Costretta a comprare anche l’intimo per il detenuto, estorsioni alla fioraia: 5 in manette

BRINDISI-  Estorsioni, minacce, atti intimidatori  per ottenere la licenza del negozio dei fiori a ridosso del cimitero comunale di Brindisi. Il 2 novembre l’attività commerciale è stata anche incendiata e mai più aperta, questa mattina l’arresto di cinque persone.  La titolare, una donna di 30 anni, con gran coraggio racconta tutto alle forze dell’ordine. Un lavoro di sinergia tra carabinieri e polizia di Brindisi, questa mattina ha portato all’arresto di  Giovanni Borromeo 45 anni e Donato Borromeo, 41 anni,  quest’ultimo ritenuto esponente di spicco della Sacra corona unita per la frangia brindisina, Serena Lorenzo, 27 anni,  convivente di Donato Borromeo, Francesco Palma 36 anni, e Luca Ferrari 38 anni,  ex marito della vittima. Tutti brindisini.

Donato Borromeo
Donato Borromeo
luca ferrari
Luca Ferrari

L’attività di indagine era già in corso da parte degli agenti della Digos di Brindisi, coordinati dal vice questore Vincenzo Zingaro,  in un secondo tempo si è aggiunta anche quella dei carabinieri del Nucleo investigativo di Brindisi,  al comando del colonnello Alessandro Colella,  il cerchio si è così chiuso questa mattina. Quando sono stati eseguiti gli arresti disposti dal gip di Lecce Annalisa De Bendetictis, su richiesta del pm della direzione distrettuale antimafia Alberto Santacatterina con il coordinamento del procuratore capo Cataldo Motta.

I cinque sono indagati a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al compimento di rapina ed estorsione, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose, con lo scopo di acquisire la licenza e l’immobile del negozio di fiori nei pressi del cimitero. IL locale  ubicato in via Ticino al quartiere Perrino  è di proprietà del Comune di Brindisi ma gestito da una 30enne.

serena lorenzo
Serena Lorenzo

Secondo gli inquirenti il progetto criminoso sarebbe stato portato avanti con metodo mafioso.  Atti persecutori, appostamenti, minacce nei confronti della donna per cedere senza alcun corrispettivo la licenza e il locale a Donato Borromeo. Gli indagati avrebbe  fatto questo avvalendosi della  forza  di  intimidazione del  vincolo  associativo  e della  condizione  di  assoggettamento e di omertà  che  ne  deriva  dal fatto che Borromeo fosse riconosciuto a Brindisi come un noto esponente della Sacra Corona Unita. Un’affiliazione venuta fuori dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti: da Ercole Penna all’ultimo Francesco Gravina.

Ed infatti stando a quanto racconta la vittima, la storia inizia nel 2010 quando il suo ex marito Luca Ferrari, allora ancora suo coniuge, si rivolge a Borromeo per trovare protezione dopo che due persone si erano presentate alla sua bancarella nelle vicinanze del cimitero (allora la donna non aveva ancora il locale in gestione), e uno di questi le avrebbe detto di essere stato mandato  da Tobia Parisi, mesagnese, che le intimava di lasciare quel posto “in quanto lì comandava lui”. Parisi, condannato in primo grado, è esponente della Scu di Mesagne vicino al clan Campana.

L’ex marito della donna Luca Ferrari si così rivolge a Donato Borromeo, suo collega alla Monteco, il quale gli dice che ci avrebbe pensato lui a risolvere la situazione, perché Parisi lo conosceva bene.

incendio fioraio cimitero 1Un interessamento quello di Borromeo che non sarebbe stato gratuito, questi avrebbe chiesto “un regalo”. Ai tempi ancora della bancarella la 30enne consegnò all’uomo 300 euro. Ma non solo questo, prima dei soldi la titolare avrebbe fornito più volte alla famiglia di Borromeo diversi fiori e piante. La storia è andata avanti per tempo, attraverso forniture di fiori durante le diverse festività.

Ad un certo punto si aggiunge una nuova richiesta, quella di dare 50 euro mensili a Donato Borromeo, che questi avrebbe dovuto dare alla sua ex moglie. Ma gli affari pare non andassero tanto meno, la titolare si sottrae alla richiesta, in cambio però riesce a dare altre 300 euro in contanti il giorno dei defunti, i soldi vengono consegnati a Giovanni Borromeo, fratello di Donato.

A questo punto Borromeo viene arrestato per altri reati. Qui subentra il ruolo della convivente Serena Lorenzo, che chiede alla donna di comprare degli biancheria intima da portare a Donato in carcere. Indumenti esclusivamente di marca, perché l’uomo indossava solo quelli. Le due si recano in un noto negozio della città. La fioraia paga 500 euro per slip, pigiami e altro, “rigorosamente di marca”, che ha pagato a rate. Ma le richieste continuarono nel tempo anche per acquistare cibo da portare all’uomo in carcere, almeno due volte al mese.

Nel 2014 Borromeo viene scarcerato e si faceva più insistente la richiesta di cedere il negozio, per lui era suo, la donna era solo un prestanome. Andava dalla titolare anche se si trovava ai domiciliari, o mandava gli altri indagati Giovanni Borromeo, Serena Lorenzo e lo stesso ex marito Luca Ferrari, ritenuto ormai uomo di fiducia di Borromeo.  Incomincia così’ a infastidire anche il padre della vittima.  Dopo l’ennesima richiesta la donna si rivolge ai carabinieri.  Tanto che Ferrari un giorno dice alla ex moglie: “perché hai  fatto la denuncia a Donato. Abbiamo saputo dai  carabinieri che  ci hanno chiamato in caserma che  sia  tu che Giuseppe Forte avete fatto la denuncia contro Donato Borromeo. Mi raccomando che  Donato ha  detto che se sa che ci sono denunce in corso ti fa pezzettini pezzettini”

La tensione sale a maggio 2014, quando al nuovo compagno della fioraia, un fornitore di fiori napoletano viene mandato un messaggio  al cellullare di “lasciare  il negozio altrimenti gli sarebbe successo qualcosa”.

Ed infatti qualcosa gli accade. Un giorno arrivando a Brindisi da Napoli, è  stato  costretto  da  un  uomo, poi identificato con Francesco Palma,  a  raggiungere  Donato Borromeo presso  la sua abitazione,  dove  lo  stesso  gli  ha  sferrato  dei  pugni  al  volto  cagionandogli lesioni guaribili  in 10  giorni, al fine di intimidirlo e di costringerlo a consegnargli il contratto  di concessione dell’immobile e la licenza della donna.

 

La ricostruzione fatta dagli investigatori sarebbe supportata oltre che dai racconti della vittima e dei testimoni da diverse intercettazioni telefoniche.

Ai cinque arrestati si aggiunge anche un altro indagato Marco Schirinzi, 57 anni, dipendente della poste italiane, accusato di aver sottratto un raccomandata che il compagno della donna le aveva mandato.  Una busta  finita nelle mani di Borromeo, nella quale si pensava ci fossero all’inteno i documenti per la licenza del locale dei fiori. Ma dentro c’erano  solo delle carte bianche. Per i provvedimenti da assumere nei confronti del postino si attende che questi sia ascoltato dal magistrato.

 

Per la donna ora è finito un incubo. Anche se il suo negozio è ormai chiuso da quando un incendio doloso lo ha completamente distrutto.

Lucia Portolano

 

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