, dove il destino industriale di Eni Versalis è strettamente integrato con Eni Power e con altri insediamenti industriali come quello di Basell e delle società operanti per le attività di servizi e logistica, BSG, Chemgas e di tutte le aziende dell’indotto. Si faccia chiarezza sul destino di Eni Syndial e sulle bonifiche dell’area Sin, visto che Eni non ha mai aderito all’accordo di programma né transato economicamente con il Ministero dell’ambiente.
Tutte questioni non di poco conto per lo sviluppo e per l’occupazione di un’intera provincia che, con gli ultimi dati pubblicati in questi giorni, raggiunge il record negativo di una percentuale di disoccupazione pari ad oltre il 31% dei lavoratori attivi.
Considero ormai urgente prendersi cura di un territorio, quale il nostro che tanto ha dato al Paese in termini di produzione, con un raccordo vero a livello interistituzionale, per discutere di sviluppo, innovazione e di certezze in termini di investimenti industriali. L’appello è che si parli di noi anche con noi avendo come obiettivo comune il bene di Brindisi e della sua gente.
Michela Almiento
segretaria generale CGIL Brindisi
Nessuno parla con voi ? Nessuno parla con chi, purtroppo, oggi rappresenta il territorio? E certo: VI CONOSCONO BENISSIMO. Ecco perché non parlano con voi.
Mi dispiace e mi disonora solo il fatto che guardando, da fuori, voi ed i politici ed amministratori locali, identificano anche noi con voi.Per il resto, sono d’accordo con quanto dice il Sig.Carlo ( che non so chi sia).
Si si certo, a scrivere trattati sei la numero uno. Tu e il tuo discutibilissimo sindacato sinistrorso a convenienza non state facendo che schiacciare ulteriormente il macigno sulle spalle dei vostri iscritti. Non meritate di essere chiamati “sindacato”, affrontate le vertenze solo a botta di articoli. Spero finirà presto per voi la pacchia, e che cadrete pure voi nel baratro in cui avete contribuito a far cadere centinaia di lavoratori. Schifato